Nel 1977 solo un pazzo poteva investire 3 milioni di dollari su un film fatto con attori alle loro prime apparizioni cinematografiche sulla vita in un college americano. Quel pazzo, pochi mesi dopo, nel 1978 quando uscì il film, non solo recuperò i 3 milioni che aveva messo in gioco ma ne incassò addirittura altri 138. Il film era “Animal House” e il produttore l’allora giovane (32 anni) Ivan Reitman che intuì che da quel copione folle che gli avevano proposto, unito al talento di una nidiata di attori promettenti, poteva nascere qualcosa di buono.
Reitman che stravolse il ciclo

Reitman era rimasto soprattutto ammaliato dalla carica comica di un certo John Belushi che in televisione spopolava ma al cinema era quasi un esordiente. Si domandò perché un attore con una comicità così straripante in tv nel suo Saturday Night Live (famoso show di quegli anni) non potesse avere successo anche sul grande schermo. Va considerato che erano anni dove il successo televisivo veniva visto con un certo snobismo dagli autori cinematografici. Per molti attori pur bravissimi le porte del cinema erano irrimediabilmente chiuse.
Reitman se ne infischiò di questi luoghi comuni

Il produttore veniva da una famiglia ebrea di nazionalità slovacca che aveva vissuto il dramma della shoah (la madre era stata rinchiusa in un campo di concentramento e il padre era stato un eroe della resistenza) che subito dopo la guerra aveva cercato fortuna in Canada. Fortificato da queste esperienze, Reitman non poteva fermarsi davanti a stupide credenze, in più era dotato di una delle migliori doti che hanno gli uomini di cultura ebraica: il senso dell’umorismo. “Animal House” nella sua immaginazione sarebbe stato un successo e successo fu.
Animal House entra nella storia
E nonostante fosse stato girato in sole quattro settimane e montato ancora in meno tempo, il film sbancò contro qualsiasi previsione il botteghino non solo in America ma anche oltre oceano, diventando negli anni un super classico della comicità. Nel film erano poi contenute una serie di battute che sarebbero passate alla storia. Su tutte quella detta da una dei protagonisti, Bluto, interpretato da Belushi, che esclama: “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”.
Reitman e il lancio di Belushi

Il film lanciò rapidamente Belushi che nella pellicola seguente (“The Blues Brothers”) entrò in modo definitivo nel mondo delle star con soli due film, come era riuscito solo ad un’altra leggenda con la quale condividerà una fine tragica: James Dean.
Dietro la macchina da presa
Dopo aver lanciato Belushi, Reitman individuò un altro comico in rampa di lancio ma fino ad allora poco conosciuto: Bill Murray, che lanciò un anno dopo “Animal House” nel film “Polpette”. Questa volta Reitman non si limitò alla produzione ma coronò il suo vero sogno: sedersi dietro una macchina da presa.
Gli acchiappafantasmi
Iniziò così un breve ma intenso periodo fortunato dove diresse una serie di capolavori della commedia. Su tutti la saga dei “Ghostbuster” (Gli acchiappafantasmi) dove il nuovo divo Murray farà coppia con Dan Aykroyd, altra star della comicità mondiale, esplosa con “The Blues Brothers”. Con “Ghostbuster” Reitman inventò un nuovo modo di fare cinema, mischiando il genere comico con l’horror. Il successo fu così esplosivo che nacque una saga.
Reitman e la comicità
Alla serie “Ghostbuster” , Reitman alternò altri film di successo come “I gemelli”, con la strana coppia Danny De Vito e Arnold Schwarzenegger, al quale il regista fece svestire in panni di Conan per lanciarlo come interprete comico, e la commedia brillante “Pericolosamente insieme” con Roberto Redford.
Non solo commedie

Altri successi clamorosi furono “Stripes – Un plotone di svitati” e “Dave-Presidente per un giorno” con uno straordinario Kevin Kline. In quest’ultimo film, Reitman dimostrò di saper fare altro oltre i film comici, disegnando per il ruolo di Kline un personaggio con delle interessanti profondità.
Arriveranno prima dell’inizio del nuovo secolo altri film come regista e produttore ma dal 1993 in poi la vena straordinaria vena creativa di Reitman iniziò ad esaurirsi.
Il genio

Con Reitman salutiamo non solo uno dei maestri della comicità mondiale ma anche una mente poliedrica e uno scopritore di talenti. Non si offenda nessuno se lo definiamo un genio. Senza di lui, probabilmente, non avremmo avuto “The Blues Brothers”, Belushi non sarebbe arrivato sul grande schermo e Schwarzenegger non avrebbe allungato la carriera in una nuova veste.
Il consiglio è di rivedersi tre suoi film: “Animal House”, “Ghostbuster” e “Polpette”. Buona visione a tutti.