Il mare Mediterraneo nel suo complesso non trova mai pace, soggetto a continui fenomeni di tsunami causati non tanto dalla natura, ma dall’uomo. Si pensi alla crisi migratoria che non ha mai fine dalle coste africane sino a quelle del continente europeo; alla crisi tra Grecia e Turchia sul problema delle zone economiche esclusive e, anche sulla vicenda dei pescherecci, soprattutto italiani, che spesso si trovano in situazioni di forte difficoltà nel poter operare in mare.
Pescherecci italiani nel mirino

Per l’ennesima volta, i nostri pescatori si sono trovati davanti ad una sassata nella zona di mare tra la Siria e la Turchia. Poi, a un peschereccio battente bandiera italiana la guardia costiera libica ha sparato causando il ferimento del comandante; l’imbarcazione stava pescando oltre le 12 miglia dalle coste libiche, quindi in pieno mare aperto. Come non ricordare la vicenda dei pescatori siciliani che erano a bordo dei loro pescherecci battenti bandiera italiana e sequestrati per ordine del Generale Kalifha Haftar, da motovedette costiere verso gli inizi di settembre, al largo delle coste della Cirenaica.
La libertà di navigare
Negli ultimi tempi la situazione si è fatta sempre più confusa e pericolosa. Non è bastato ai pescherecci italiani reclamare la libertà di navigazione in alto, sancita dalla stessa Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare del 1982. Non ha aiutato il ritardo delle autorità italiane a intervenire per la loro tutela mentre stanno operando nelle operazioni di pesca.

Mare territoriale, pescherecci e violazioni
Spesso si fa della grande confusione sulla questione del confine del mare. Questo a causa della mancanza di approfondimento per un tema così delicato e reso ancora più delicato dal rischio per la vita. Come ogni Stato costiero, anche lo Stato libico ha un proprio mare territoriale. Universalmente riconosciuto, di 12 miglia, soggetto alla propria sovranità ed anche una zona economica esclusiva che si trova oltre il mare territoriale. In questa area di mare lo Stato gode di diritti sovrani di natura economica esclusivi come, ad esempio, le risorse biologiche e ittiche; deve esserci il consenso dello Stato stesso per poter pescare in loco.

Navi da guerra
Va, inoltre, detto che in questa zona vengono impiegate le navi da guerra. Che però non possono intervenire per tutelare un diritto come quella della pesca dei medi bastimenti dei pescatori italiani. Anche perché l’intervento di una nave da guerra, come può essere il caso di una nave della marina militare, dove non esiste una pretesa di un diritto inesistente, finirebbe nel cesto dell’illecito internazionale. Il vincolo, inter alia, di non lanciare le reti in mare in mare altrui viene determinato con un’inibizione prevista dal decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, dell’ordinamento italiano.

Un trattato per salvaguardare i pescherecci?
È vero che i pescatori siciliani vedono di buon occhio le acque prospicenti libiche per la ricchezza ittica presente. Per evitare futuri problemi tra la marineria italiane, in particolar modo quella sicula, e le autorità della guardia costiera libica, sarebbe necessario che il nostro Paese e, ovviamente, l’intera Unione Europea, avviassero un trattato di regolamentazione della pesca con la Libia. Tale accordo potrebbe puntare su due perni principali: un accesso preferenziale per la marineria mercantile italiana che si occupa di pesca e il numero di imbarcazioni che possono operare nel lancio delle reti per la raccolta di ittici.
Un tentativo anni fa
Qualche anno fa, il Parlamento UE con una Risoluzione aveva invitato la Commissione a negoziare un accordo di partenariato nel settore della pesca. Questo al fine di permettere ai pescatori europei di accedere, legalmente e in sicurezza, alla zona di pesca sotto giurisdizione libica. Favorendo al contempo iniziative di cooperazione tra i pescatori europei e quelli libici, visto l’immenso sostegno economico che la Libia riceve.
Un sistema bilaterale per tutela
Il governo italiano potrebbe puntare su un sistema bilaterale che permetta ai pescatori italiani di poter pescare nel quadro della legalità nelle aree di mare considerate, come soluzione temporanea, rifacendosi al Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, che venne firmata nel 2008.
Due fattori devono, però, essere focalizzati

Il primo riguarda la già citata Convenzione sul diritto del mare che lo Stato libico ha soltanto stipulato ma mai ratificato. All’interno della Convenzione vi sono delle disposizioni afferenti all’estensione e alla delimitazione di zone marittime che ormai sono nella sfera della consuetudine sul piano giuridico. E, dunque, ciascuno Stato rivierasco può agire a prescindere la Convenzione delle Nazioni Unite che si occupa del mare. Vi sono delle norme all’interno del corpo convenzionale del mare che determinano il divieto di trarre in arresto i pescatori, come nel caso nostro, che abbiano violato le regole dello Stato costiero e l’immediato rilascio dell’equipaggio assieme all’imbarcazione pagando un’ammenda. Non va, inoltre, dimenticato che è previsto la strada della soluzione delle controversie con mezzi pacifici, compreso l’arbitrato del mare.
Il secondo fattore per difendere i pescherecci
Il secondo riguarda la delimitazione italo-libica sulla questione delle entrambe zone economiche esclusive. Ricordando che il nostro Paese sta per approvare la proposta di legge relativa all’istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale.