“I corridori sono in Piazza Monte Grappa, a meno di 3 chilometri dal traguardo. Ballan! Partito alla grande Alessandro Ballan”. A raccontare l’impresa del corridore di Castelfranco Veneto è la voce di Auro Bulbarelli, esaltato come tutti i tifosi italiani per lo scatto decisivo di Alessandro Ballan, ultimo ciclista azzurro ad aver indossato la maglia iridata. Son passati ben dodici anni da quello storico pomeriggio di Varese ed oggi Ballan, uno dei nostri ultimi assi da classiche di un giorno, osserva un ciclismo attraversato e bloccato dalla pandemia.
Ballan, come sta vivendo questo periodo? Ha già rispolverato i rulli della scorsa primavera?
“Abitando in Veneto, che è sempre rimasta zona gialla e quindi era consentito uscire dai comuni, sono stato fortunato ed ho potuto continuare ad allenarmi in strada, senza abbandonare però i rulli che pratico ancora un paio di volte a settimana. Collaboro infatti con un’azienda delle mie parti che costruisce rulli e quindi posso dire che fare questo tipo di allenamento è una mia consuetudine”.
Il suo nome è legato anche al Giro delle Fiandre, classica in cui trionfò nel 2007 e ottenne più volte buoni piazzamenti. Come è nato il suo rapporto d’amore con il pavé?
“Per caso, da dilettante non sapevo nemmeno io di essere un corridore da classiche del Nord. Fu Gianluca Pianegonda, all’epoca mio DS ed ex corridore che nel 1997 aveva vinto il Freccia del Brabante, a dirmi che avevo le caratteristiche per quel tipo di corsa e mi consigliò di chiedere alla mia squadra di poter partecipare. Per un giovane neo-professionista era insolito prendere parte alle classiche del Nord e quando alla prima riunione in Lampre manifestai questo mio desiderio i dirigenti erano tutti sorpresi e sbalorditi. Il tempo, però, mi ha dato ragione e il Giro delle Fiandre è diventata la mia gara, ne ero innamorato per percorso e pubblico. Ovviamente la vittoria di Alberto (Bettiol), che commentavo per la Rai, dell’anno scorso è stata una grande emozione, l’ultimo italiano a vincere in quella classica ero stato io!”
Ed ultimo italiano a vincere anche… il Mondiale! Come si arriva a vestire la maglia iridata?
“Si tratta di un lavoro che si costruisce e al quale si arriva grazie ad una serie di fattori, dal tanto allenamento ad una rigida alimentazione, tutto in funzione per quel risultato. Senza scordare un po’ di fortuna. In quegli anni l’Italia era sempre protagonista, prima della mia vittoria ci eravamo goduti la doppietta di Bettini e il successo di Cipollini a Zolder. Ogni anno avevamo una grande nazionale ed i corridori esclusi avrebbero potuto formare tranquillamente una squadra “B” in grado di puntare alla vittoria. Di quel Mondiale ricordo benissimo lo scatto decisivo in Piazza Monte Grappa e l’arrivo trionfante al traguardo. Dal momento della premiazione e dell’inno nazionale ho invece avuto un blackout che è durato giorni”.
Ballan, cosa pensa del livello del ciclismo italiano attuale e di quello che verrà?
“Escluso Vincenzo Nibali che ha tenuta alta la bandiera italiana eccellentemente, gli ultimi dieci anni sono stati duri. Mancano corridori da classiche, da gare di un solo giorno, ed adesso che è in corso un ricambio generazionale la sensazione è che l’Italia rimanga con il solo Bettiol. A colmare questo vuoto e a fare un po’ di luce abbiamo comunque un fantastico Ganna che a pista ed a crono ci regalerà sicuramente altre soddisfazioni. Pesa non avere una squadra World Tour, non è facile passare ai professionisti e molti giovani si affidano a squadre di seconda-terza fascia per poi perdersi nel corso del tempo mentre altri a quelle di prima fascia, venendo però costretti a spostarsi all’estero già in età molto giovane e quindi tendono a soffrire questa situazione”.
Ballan, ha un po’ di rammarico per la conclusione anticipata della carriera tra l’infortunio grave e la squalifica dalla quale è uscito con un’assoluzione piena?
“Certo, avevo ancora tre anni di contratto con la BMC e sono rimasto deluso anche per il modo in cui si è conclusa la carriera. Devo essere comunque realista ed ammettere che dopo l’incidente grave subito nel 2012 ed i vari interventi ai quali mi sono sottoposto molto difficilmente sarei potuto tornare ad alti livelli. Il mio dispiacere è comunque aver smesso per una squalifica e che l’assoluzione sia arrivata solo in un secondo momento. Ma non si esce mai del tutto dal ciclismo: qualche idea c’è, la gara e la competizione mi mancano e tornare a vivere quell’adrenalina dentro un’ammiraglia mi piacerebbe. Non è però facile trovata una squadra con i corridori giusti. Per ora faccio esperienza sia come commentatore in RAI, sia come testimonial. Dovesse però arrivare un’offerta interessante la prenderei sicuramente in considerazione”.