Incontro Francesca Gallo nella sua bottega, a Treviso, in zona “Fiera”, nei pressi della Restera del fiume Sile. È qui dove nascono le sue fisarmoniche, da lei costruite interamente a mano, seguendo il ritmo delle stagioni e le fasi lunari. Pezzi unici, strumenti musicali realizzati in legno pregiato, scelto personalmente e portato a maturazione senza fretta. Un mestiere appreso giorno dopo giorno, fin da bambina, restando accanto a papà Luciano Gallo, già costruttore di fisarmoniche, imparando da lui, dai suoi gesti, dai suoi silenzi, un’arte tanto preziosa e rara. Le loro fisarmoniche, firmate con i marchi “Galliano” e “Ploner”, suonano sui palcoscenici di tutto il mondo tra le braccia di musicisti e cantanti che sanno riconoscere uno strumento d’ impareggiabile qualità e unicità. Rivedere Francesca, in questo tempo, porta con sé un’emozione profonda. Ci unisce un’amicizia di vecchia data, nata attorno a un fuoco in una notte d’inverno di tanti anni fa.
Francesca, è un tempo intenso questo che viviamo. Collocato nello scenario di una Pandemia. Come stai osservando ciò che accade?
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«Certamente è un tempo difficile, che ci mette alla prova. Siamo passati dal un “tempo determinato” a un “tempo indeterminato” dove ogni nostra azione è appesa a un filo. Tuttavia, penso anche che “Bel tempo e brutto tempo, non dura mai tutto il tempo”. Abbiamo la possibilità di osservarci. Come individui e come società. È un poco come guardare la pianura dalla cima di una montagna: tutto appare diverso, le relazioni, le priorità della vita. Possiamo anche cogliere delle opportunità. Non tutti reagiscono allo stesso modo. Come in montagna. Quando sei in cammino, in montagna, incontri spesso una difficoltà e qui il livello personale di esperienza fa la differenza. Ogni volta capisci se devi fermarti, andare avanti o tornare indietro. In questo periodo chi indossava ancora gli scarponi è andato avanti.»
Custodire il fuoco non adorare le ceneri
Tradizione è custodia del fuoco, non venerazione della cenere. Questa citazione del compositore Gustav Mahler è scritta sulla lavagna appesa all’ingresso della sua bottega e sembra scritta proprio per Francesca, per descrivere la sua opera artistica e intellettuale. Incontrare Francesca Gallo significa predisporsi a partire per un viaggio che ci porta a riflettere sul rapporto tra uomini e natura, tra memoria del passato e custodia di civiltà.
Significa lasciarsi condurre, totalmente rapiti, da una narrazione sempre ricca di esperienze culturali di valore, di sguardi profondi sul mondo, di incontri straordinari con luoghi e persone di cui l’artista sa intuire e raccontarne l’essenza. Si tratti della grama esistenza dei contadini e delle donne nelle campagne per storie prive di ogni colorato paradigma folcloristico. Si tratti di storie di emigrazione, di guerra, di fatti storici del novecento in una geografia che va dalla Dalmazia al Polesine, dal Belgio al Canada, passando per Treviso e l’amata montagna agordina.
Francesca la voce del Sile
“La vose del Sil” la definì lo storico trevigiano Emenuele Bellò. Dal fiume Sile Francesca Gallo è partita, appena sedicenne, in bicicletta, con la sua fisarmonica in spalla e il registratore nello zaino, per raccogliere frammenti di vita di tante persone che quel fiume lo avevano sofferto e vissuto. Un lungo percorso proseguito all’estero ascoltando le storie delle famiglie dei minatori veneti a Marcinelle o degli emigranti trevigiani in Canada. Dagli anni ottanta in poi, Francesca ha raccolto e organizzato un enorme patrimonio di narrazioni, di canti e musica popolare, di storie minute dentro la grande storia. Il tutto confluito in un vasto repertorio artistico che è parte integrante dei suoi spettacoli, dei suoi album musicali, dei suoi libri, di un film e dal 21 giugno scorso anche di un seguitissimo Canale Youtube.
Dalla pianura alla montagna
Dalla pianura alla montagna. Il passo…non è stato breve ma è stato sicuramente fondamentale. Francesca Gallo in particolare, ha trovato, negli ultimi anni, nell’ agordino, in provincia di Belluno, il suo luogo d’elezione. Un amore intenso quello per la montagna agordina, come testimonia il suo impegno all’indomani della tempesta “Vaia” dell’autunno 2018 quando organizzò squadre di soccorso per il recupero degli alberi sradicati. Un amore ricambiato come narrato nel film documentario intitolato “La voce del Bosco” realizzato con il regista Dimitri Feltrin nel 2019 dove racconta i luoghi, la natura, la cultura agordina. La sua voce di usignolo e quella della sua fisarmonica hanno trovato proprio in quella terra di bosco e di roccia una corrispondenza come mai prima.
Francesca, come avviene il tuo incontro con la montagna e in particolare la Valle d’Agordo?
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«La prima volta avviene quattordici anni fa. Ho avuto l’occasione di essere invitata da due personalità della cultura trevigiana, gli scrittori Italo Facchinello ed Enzo De Mattè, ad eseguire un concerto per un memorial dedicato all’imprenditore Giorgio Negro, loro carissimo amico. Facevano parte di una squadra di intellettuali trevigiani che si trovavano tra le montagne agordine. Avevano queste “seconde case” ma, più che altro, le vivevano come fossero state una sorta di eremo: quaggiù in pianura c’era la loro quotidianità ma la loro vita vera era lassù. Da principio non volevo andarci. Dico loro: «Io non c’entro niente con la montagna!»
Non sapevo neppure dove fosse Vallada Agordina. Fino alla sera precedente ero ancora scettica ma alla fine decisi di andare. La prima persona che incontro per strada e alla quale chiedo indicazioni per trovare il teatro è stato l’allora sindaco Luca Luchetta che in seguito mi fece conoscere la storia di quella valle dall’antichità, dagli antichi romani ai giorni nostri. Mi sono innamorata di quei luoghi grazie a quei racconti. Comincio da quel momento ad andarci sempre più spesso, sapendo che è un posto dove nessuno mi cerca. Quando ho bisogno di stare da sola con me stessa allora vado su in valle del Biois. “Tu sei la nostra continuità”, mi disse un giorno Enzo De Mattè. Così è stato ed è tutt’ora.»
Da allora un legame sempre più stretto. Con la montagna, le persone e gli alberi buoni a darti il legno per le tue fisarmoniche…
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«Cominciando ad andarci sempre più spesso, soprattutto da sola, girando quei posti, mi sono legata alla gente di lassù. Infatti loro mi dicono che non sono la classica turista. Io amo quei luoghi anche perché sto bene con quelle persone. Lì io ho trovato una parte di me profondamente legata a quel mondo, a quella gente, a quelle giornate. Se dovessi dire di dove sono direi: «Io sono di là.» Penso che “casa” sia il luogo dove ci si sente al sicuro. Lassù io vado, posso camminare anche al buio e non provo paura. Io mi sento bene lassù.
Questo senso di casa credo che sia lo stesso che ha fatto decidere migliaia di persone a lasciare il luogo dove magari sono nati ma dove, ad un certo punto, non si sono sentiti più riconosciuti, vivi, rispettati. Sentono di dover partire per cercare, oltre confine, un altro posto dove vivere. Quando entro in valle del Biois ecco, mi pare di essere veramente a casa. Questa consapevolezza, credo si sia risvegliata in quel momento lì. Come avessi finalmente ritrovato la mia casa più autentica.»
Tu sei una donna di cultura, cantante, musicista, scrittrice e sei un’artigiana. Qual è il valore della tua bottega e come vedi il futuro dell’artigianato?
L’importanza del lavoro artigianale, della mia bottega in particolare, in primo luogo sta nel fatto di essere parte produttiva di una filiera quasi interamente locale operando nel contesto di un dialogo continuo e generativo tra piccoli artigiani. Il secondo aspetto poi è che si tratta di una bottega dove si svolge un mestiere unico a livello nazionale. Una bottega con un’autonomia così in Italia non c’è. Su questi 100 mq io riesco ad avere una produzione che va dalla scelta dell’albero fino al musicista: è questo il valore perché in questo modo la bottega diventa “ambasciatore del territorio”. Non è una bottega che vende un prodotto ma è una bottega che vende un territorio.
La bottega artigiana è ambasciatore di un territorio
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L’artigianato artistico e di tradizione va salvaguardato e tutelato e soprattutto va osservato a sé stante e non nell’insieme dell’artigianato che comprende diverse categorie di professioni. La Regione del Veneto ha promulgato una legge, approvata nel 2018, molto interessante che offre strumenti reali sulla salvaguardia di determinati mestieri, istituendo le “Botteghe Artigiane” come botteghe scuola. Tuttavia mancano le linee attuative e questo, fin ora, ha bloccato tutto. Ogni artigiano è detentore di un sapere unico. Un artigiano ha un corpo fisico che è uguale come tutti ma poi ha anche un “involucro” che lo contiene, ed è la nostra bottega. Riordinare la bottega vuol dire riordinare le idee, lo spazio interiore. È un luogo dal quale non riesci a separarti. Con una bottega finta, allestita altrove, in un altro luogo come fai a passare verità?»
Note biografiche:
Francesca Gallo è artigiana, costruttrice di fisarmoniche e strumenti musicali ad ancia libera. È cantante lirica, diplomata al Conservatorio Steffani di Castelfranco Veneto; folk singer ed etnomusicologa, interprete e custode del repertorio popolare e tradizionale. Ha pubblicato gli album: Vinti dal Sil; La verità in valigia; “…e continuano a chiamarla grande”.
Ha pubblicato il libro “Phisa Harmonikos”, dove ha raccontato la sua straordinaria esperienza di artigiana figlia d’arte. Il volume, ha ricevuto il Premio Gambrinus Mazzotti nel 2018. Studiosa di storia dell’emigrazione veneta e di storia delle donne nel Novecento. Nel 2014 è stata Assessore alla cultura del comune di Preganziol (TV). Attualmente ricopre l’incarico di Presidente dell’Istresco, Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea della Marca Trevigiana. Nel 2019 Francesca ha vinto il premio della giuria al concorso nazionale per cantastorie Giovanna Daffini. “La voce del bosco”, realizzato con Dimitri Feltrin è il documentario che racconta il suo rapporto con la montagna, con gli “alberi che cantano” e il suo mestiere. Il 21 giugno 2020 ha aperto il suo canale Youtube.