Cara casa green quanto ci costerai? Andando oltre le spiegazioni sulla direttiva europea di recentissima approvazione che disciplina metodi e tempi per il raggiungimento della neutralità energetica degli edifici privati nell’UE (sigh!), oggetto di più di un mio precedente articolo, cercherò di fare un po’ di chiarezza a proposito dei molti numeri che circolano a proposito delle spese che ricadranno sui cittadini (e sullo Stato). Se partiamo da alcune dichiarazioni di politici nostrani, è evidente che c’é confusione: «La tua casa è in pericolo e i tuoi risparmi anche: l’Europa dei burocrati sta armeggiando alla tua porta per penetrare nella tua abitazione come un ladro e rifilarti una patrimoniale mascherata», ha dichiarato per esempio la parlamentare europea della Lega Susanna Ceccardi, considerando lo sforzo economico che ciascuno di noi sarà chiamato a sostenere per combattere il famigerato climate change equiparato all’introduzione di una nuova tassa.
Occhio ai costi

Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato Lucio Malan ha scritto che gli italiani saranno «obbligati a spendere almeno 35 mila euro per rendere “green” ogni unità abitativa» e, secondo Azione, la nuova direttiva costerà all’Italia 600 miliardi di Euro entro il 2030. Poi, c’è il partito Europa Verde, favorevole alla direttiva, che ha stigmatizzato queste dichiarazioni, definendole «fake news». In effetti, viene da chiedersi a quali fonti si siano abbeverati i citati “opinion leader” per sfornare questi numeri. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Cara casa green, quanti edifici saranno coinvolti?

Il dato certo è che, nei prossimi anni, molti edifici italiani dovranno essere efficientati per far sì che riducano le loro emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ma il calcolo non è certo e, quindi, siamo nel campo delle supposizioni: più o meno accurate, documentate e sostenibili, ma sempre di supposizioni si tratta. Per ovvia conseguenza, anche la stima dei costi va presa con i guanti.
Secondo i dati dell’Enea, a oggi quasi il 52 per cento dei 5,5 milioni di edifici per cui è stato rilasciato un attestato di prestazione energetica (APE) rientra nelle due classi energetiche peggiori, F e G. Mentre la prima versione della direttiva europea prevedeva espressamente il raggiungimento per tutti gli edifici residenziali della classe D entro il 2033, quella definitivamente approvata il 12 Marzo scorso non parla più di classi energetiche.
Secondo alcune stime eseguite da Enti autorevoli nel settore dell’edilizia, gli immobili da riqualificare in Italia sono oltre 5 milioni. Dei quali oltre 500 mila sono edifici pubblici; e questo sembra essere il valore più attendibile.

La direttiva non chiede di intervenire su una o più categorie di edifici, ma impone di abbassare del 16% entro il 2030 il consumo di kilowattora per mq. dell’intero patrimonio immobiliare degli Stati membri. «Questo consumo può essere abbassato in vari modi. Perché dipende non solo dalla conformazione degli edifici ma anche dai comportamenti individuali delle persone che utilizzano quegli spazi. Quindi anche gli APE, che sono utili, non bastano a fotografare il quadro delle emissioni causate dagli immobili». Lo ha detto a Pagella Politica Francesca Andreolli, ricercatrice di ECCO Climate, un centro studi italiano che si occupa di transizione energetica e di cambiamenti climatici.
Cara casa green , passiamo ai costi

Tanto per chiarire un concetto che dovrebbe essere già di per sé stesso limpido e cristallino, il riferimento a una «patrimoniale» fatto da Susanna Ceccardi più sopra citato, è fuorviante perché un’imposta patrimoniale colpisce i patrimoni mobili e immobili, di solito oltre un certo valore, per redistribuire la ricchezza e ridurre le disuguaglianze economiche. E stiamo parlando di un’imposta che non corrisponde all’erogazione di alcuna prestazione, ma che è un prelievo effettuato dallo Stato per sostenere la spesa pubblica! Se i proprietari degli immobili dovessero pagare di tasca propria le migliorie da apportare ai loro immobili, in cambio otterrebbero una riduzione dei consumi e un risparmio in bolletta. Oltre all’aumento del valore dell’edificio sul mercato immobiliare. Quindi, non si tratterebbe di una patrimoniale, ma di miglioramento degli edifici e di riduzione dei consumi!
Partendo dal principio dell’analisi costi-efficacia, metodo di valutazione che individua le soluzioni ottimali tra quelle con i costi minori per risolvere un problema, tutti gli interventi di efficientamento energetico sugli immobili dovranno garantire risparmi in bolletta superiori ai costi sostenuti.
Ad oggi non è ancora chiaro come verranno strutturati questi incentivi, sempre se ce ne saranno. Perché saranno i singoli Stati a definire le modalità di intervento. Ovvio che tutta questa operazione avrà un costo per le finanze pubbliche e quindi per i cittadini. Ma è troppo presto per dire che i proprietari degli immobili dovranno spendere decine di migliaia di euro nei prossimi anni. Contemporaneamente, è troppo presto per fare previsioni sull’impatto positivo che le riqualificazioni potranno avere sul settore dell’edilizia, in termini economici e di occupazione.
Superbonus e direttiva green: dalla padella alla brace?

Attenzione a far paragoni tra le (immaginate) conseguenze della nuova direttiva e il Superbonus 110%. Secondo Azione, la direttiva europea è «impraticabile» perché «obbliga a ridurre entro il 2030 i consumi negli edifici di una quantità cinque volte maggiore a quella ottenuta col Superbonus: cinque volte 120 miliardi fanno 600 miliardi». Ma, scusate: che senso ha fare questo paragone? A mio parere, nessuno.
«Non si possono basare tutte le valutazioni esclusivamente sul Superbonus, che in termini ambientali poteva essere sicuramente migliorato», ha sottolineato Andreolli di ECCO. «Con quei soldi, potevano essere fatti interventi più efficienti in termini di consumi e emissioni». Inoltre, le detrazioni del Superbonus non hanno riguardato solo la riduzione delle emissioni ma anche gli interventi antisismici, che hanno fatto lievitare i costi della misura. Quindi, dove ha trovato i dati Azione? Mah! Intanto ci chiediamo quanto costa questa cara casa green.
Forse si riferiva ai dati pubblicati da ENEA. Secondo i quali la riduzione dei consumi da raggiungere entro il 2030 equivale a circa cinque volte il calo dei consumi raggiunto grazie al Superbonus. Il dato discutibile, a mio parere, è che partendo da qui, Azione ha moltiplicato per cinque il costo totale del bonus edilizio. E che questo calcolo sia sostenibile non è dimostrato. Prudenzialmente, io ribadisco il concetto che, anche in questo caso, è troppo presto per fare stime affidabili.