Tra il vedere e il far vedere c’è un sottile spazio in cui si inserisce l’arte, Qualsiasi forma di attività: per esempio una fotografia è il risultato dello sguardo del fotografo, di ciò che lui/lei ha visto e ha filtrato con la videocamera (artificio) la macchina non inventa, non interpreta: è al servizio dello sguardo umano.
Ci sarebbe molto da dire in proposito, per oggi, intanto ho preso spunto da un’esperienza estetica recente: la proiezione su Rai play di un documentario dedicato a Agrigento capitale Unesco della cultura.
Proprio la qualità dello sguardo d’autore e, di conseguenza il linguaggio che ci fa vedere la realtà è la forza del film.
L’autore ci accompagna in un viaggio nella storia insistendo sui monumenti come personaggi: la presenza umana è discreta e rispettosa della bellezza architettonica e del valore religioso della Valle dei templi in cui le divinità, titolari dei templi, dialogano con il Dio cristiano delle chiese barocche di Agrigento.
Nel territorio sono passati interi popoli che hanno colonizzato l’area, sostituendosi gli uni agli altri: il regista dà per scontato il ruolo degli antichi fondatori della città, svaniti nelle pieghe del tempo, ma esalta le loro opere che ancora ci parlano con il linguaggio della bellezza architettonica. Templi e chiese resistono alla consunzione legando il presente alle origini, quando gli dèi camminavano in riva al mare omerico e le selve di Akragas.
In fondo, il regista ci ricorda che le cose, da noi chiamate inanimate, nella loro materialità sono messaggere del tempo e sono cariche di storia, di filosofia e di poesia.
De Luigi, un ricordo

Confesso che mi aspettavo una diversa attenzione all’opera pittorica di Ludovico De Luigi, morto pochi giorni fa in quella Venezia la cui immagine distopica e terribile lo aveva rappresentato nel mondo. Eravamo diventati amici grazie ai nostri linguaggi che convergevano sulla linea o frontiera del Fantastico. Il mio linguaggio era la fantascienza, il suo la fantasticheria tecnologica.
Questa sua Venezia apocalittica, invasa e sommersa dalle acque di un diluvio futuro, è stata equivocata da chi la riteneva frutto di un illustratore pop, di un pur bravo cartellonista: in realtà era la visione sofferta e piagata di un artista civile, sensibile alle sorti dell’umanità, di cui Venezia in pericolo era il simbolo più clamoroso.
De Luigi è stato un utopista della schiatta dello Swift dei Viaggi di Gulliver e dell’Orwell della Fattoria degli animali. Lo tormentava la paura di perdere quel miracolo che attrae milioni di visitatori affamati di esotismo e per questo incapaci di conoscerla nella sua verità.
Con lui perdiamo tutti una voce profetica.
Alla Musa

(poesia)
Quando si sveglia il vento dell’amore
l’anima sprofonda
nei labirinti mentali,
tu sei la stella fissa
del mattino,
e porti con te
i doni del mondo:
la terra che fiorisce,
l’acqua all’assetato,
l’aria del respiro,
il fuoco della passione.
Nella memoria incantata
la tua voce risuona
dolcemente infervorata
e questo cuore ti risponde,
mia Musa.
Anonimo ‘25