Ai musei siamo abituati, ormai, fin dall’infanzia: luoghi solenni, scatole magiche dove la storia raccoglie i lavori delle muse, la bellezza delle arti e le invenzioni della scienza. Il tempo passa, ma non in quelle sale abitate da “cose” inanimate seppure con lo stigma dell’umano che le ha create e usate in vario modo. Ogni società ha una propria identità culturale che si riflette nei musei, un carattere ma anche la necessità di raccontarsi perché ogni raccolta museale è, in effetti, la testimonianza di un fare e di un pensare.

Nei musei mettiamo al sicuro la nostra storia: verrebbe da pensare all’Arca di Noè, un mondo chiuso al vento della cronaca e alle bufere del tempo. Ma in questo quadro oggi si inserisce una variante: oggi si mette in museo anche la realtà più cruda. Infatti, in questi giorni ho letto che in Ucraina si stanno raccogliendo materiali (oggetti del vissuto) e testimonianze per la costruzione di un Museo dell’infanzia in guerra. In attesa che finisca l’aggressione russa, si recuperano le scorie personali di tanti bambini ucraini sfuggiti alla morte e le cose di chi non c’è più, reliquie dell’innocenza violentata e le si espongono in mostre temporanee.
Tempo verrà, dicono a Kiev, in cui saranno le voci bianche dei superstiti e i reperti di esistenze bruciate a rendere almeno la memoria di tante vite sacrificate alla follia omicida. Il progetto ucraino ricalca il modello del primo museo di questa natura, realizzato a Sarajevo che subì quattro anni di assedio negli anni Novanta. Un giorno qualcuno dirà: “ Il nostro museo è come una ferita aperta”.
La pace preventiva

Ci sono parole che aprono l’orizzonte e che la realtà non sempre contempla, ma sono potenzialmente creatrici di realtà possibili: parliamo di utopie come quella rappresentata da due parole udite in questi giorni: pace preventiva. Le ha pronunciate il decano degli artisti italiani Michelangelo Pistoletto (novantuno anni),ospite di Giorgio Zanchini su Rai 3, presentando il libro Spiritualità scritto con il teologo Antonio Spadaro.
Si tratta di un intenso dialogo nel quale si incrociano culture, sensibilità e esperienze diverse che disegnano una visione del mondo al cui vertice si intuisce la presenza dell’Arte.

Ancora l’artista che parla amaramente dei conflitti che insanguinano il presente in cui certi potenti del momento divorano letteralmente i più deboli: una forma di cannibalismo, diciamo noi, che sta aggredendo un popolo ai confini dell’Europa. Parole brutali quasi incredibili ai giorni nostri come “uomo mangia uomo”. Contro questa aberrazione i due illustri interlocutori hanno esaltato il ruolo dell’Arte come la “forza primaria” che può unire gli uomini. Questi spunti frettolosi raccolti durante la trasmissione “Quante storie” rinviano alla lettura del libro.
Inquietudine

Poesia
Compagna di pensieri strani,
una tensione emotiva anonima
mi segue in questi giorni.
Non è malinconia, è nervosismo
Di chi sta aspettando non so che,
è febbricola, piccola alterazione
della normalità: sensazione
di sentire voci nelle stanze vuote
l’ansia senza nome era un’ombra
vagante nei territori della mente.
Poi una mattina ecco una voce
di gracchiati spot alla Radio
sussurra la parola vacanze.
Ho capito: il mio corpo, pigro sismografo
Sentiva l’arrivo dell’Estate.
L’inquietudine rivelava un desiderio.
Anonimo 25
Non è malinconia!
È nervosismo di chi sente che ha raschiato il barile e non trova più nulla , perché ha dato tutto e si sente circondato da un mondo che non capisce più.