La prima volta che l’ho vista non mi ha fatto una grande impressione. E’ vero il dottor Costa, medico condotto di Pedavena la teneva in gran conto, i bambini di Facen le ronzavano intorno sorridenti, Aldo, il direttore della Comunità di Villa San Francesco, pendeva dalle sue labbra. Ma insomma, pensavo, è pur sempre soltanto l’ostetrica di zona, magari una volontaria un po’ più importante di tante altre. Tutto qui. Invece, come capita a tanti giornalisti che pretendono di dare giudizi dopo la prima impressione, mi sbagliavo di grosso. Maria Pollacci era infatti tantissime persone insieme. Senza esagerare un piccolo diamante da qualsiasi parte la si guardasse.
Maria come una zia

Intanto era l’amatissima zia di tutti i ragazzi ospitati in quella Comunità di mezza collina. Una di quelle, per intenderci, che stanno sempre a sentire con pazienza gli sfoghi di un bambino e ne sanno valutare nel modo giusto gli affanni. Soprattutto quando quel piccolo una madre non ce l’ha più. Perciò ai brutti ricordi, che nelle notti d’inverno riaffioravano prepotenti, faceva da scudo impavida, com’era nella sua natura. Perché lei, classe 1924, modenese di Lama Mocogno, dagli anni Sessanta a Pedavena, non aveva e non ha paura di niente. Nemmeno di entrare nella gabbia delle tigri, come le era capitato a Cles, in Trentino, con l’ultimo figlio degli Orfei in braccio. O di correre ventenne sui sentieri dell’Appennino pieni di neve, perché un altro bambino stava per nascere di notte e c’era bisogno di lei.
Chi è Maria

Sì, Maria era un’ostetrica professionista, una levatrice come si diceva una volta, ma aveva la vocazione della madre. E se la porta dietro ancora adesso che di anni ne ha felicemente compiuti 99 e dalle parti di Feltre e Pedavena, ancora la chiamano in casa. Perché dopo aver fatto nascere le madri e le figlie si fidano solo di lei. Una volta, quaranta o cinquant’ anni fa – la data non è importante – giusto in un periodo come questo, con il Grappa ancora pieno di neve, l’avevano sentita lamentarsi per i suoi ragazzi di Villa San Francesco. Non sono figli di nessuno e hanno gli stessi diritti degli altri. A Pasqua, diceva, in tutte le case per loro c’è l’uovo di cioccolato con la sorpresa, soprattutto ci sono i sorrisi delle mamme. Come si fa per farli sentire anche qui in una casa vera?
Come è nata l’idea

Lei a queste cose non pensava mai chiusa in una stanza, ma coinvolgeva tutti, fermamente convinta che da soli non si va da nessuna parte. E fu così che un bravissimo pasticciere, modenese come lei, si fece vivo di sorpresa e buttò lì una sua idea all’apparenza un po’ stramba. Ecco, aveva detto, io mi occupo dell’uovo, uno solo per tutti. Sarà gigantesco, ma la vera sorpresa spetta a te. E come? Aveva replicato lei già in pensiero. Devi vestirti da pulcino e farti avvolgere dentro. Tranquilla, ci saranno i buchi per respirare e durerà tutto solo pochi minuti. Ma vuoi mettere per i bambini la sorpresa? Detto, fatto, quella domenica mattina, a mezzogiorno in punto, 52 ragazzi con gli occhi sgranati aspettavano con ansia la rottura di un enorme uovo con il fiocco rosa.
Come si comportava Maria

Tutti avevano diritto a un grosso pezzo di cioccolata, era sempre accaduto così per ogni Pasqua che Dio aveva mandato in terra, ma – lo sapevano già – niente sorpresa. Erano in troppi. Invece, quella volta, con un rullo di tamburo, era spuntata fuori lei all’improvviso in un costume giallo da pulcino che faceva pio–pio, mentre gli occhi di tutti si illuminavano e le urla salivano al cielo. Maria era capace di questo ed altro pur di vedere i suoi ragazzi contenti. E sì che negli anni si erano veramente moltiplicati perché insieme a quelli di Facen c’erano anche quelli che aveva fatto nascere: un esercito. Di ognuno aveva ed ha un foglio matricolare come al Distretto militare. Sono in migliaia, tutti diligentemente segnati su grandi quaderni neri: nome, cognome, giorno, mese e anno di nascita, indirizzo di casa. Gli stessi che adesso, ogni volta che compie gli anni, le fanno tutti gli auguri: montagne di bigliettini e di messaggini che intasano il telefono. Lei, come può, risponde, ma di tutti ha in ogni caso viva memoria.
A novant’anni a Sanremo

Perché stiamo parlando della “giovane” ostetrica condotta di Pedavena, un mito che a novant’anni è stata intervistata a Sanremo durante il Festival, davanti a dieci milioni di italiani. Ci sarebbe da montarsi la testa, ma a lei non è mai successo, nemmeno quando veniva chiamata negli atenei a spiegare ( a centinaia di allieve) come si fa quel suo bellissimo mestiere che accompagna alla vita. E quando, dopo tante insistenze, s’era decisa a mettere nero su bianco in un libro le sue esperienze, affidandosi al compianto Sergio Sommacal, s’era stupita lei per prima di come gliene facessero richiesta da tutta Italia. Il volume aveva un titolo che era tutto un programma: Mamma 7400 volte. Ma da allora sono passati 19 anni e quel numero è stato ampiamente superato. Cari voi, siamo ormai sugli ottomila ed è una quota che fa girare la testa. Perciò, per il momento, è meglio finirla qui. Buona Pasqua, Maria, signora dei grandi fiocchi azzurri e rosa. Nonni, padri e nipoti ti vogliono bene.