Giornali, TG e quotidiani online sono ancora pieni di notizie sulla sua scomparsa. Quindi, un ulteriore intervento sarebbe superfluo perché tutti sanno già tutto di lui. Poi, il Direttore mi ha suggerito di scrivere qualcosa che gli altri organi d’informazione hanno dimenticato o trascurato. In effetti, io che conoscevo Maurizio Costanzo da tanto tempo, dagli anni ’60, forzando la memoria, posso forse trovare qualcosa che ne caratterizza la personalità oltre che il successo. Peccato che non abbia sfruttato la popolarità per trasmettere cultura. Il suo successo sarebbe più completo. Solo pettegolezzi, polemiche e notizie banali.
Maurizio Costanzo e il successo
Aveva ragione perché purtroppo è così che in Italia si diventa famosi. Usò qualsiasi mezzo per raggiungere il successo, persino l’adesione alla P2 di Gelli, che fu determinante durante tutta la carriera, soprattutto poi per l’intesa con Berlusconi. Debbo riconoscere che ha avuto delle intuizioni. Non ha inventato nulla. Ha sempre copiato idee dall’estero. Sia il modello dei talk show dagli Statu Uniti, dove esistevano già da tanti anni, sia dall’Inghilterra il tabloid che poi diresse.
Però, fu il primo

Gli altri non ci avevano pensato. Molti personaggi lo ricordano con gratitudine – e fanno bene – perché debbono a lui i primi passi nella carriera. Conobbi Costanzo proprio all’inizio, quando non ero ancora professionista, ed entrai alla Mondadori, dove lui lavorava già da tempo, non avendo perso tempo a fare studi accademici. Appartenevamo alle stessa generazione. Mi stupivano i suoi ricordi di scuola. Mentre per me e tanti altri la maturità classica è stata un incubo per diversi anni, lui diceva che ad angosciarlo era, invece, la licenza media. Ma era un bravo giornalista, un gran lavoratore. Ricordo che quando arrivavo in redazione, in via Sicilia, a Roma lui era già nella sua stanza e c’era ancora quando la sera me ne andavo.
In tutti questi lunghi anni non ebbi più occasione di incontrare Maurizio Costanzo

Leggevo dei suoi frequenti matrimoni e dei suoi legami affettivi che non mi stupivano perché lo ricordavo speso innamorato. Lo vedevo sul teleschermo quando passò alla Rai per condurre diverse trasmissioni di successo. Una sera mi impressionò un sua polemica col prof. Felice Ippolito, il fisico italiano che prediceva gravi problemi con l’adozione del nucleare. Lui invece, era convinto che, già allora, fosse più che sicuro. Il povero Ippolito, la cui figlia Angelica, molto bella, che negli anni ‘70 emerse sul teleschermo e al cinema, cercava di trasmettere ai telespettatori le sue sensazioni impaurite di scienziato, ma lui imperterrito sosteneva che il nucleare era più che sicuro. Poco dopo, nell’aprile 1986, esplodeva Chernobyl.
Il sensazionalismo

Nel 1979, il Corriere della Sera, su iniziativa di Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din – anche loro affiliati alla P2 come lui – gli affidarono la creazione e la direzione dell’Occhio, un nuovo quotidiano popolare che radunò i giornalisti più eminenti e anche emergenti dell’epoca, tanto che io non fui contattato. Della nutritissima redazione facevano parte persino Isabella Bossi Fedrigotti e Samaritana Rattazzi, figlia di Susanna Agnelli. La caratteristica del nuovo quotidiano nel quale la Rizzoli investì allora molti milioni di lire era il formato tabloid all’inglese, i colori forti e il sensazionalismo.
Quando anche i grandi cadono

Quello che mi impressiono, dal racconto di qualche amico che ci lavorava, fu la preparazione durante la quale Il direttore impartiva lezioni di lessico ai redattori, insegnandogli – dovendo essere il quotidiano molto popolare – a usare solo 500 vocaboli, semplici e comprensibili a tutti. Quindi con ripudio della cultura. Debuttò con 600mila copie al giorno, ma dopo i primi mesi, esaurita la curiosità, la tiratura cominciò a diminuire fino ad arrivare al punto da dovere interrompere le pubblicazioni dopo appena due anni.
Maurizio Costanzo non se ne è andato, come tanti altri, nel silenzio delle istituzioni

Finalmente per lui sono stati istituiti funerali solenni che, per la verità merita, e che i precedenti governi avevano disconosciuto. Se rimorissero, li meriterebbero forse come lui il premio Nobel Levi Montalcini, lo scrittore Alberto Bevilacqua, lo scienziato Umberto Veronesi, l’attrice Gina Lollobrigida, il presidente dell’Europarlamento Davide Sassoli, il giornalista Enzo Biagi, il regista Federico Fellini, il duca Amedeo d’Aosta, l’industriale Leonardo Del Vecchio – solo per ricordare quelli più recentemente scomparsi – e tanti altri personaggi indimenticabili che hanno dato lustro all’Italia e che se ne sono andati nel silenzio delle istituzioni.
Viva la sincerità! Fino a quando saremo ostaggio di imbecilli?
La decadenza culturale nel nostro Paese è più che tangibile. Con la spazzatura costruiamo strade e palazzi. E peggio ancora riempiamo i palinsesti televisivi pagati con i nostri soldi.