In un vecchio film di fantascienza, o fantapolitica, intitolato Wargames (1983, c’era allora la seconda guerra fredda…), un Robot intelligente afferma che “la guerra è uno strano gioco”. Oggi possiamo aggiungere che la guerra, prima e dopo essere guerreggiata, è un prodotto addirittura culturale (e sempre micidiale) dell’Uomo sulla Terra: uomo contro uomo. Perché la guerra nasce nel cervello umano come idea di conquista e dominio “cainamente pensata per uccidere i propri simili, fratelli in umanità”. C’è chi ne parla con algido distacco come di un evento omerico, come mitologia (dove gli stessi dèi fanno la guerra), ma anche, nel nostro tempo, come igiene del mondo e come pulizia etnica!
A difesa di Fort Alamo

Curiosi animali, gli Uomini sapienti. Oggi, per esempio, ci sono quelli che non partecipano (emotivamente, ideologicamente), e riescono a distinguere l’aggressore dall’aggredito: Caino e Abele, il Lupo e l’Agnello longeque inferior… Visti e rivisti.
Già il virus aveva scatenato la diffidenza verso eventi terribili e clamorosi: ci furono subito i sotutto negatori dell’evidenza che il flagello era vero, e si arcidubitò che il vaccino fosse più forte del Covid 19. L’ignoranza in cui si cullano tanti cervelli è come una casa blindata, allora come oggi, e assomiglia a un Fort Alamo assediato dagli indiani: vi entra solo il vento, e, si sa, dell’aria non si può dubitare.
Dall’Ucraina a Wargames

Adesso tocca all’Ucraina e in questo caso anche la lontananza dal salotto domestico, dalla piazza del quartiere o dal paese fa nascere pensieri obliqui, mette in moto meccanismi psichici complicati e volatili. Ma, indifferente a lorsignori, la Guerra continua a marciare e le macerie macchiate di sangue testimoniano a futura memoria il suo passaggio. Scommettiamo che qualcuno ci vede dei Wargames?
Viraleggiando fai da te

Sta scendendo la famosa curva dei contagi su tutte le tabelle che memorizzano il grado di pericolosità di Covid -19 e sue varianti. L’ultima cifra, però, cioè lo zero di infettività, non è stata ancora raggiunta. Nel frattempo si muore. Che fare? Bella domanda. Qualcosa di chiaro ci è stato detto: il virus non è morto, e finiremo per averlo addosso – alla lettera – in condominio perpetuo con quello dell’influenza.
La Capua

Però quella è la situazione del futuro – nostro e del virus – ma intanto che si può fare? La virologa Ilaria Capua è certa che, diminuendo il pericolo del contagio, la difesa dall’infezione sarà affidata ai cittadini. Impegno che passa dallo Stato all’individuo: dunque ci dobbiamo attrezzare, anzitutto psicologicamente, facendo un elementare faidate che sappiamo a memoria: igiene, mascherina, autoisolamento, vaccino; così da proteggere la nostra libertà da nuove possibili restrizioni da dpcm.
In tempo di guerra e di bestialità contro i civili, dice a mezza voce la scienziata italiana, “la pandemia ci sembra figlia di un incubo minore”.
Il senso della Croce e della Z

Forse, nel frastuono delle immagini e nel rombo delle parole di guerra in corso, ci siamo dimenticati di due particolari, piccoli a vedersi, ma non secondari. Il primo è l’esternazione del metropolita russo Kirill quando ha appoggiato a gran voce l’invasione militare dell’Ucraina; è la spinta a fare la guerra da parte di un’autorità religiosa che porta sul petto un simbolo inequivocabile, la Croce di Cristo, di una Voce che ha proclamato l’amore fraterno e la pace fra tutti gli umani ed è stata spenta con la crocifissione. Tragica realtà: nel petto che porta quella croce addosso, batte un cuore violento e sacrilego (dimentico che “ogni vita è sacra”).
La famigerata Z

Il secondo particolare è l’ostentazione della “Z” dipinta sui carri armati invasori, un segno di identificazione degli invasori che è diventata il manifesto, lo spot sanguinoso di una azione aggressiva e feroce. Questa lettera viene dalla lingua unica, quella del potere assoluto e della conseguente comunicazione di Stato: secondo Mosca, i soldati sono in missione “per la liberazione dell’Ucraina dal nazismo”: si procede, dunque, con una azione che sa proprio di attacco nazista.
Due simboli, uniti dalle tragiche circostanze, non portano lo stesso messaggio, ma “funzionano” nello stesso contesto: che ci fanno lì? Che senso hanno? Risposta amara e desolata: Ha forse senso la guerra?
Avèssimo avùo pietà…

(poesia)
Avèssimo avùo pietà de le bele,
del piaçer, e no’ del dolor,
che i corpi dimostra.
Avèssimo avùo pietà dei più forti,
de chi sofre de più.
Saressimo forse, ancùo, un fià più forti
nù stessi:
no’ andarèssimo via in giro, pianzendo,
zigando:
ascoltarèssimo el pianto dei altri:
no’ firmaressimo tuto el dolor
de ’sto mondo
coi nostri picoli nomi.
Giacomo Noventa
Da Versi e Poesie, Mondadori 1960
Versione italiana. Avessimo avuto pietà delle belle, del piacere e no del dolore che i corpi dimostrano. Avessimo avuto pietà dei più forti, di chi soffre di più. Saremmo, forse oggi un poco più forti noi stessi: non andremmo in giro piangendo, gridando: ascolteremmo il pianto degli altri: non firmeremmo tutto il dolore di questo mondo con i nostri piccoli nomi.