Mark David Chapman, l’assassino di John Lennon, il giorno dell’omicidio aveva in tasca un libro, The Catcher in the Rye, di J. D. Salinger. Leggendo le prime pagine del nuovo romanzo di Giulia Rossi, Il club dei perdenti (Milano, Editrice Nord, 2022), ho ripensato a questo dettaglio, non certo ininfluente rispetto a ciò che accadde allora, con la differenza, però che in questo caso, è la vittima – un clochard salvatosi per miracolo dalle fiamme appiccate da alcuni giovani criminali mentre dormiva per strada – ad avere tra le sue povere cose un libro.
Un libro come un viaggio
Sarà proprio questo libro a innescare un viaggio nel passato non solo di Lorenzo Fabbri, che ne è l’autore, ma anche di molte altre persone, prima nel tentativo di dare un nome a quest’uomo e poi nella ricerca, difficile e dolorosa, di scoprire cosa è avvenuto dopo un’estate conclusasi in modo drammatico, vent’anni prima.
Un libro a scatole cinesi

L’intreccio di questo secondo romanzo, uscito dopo tre anni dall’esordio dell’autrice con È così che si fa, sempre per i tipi di Editrice Nord, è gestito usando la tecnica delle scatole cinesi: in una Lorenzo racconta in prima persona il suo ritorno a Mestre – dove è cresciuto e che ha lasciato per inseguire il sogno di diventare scrittore – e il suo sempre maggiore coinvolgimento nella ricerca di dare un’identità alla vittima di quello spaventoso rogo, chiamato come testimone dalla polizia perché nel libro ritrovato c’era anche scritto a penna da qualcuno il suo numero di telefono, un bel rompicapo.
La seconda
In un’altra scatola: capitoli in flashback che raccontano gli avvenimenti di vent’anni prima, quando Lorenzo aveva solo dodici anni, e insieme ad altri tre amici della sua età, Emanuele, Sara e Giacomo, si era messo in testa di documentare in un film horror il degrado del suo quartiere, il quartiere Piave di Mestre, un reticolo di strade “intreccio di biografie imperniate sulle pietre” (p. 57).
La terza
Altra scatola da aprire: la storia narrata nel primo romanzo di Lorenzo è proprio quella di questi ragazzini che si ispirano a It di Stephen King (per questo si daranno il nome di Il club dei perdenti) e decidono di riprendere con una telecamera ciò che accade attorno a loro; ma non solo: la violenza fatta al “barbone” è già fissata in appunti che potrebbero diventare la base per un nuovo romanzo. Questo aspetto apre la strada a molte riflessioni sulla scrittura e sulla vocazione degli scrittori.
Quando il libro trasforma
“Gli scrittori sono come burattinai di vite altrui con un senso di responsabilità, colmato soltanto quando il punto finale verrà sancito, due trecento pagine più in là” p. (18). “Un romanzo è sempre vero anche quando non racconta la verità. […] tutto ciò che metti dentro un romanzo diventa altro (p. 21).
Un libro che è raccolta di vite
In quell’estate di vent’anni prima accaddero eventi traumatici che segnarono la vita di tutti: l’allontanamento di Emanuele dai genitori e l’affido a una coppia (Giovanni e Beatrice) che intraprende con lui un percorso di crescita più equilibrata e serena; lo scontro con dei bulli che minacciano di vendicarsi per un torto che ritengono di aver subito dal quartetto; l’infrangersi del progetto del video; il confronto con la realtà di una città dove gli spacciatori sono a ogni angolo e i giovani muoiono di eroina; il tradimento dell’amicizia e un senso di colpa che invade un’intera esistenza e potrà essere espiato soltanto attraverso la scrittura, forse.
La domanda
Perché Lorenzo si chiede: può un romanzo riscattare gli sbagli compiuti nella vita? Il suo ritorno a casa, l’incontro con i vecchi amici, lo svelamento di alcuni segreti gli permetteranno di dare un senso al suo passato e a quello dei suoi compagni d’avventura?
Un libro tra passato e presente
E anche il presente riserva non poche sorprese: dalla scoperta dell’identità del senzatetto al riapparire di persone che si temevano perdute per sempre, fino ad arrivare a nuovi progetti che potrebbero realizzare nuovi sogni. Ma qui si rischia lo spoiler ed è doveroso fermarsi.
L’autrice

Giulia Rossi racconta questa storia con mano sicura, forte anche dell’esperienza di narrazione pregressa che la vede coinvolta in prima persona relativamente a riflessioni che chiunque voglia scrivere dovrebbe porsi, anche in merito alla scelta di usare aspetti bio/autobiografici.
Un libro che parla. Un libro che è anche autobiografia
Una storia che affronta altri temi importanti come il rapporto genitori/figli, le relazioni affettive, il mondo del lavoro, la vitaccia dei giornalisti a cottimo, la lotta al degrado nelle città (p. 192-193: “Perché puoi pure piazzare camionette dell’esercito ovunque, presidiare le strade dopo le nove di sera e trasformare i cittadini in tanti piccoli sceriffi. Ma se una città si svuota della gente, delle persone armate di borse della spesa, idee imprenditoriali e passeggini, si riempie di merda. Lo avevamo capito perfino noi, che avevamo dodici anni”).
Un romanzo denso, ricco di spunti e di personaggi che toccano il cuore
Un romanzo che ci aiuta anche a capire come diventare adulti sia ”smettere di incolpare qualcuno di non essere stato in grado di darti qualcosa di cui lui stesso è privo. Diventare adulti è prendere il meglio ricevuto e buttare a mare la zavorra” (p. 327).
Giulia Rossi, laureata in Filosofia, vive a Mestre, si occupa di comunicazione e formazione in ambito digitale. Il club dei perdenti è il suo secondo romanzo, dopo il fortunato esordio con È così che si fa.
Giulia Rossi, Il club dei perdenti, Milano, Editrice Nord, 2022.
ringrazio Annalisa Bruni per questa bella recensione e il giornale per lo spazio dedicatomi!
Grazie, leggerti è sempre una scoperta. Bella.