La salute mentale è ormai al centro del dibattito pubblico e della discussione politica. Vediamo perché questo non deve farci paura e perché è meglio affrontare di petto la possibilità che il disagio psicologico sia molto più diffuso e vicino a noi di quanto vorremmo pensare. Per dare un’idea della situazione basta ricordare che il numero di tentati suicidi è raddoppiato tra gli adolescenti e c’è stata un’impennata di richieste di aiuto nell’ambito della salute mentale. Anche il mondo del lavoro è ha visto un peggioramento collettivo in tema di salute mentale, con tassi di burnout raddoppiati rispetto a prima della pandemia. Più del 40% della popolazione ha lamentato disturbi del sonno. La situazione è grave e deve essere affrontata energicamente, anche per poter mitigare le ricadute sociali ed economiche nei prossimi anni.
Come stanno le cose in Italia
Il nostro Paese oggi, in controtendenza rispetto alla sua storia recente che ha visto la legge Basaglia essere un faro a livello mondiale, è molto indietro nel panorama internazionale. Le risorse economiche per la salute mentale stanziate in Italia si attestano intorno al 3,5% della spesa sanitaria totale. Per fare un confronto, la Svezia spende circa il 10%. Si tratta di investimenti che hanno ricadute estremamente concrete e che influenzano tutti noi, basti pensare, solo per fare un esempio, che il tasso di occupazione delle persone affette da depressione si riduce fortemente (in Germania il dato tocca il 68%). Allo stesso modo, il disagio psicologico influenza l’assenteismo e la produttività: i costi stimati in relazione a questa correlazione sono intorno al 1,6% del Pil UE, ovvero miliardi di euro.
A fronte di tutto questo, l’Italia discute della necessità di istituire la figura dello psicologo scolastico. Le proposte variano da “uno psicologo in ogni scuola” a “uno psicologo in quelle scuole che siano hub per la salute del personale scolastico”. Inoltre sono stati stanziati dei fondi per potenziare pro tempore l’assistenza psicologica per le categorie più fragili e in difficoltà. Si tratta di un passo avanti rispetto al recente passato, in cui il dibattito ha troppo spesso sorvolato il tema della salute mentale, considerandola come un aspetto marginale e di scarso interesse. Ma non basta, non può né deve bastare. Non si tratta soltanto del fatto che gli stanziamenti e i progetti siano ancora poco ambiziosi ed energici, la questione di fondo è che la salute mentale viene ancora considerata un ambito in cui il supporto va dato a categorie disagiate, al “diverso”, a figure specifiche e in particolare difficoltà. Gli adolescenti, chi ha avuto il covid e i loro familiari, gli anziani sono persone che hanno sofferto molto, certamente, ma concentrare gli sforzi su queste fasce specifiche significa relegare la salute mentale a mondi “di nicchia”, significa continuare a pretendere che non sia un problema di tutti, significa implicare che la salute mentale sia a rischio soltanto dove c’è sofferenza estremamente concentrata ed acuta.
La salute mentale è un bene collettivo
E allora, che fare? Un primo passo deve essere quello di potenziare i servizi finalizzati all’aumento della salute mentale e del benessere psicologico per tutti, con un investimento importante. Bisogna utilizzare il capitale di formazione dei professionisti italiani – psicologi, medici, educatori, assistenti sociali – e trovare soluzioni per ottimizzare la loro efficacia, come ad esempio le prestazioni psicologiche online che permettono di comprimere costi e difficoltà logistiche. Se riusciremo a diffondere l’idea che la salute mentale sia un bene collettivo, che deve essere coltivato giorno dopo giorno e che ha ricadute estremamente sensibili sulla vita di tutti, allora potremo sviluppare un sistema che genera salute pubblica. Dobbiamo smettere, a tutti i livelli, di confinare la questione della salute mentale in recinti che ci permettono di considerarlo un problema “di altri”. Statisticamente le probabilità di avere qualcuno vicino che ha delle difficoltà, o di averle noi nel corso della vita, oggi sono alte. E non è un dramma: la salute mentale e psicologica è un continuum che vede la malattia psichiatrica grave (che, giustamente, fa molta paura e impressione) come soltanto un estremo e al centro ha tutta una serie di disagi e difficoltà che si possono affrontare. Prendendoci cura del disagio, prima che peggiori, possiamo ridurre l’incidenza della malattia grave. Diffondendo salute giorno dopo giorno, possiamo aumentare la percentuale di persone che vivono meglio, sono più al sicuro dall’ammalarsi, lavorano di più e con più soddisfazione e contribuiscono proattivamente allo sviluppo società. La sfida della salute mentale è di fronte a noi e mettere la testa sotto la sabbia non aiuterà: abbiamo iniziato un percorso, adesso bisogna accelerare.