Il sogno di Ilaria è di dar voce ad un delitto della camera chiusa ambientato in una stazione spaziale, ma sostiene di non essere ancora pronta, di non voler fare figuracce. Finora, la sua strada di scrittrice, di giallista, ha conosciuto solo il successo, ma l’autrice Ilaria Tuti ha i piedi ben piantati per terra, nella meravigliosa terra friulana da cui prende spunto per le sue storie. A volte tra tenebra e dolore.
Chi è Ilaria Tuti, tra tenebra e dolore
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Nata a Gemona, in provincia di Udine, nel 1976, Ilaria – fin da piccola – parla poco, ma ha la testa piena d’idee, di racconti, di favole stregate. Quelle stesse favole che le narra la nonna davanti al fogolâr, popolate da spirts e strie, i dispettosi sbilfs (simili ai folletti) e le agane, le ninfe dell’acqua. Una cultura contadina con la schiena dritta, che sa sostenere con dignità lo sguardo sulla vita e sulla morte: «un poco tenebra, un poco splendore», come ha scritto il grande Pierluigi Cappello.
Il sogno di bambina
Da bambina, Ilaria vuole fissare ogni immagine: «Magari potrei fare la fotografa» si dice, con la stessa capacità analitica che buca, trafigge e commuove, che oggi usa raccontando le vicende del commissario Teresa Battaglia. Poi, si laurea a pieni voti in Economia, inizia a lavorare per una società di Tolmezzo facendo la pendolare, ma non cambia idea: i suoi sogni, e soprattutto i ricordi, li vuole ancora registrare: «Nel mio piccolo – ha sempre sostenuto – per quanto posso, voglio ricordare e trasmettere memoria». Magari disegnando, così si dedica a creare illustrazioni per una piccola casa editrice; la pittura le piace tanto, ma non quanto la scrittura, scopre ben presto.
Una vita nel reale. La tenebra nei libri
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Così Ilaria, diventata mamma della piccola Jasmine; Ilaria che canta stonata, ma ama stare in compagnia degli amici; lei, che vive ai piedi delle Prealpi, ma vorrebbe tanto abitare al mare, ci prova: inizia a scrivere qualche racconto noir, di fantascienza e persino un horror splatter ambientato a Tarvisio. Nel 2014, con La bambina pagana (un racconto ambientato a Venzone e pubblicato nei Gialli Mondadori) vince il Gran Premio Giallo Città di Cattolica. «Forse ho iniziato a scrivere sul serio – commenta – per elaborare il lutto della perdita di mio padre. L’unica strada da percorrere quando tutto sembrava andar storto».
La trilogia
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La sua Trilogia del commissario Battaglia è divenuta in pochi anni un autentico caso letterario in Italia e all’estero, fin dal primo volume pubblicato nel 2018 per i tipi di Longanesi Fiori sopra l’inferno. «Questo libro – ha spiegato l’autrice – affonda le radici nei paesaggi della mia montagna, dove nulla è stato inventato. A partire da Trevenì (in realtà, il paesino avrebbe un altro nome, ma è stato l’editore a convincermi a modificarlo), un piccolo centro da poco aperto al turismo dove esistono realmente una foresta millenaria, un orrido, miniere, laghi alpini e vette mozzafiato».
Tenebra e dolore tra omicidi inspiegabili e indagini
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Qui prende il via e si sviluppa la storia di alcuni omicidi efferati, in apparenza inspiegabili, e si dipana per flashback un’altra vicenda ambientata in un passato prossimo, altrettanto orrifica. Come sbrogliare la matassa, spetta ad un personaggio meraviglioso, anch’esso dannatamente reale: il commissario Teresa Battaglia.
Il parere di Donato Carrisi
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Lo scrittore Donato Carrisi, indiscussa autorità nel settore (di cui Ilaria è ammiratrice incondizionata), ha scritto di Teresa: «Una donna che è più di una protagonista; è una luce piena di ombre, uno spazio dentro il nostro cuore. Già indimenticabile». Come dargli torto? La Teresa di Ilaria Tuti è una sessantenne dal carattere forte, piena d’acciacchi fisici: il diabete, una mente che forse non risponde più come dovrebbe e un aspetto trascurato. Eppure, nonostante il fiatone, le paure, le debolezze, la tinta approssimativa dei capelli, non si può che amarla, da subito.
Novello Poirot
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Battaglia si accorge di particolari che ai più sfuggirebbero, come Poirot, ma è molto più simpatica. Si aggira per orridi e caverne, è una Lara Croft che ci sentiamo di condividere. Al di là della costruzione letteraria, spalla compresa (il giovane, ma empatico, ispettore Marini che se ne sente dire di tutti i colori), la sensibilità di Teresa è viscerale, collegata al cuore della terra e a quello degli uomini. Non esiste il mostro, c’è solo bisogno di capire. E un po’ alla volta, con noi, per approssimazioni, talvolta in modo empirico, Teresa capisce.
Lo stile
La penna di Ilaria Tuti ci mette, di suo, una lirica asciutta, ma degna di onore; una tempistica ad orologeria mai banale; un’accurata documentazione. L’autrice scrive di ciò che conosce, annusa il vento, le reazioni dell’animo umano; ci ragiona da quando, ancora piccola, le hanno raccontato di un omicidio avvenuto proprio a Gemona nel 1905 e ancora irrisolto.
La tenebra fa il bis
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Nel 2019, dopo l’incredibile successo del primo volume – caso editoriale alla Fiera di Francoforte, tradotto in oltre venticinque Paesi e pluripremiato – Ilaria ha fatto il bis con un’altra storia che ha come protagonista Teresa. S’intitola Ninfa dormiente, sempre edito da Longanesi: è una vicenda che si rifà ad un delitto di oltre settant’anni prima, che l’autrice ambienta «in una valle a mezz’ora da casa mia, che vanta una tradizione antica». Il racconto, nello stile di Tuti, è di ghiaccio e di sangue, mentre le indagini del commissario Battaglia affondano nei meandri della sua mente, e procedono giorno per giorno. Quasi uno scambio tra macrocosmo e vicenda quotidiana, anzi un cortocircuito. Di sensi, di senso.
Se come esempio prendi King e Merini….
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Sarà che ad Ilaria piacciono Stephen King ed Alda Merini, Jeffrey Deaver e Primo Levi: potenza, passione e raziocinio. «Ci vuole dedizione, – commenta – io devo avere già il disegno del libro in testa, almeno a grandi linee, prima d’iniziare. Altrimenti mi faccio prendere dall’ansia».
Tra tenebra e dolore una “Luce nella notte”
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Quasi a sorpresa, poi, velocissimo, è apparso nel gennaio di quest’anno il terzo titolo che narra le indagini di Teresa, sempre per i tipi di Longanesi: Luce della notte. Questa è una vicenda assolutamente particolare, spiegata dalla stessa Tuti attraverso la sua pagina Facebook: «Ho rimandato a lungo questo post, – ha scritto – tante cose da dire e la sensazione di non farcela. Luce non era previsto, cinque mesi fa non esisteva. È nato come racconto, si è trasformato in un romanzo breve, un po’ più dei precedenti, ma così profondo. Luce è stato scritto per una bimba che non c’è più, Sarah, mia nipote. I miei proventi saranno devoluti al CRO di Aviano a favore della ricerca sui sarcomi».
Luce come il Friuli
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Luce della notte, anche se è più breve dei precedenti, raggiunge tuttavia un aureo equilibrio, sentito e potente nella narrazione. Più che un romanzo giallo, questa è epica personale, poesia di un dolore dignitoso, sigillato, ma pronto a sbocciare al primo contatto vitale. A questo punto, penso che Ilaria Tuti possa essere considerata, oltre che una giallista straordinaria, semplicemente un’autrice splendida. Perché è viva, sincera, capace, non legata a clichés. Anche lei, come il suo Friuli, un poco tenebra e un poco splendore.