Il corpo lasceranno, non l’ardore; anche in cenere, avranno un sentimento; saran cenere, ma cenere innamorata. Francisco De Quevedo. A seconda delle traduzioni la cenere diventa “terra” o “polvere” ma sempre innamorata. Versi che lasciano senza fiato, composti da uno dei maggiori poeti spagnoli del 1600. Una riflessione sull’esistenza e sulla morte, su queste ceneri che vagano piene di ardore nell’universo. “Polvere innamorata” è anche il titolo dello splendido libro di Andrea Molesini, scritto nel ’98. Il racconto della sua adolescenza quando sentiva il prete raccontare che tutti erano polvere, ma la zia gli spiegava che lui era una polvere speciale: una polvere innamorata.
Molesini schizza in testa
Nella classifica di giugno troviamo Andrea Molesini in vetta alla classifica, ma prima di sfogliare alcune pagine del suo nuovo romanzo entriamo come sempre nella nostra fantastica libreria Lovat con sede a Villorba (Treviso) e Trieste.
La classifica
Ecco il medagliere con i primi dieci titoli della settimana:
- Molesini – Il rogo della Repubblica – Sellerio
- Auci – L’inverno dei leoni – Nord
- Meloni – Io sono Giorgia – Rizzoli
- Zambon – Il pesce piccolo – Feltrinelli
- Perrin – Cambiare l’acqua ai fiori – E/O
- Riley – La sorella perduta – Giunti
- Pif – Io posso – Feltrinelli
- Banzato – Tutto ma prete mai – Piemme
- Gentile – Le piccole libertà – Feltrinelli
- Mancuso – A proposito del senso della vita – Garzanti
A parte la novità assoluta del primo posto, sembra di stare in compagnia di vecchi amici, titoli che ci hanno accompagnato spesso in questi viaggi letterari e abbiamo recensito con passione. In testa, il nuovo romanzo di Andrea Molesini: “Il rogo della Repubblica”- Sellerio.
Molesini e il “suo” Rogo
Grande consenso di pubblico e critica per lo scrittore veneziano che nel 2011 ha vinto il Premio Campiello con: “Non tutti i bastardi sono di Vienna”. Molesini ha insegnato letterature comparate all’Università di Padova, i suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.
“Il rogo della Repubblica” è ambientato nel 1480. In un piccolo paese del trevigiano, un bambino sparisce nel nulla. L’archisinagogo Servadio e altri due ebrei vengono accusati di averlo ucciso per impastare col suo sangue le focaccine pasquali. Torturati e condannati a morte per infanticidio rituale, fanno ricorso e il processo si riapre davanti al Senato di Venezia.
Ci sono tutti gli elementi per un romanzo di grande impatto, coinvolge e seduce già dalle prime pagine. Avventurieri levantini, colti umanisti, missioni segrete, la peste, l’odio fomentato contro gli ebrei.
Pif e Lillo altra bella novità
Un altro titolo entra prepotentemente e fa rumore. “Io posso – Due donne sole contro la mafia”- Feltrinelli. La vera storia di due sorelle che a Palermo finiscono al centro di una tenaglia terribile: da una parte la mafia, dall’altra lo Stato. La mafia le perseguita e lo Stato non le considera vittime. Gli autori del libro vogliono a tutti i costi cambiare il finale della storia. Sono Pif (Pierfrancesco Diliberto) e Marco Lillo, molto noti al grande pubblico.
Pif inizia la sua carriera nella regia cinematografica con Franco Zeffirelli, vince due David di Donatello con: “La mafia uccide solo d’estate”. Marco Lillo è un giornalista d’inchiesta e vicedirettore del “Fatto Quotidiano”.
Ecco l’incipit dell’incredibile vicenda: “Immaginate di tornare un giorno a casa vostra e di trovare un costruttore legato alla mafia lì davanti. Immaginate che vi dica che quella non è casa vostra, ma sua. E che, qualche anno dopo, ve la danneggi gravemente per costruirci accanto un palazzo più grande. E immaginate di dover aspettare trent’anni prima che un tribunale italiano vi dia ragione. Immaginate che, dopo tutto questo tempo, vi riconoscano un compenso per i danni, che però nessuno vi pagherà mai dato che il costruttore nel frattempo è stato condannato perché legato alla mafia e lo Stato gli ha sequestrato tutto”.
Attraverso la vendita del libro gli autori vogliono raccogliere la cifra necessaria per aiutare le due sorelle ad uscire da questa terribile situazione.
Dopo Molesini torniamo a Francisco De Quevedo
Torniamo al poeta spagnolo protagonista d’apertura della nostra pagina letteraria. Francisco De Quevedo non fu solo uno dei maggiori poeti dell’epoca barocca, era anche impegnato in missioni diplomatiche, in particolare proprio a Venezia. Conosceva benissimo l’italiano, il francese, il latino, il greco, l’arabo e l’ebraico. Fu sospettato di aver preso parte ad una congiura contro Venezia.
Si racconta che riuscì a fuggire dalla città travestito da mendicante. Nessuno lo riconobbe perché aveva un perfetto accento italiano. La conoscenza delle lingue a volte aiuta.
Buona lettura!