“Chiedi chi era Lucio Dalla”. Si potrebbe iniziare così, parafrasando gli Stadio, il ricordo di Lucio Dalla, che lo scorso 4 marzo avrebbe compiuto 78 anni. E proprio in questi giorni ricorre pure il cinquantenario della sua partecipazione al Festival di Sanremo con “4 marzo 1943”. Una canzone e una data fondamentali per il cantautore bolognese. Che da quella esibizione al festival entrò tra i grandi della musica per non uscirne più.
Lucio e il suo 4 marzo
Dalla, con “4 marzo 1943”, arrivò terzo a Sanremo in coppia con l’Equipe 84. Dietro alla coppia di vincitori Nada-Nicola Di Bari (con il “Cuore è uno zingaro”) e i Ricchi e Poveri e Josè Feliciano (con “Che sarà”). La canzone, bellissima e malinconica, destinata a diventare una delle colonne della musica leggera italiana, darà per la prima volta a Dalla il successo, quello vero, con la testa delle classifiche e il riconoscimento di un talento fino a quel momento non riconosciuto.
La gavetta di Lucio

Così, alla domanda iniziale “Chiedi chi era Lucio Dalla”, potremo rispondere che era uno che prima di arrivare al successo ha fatto una gavetta enorme. “4 marzo 1943”, infatti, arriva quando Dalla ha già 28 anni e viene da un decennio abbondante di musica praticata da solo o in gruppo, con il suo primo complesso i Flippers (del quale faceva parte anche Franco Bracardi, fratello del comico Giorgio, storico pianista d’accompagnamento del Maurizio Costanzo Show).
Anni duri con partecipazioni criticatissime dal pubblico al Cantagiro, dove lo stesso Lucio ricorderà d’aver subito il lancio di ortaggi e uova marce in segno di protesta dal pubblico. Ora ci lamentiamo delle critiche e dalle offese sui social network, dimenticando che in altri anni il dissenso nei confronti di un artista veniva manifestato in modo anche più diretto o sgradevole di un post su Facebook.
Gli inizi
Un inizio durissimo, che avrebbe distrutto anche il più tenace dei musicisti ma non Dalla che, in quel periodo, come nel resto della sua carriera, non smise mai di studiare, apprendere e mettere da parte per poi rielaborare in una forma propria ed originale. Ecco, la forza di Dalla e la sua unicità nel panorama musicale italiano è stata proprio questa. Il cantautore bolognese ha sempre avuto, sin da bambino una curiosità e una voglia d’apprendere fuor di misura, che l’ha portato a cimentarsi dal jazz, la sua prima e grande passione giovanile, alla lirica con la meravigliosa “Caruso”, forse la punta più alta della sua carriera artistica.
Lucio e le sue canzoni
Ma sarebbe un errore stilare una classifica delle canzoni più belle di Dalla. E’ chiaro, ognuno di noi avrà il suo pezzo del cuore, proprio perché Dalla ha toccato molti generi e attraversato mezzo secolo di storia d’Italia con una produzione ricchissima. Così come non è facile racchiudere in un solo e semplice articolo la vita artistica di Dalla, perché Lucio è stato molte cose e tutte belle e fatte benissimo: cantante, cantautore, anche attore, autore di colonne sonore, paroliere per altri artisti e talent scout.
Lo scopritore

Riguardo a quest’ultimo aspetto della sua carriera, andrebbe aperto un capitolo a parte, perché non esiste nella storia della musica italiana un artista che è stato ugualmente importante nella sua carriera solista così come in quella di scopritore di talenti, tra i quali, solo per citare i più famosi, ricordiamo: Ron, Samuele Bersani, gli Stadio e Luca Carboni.
Chi era Lucio
Così a “Chiedi chi era Lucio Dalla”, potremo anche affermare che Lucio era un uomo estremamente generoso e mai geloso, che ha condiviso il suo talento con tanti colleghi dai più famosi come Francesco De Gregori, leggendario il loro tour “Banana Republic” nel 1979, e Gianni Morandi, ai più giovani. Soprattutto il tour con De Gregori segnerà una tappa rivoluzionaria del modo di fare musica in Italia. La coppia Dalla-De Gregori sarà la prima a lanciare i mega concerti negli stadi, una tendenza poi seguita da altri popolarissimi cantanti come Claudio Baglioni e Vasco Rossi.
Il narratore

Ma Dalla è stato forse il più grande narratore in musica della storia del nostro Paese, senza però averne mai avuto la presunzione di esserlo. Nei suoi testi troviamo la vita degli ultimi nelle periferie, verso i quali Lucio ha sempre avuto un occhio di riguardo e una sensibilità ineguagliabile, così come il racconto di personaggi popolari come Tazio Nuvolari, l’accenno agli anni di piombo con “L’anno che verrà”, senza disdegnare l’impegno civile ma ricordando anche che la musica è anche semplice divertimento.
L’eredità che lascia Lucio Dalla nell’anniversario della sua nascita è enorme. Con un menù ricchissimo di canzoni che tutti riascoltiamo o cantiamo, stonati o intonati poco importa. Perché Lucio era così: mai critico o geloso e soprattutto generoso.
Potremmo definirlo un grande italiano e come tale dovrebbe essere ricordato.