
Come è accaduto per certi oggetti di uso pratico legati alla vita quotidiana in famiglia o in società, e per vari mestieri, ormai scomparsi dal nostro orizzonte sociale insieme alle parole corrispondenti, così la pandemia che ci sta cambiando il modo di vivere (e perfino di morire) mette a rischio l’uso di parole comuni, magari alterandone il senso, le eclissa e ne include altre. Al primo gruppo appartengono – alla rinfusa – amicizia, socialità, abbraccio, viaggiare, cena fuori (da dove?), processione con il patrono, tifoseria; alla seconda: coprifuoco, distanziamento, igienizzazione, variante (che significa mutazione genetica, pericolosa…) ecc.
Una palude semantica, da cui si può essere inghiottiti se non si resiste, per esempio accendendo la luce della memoria, ma anche – piccolo esempio – ravvivando una parola che ne mette in movimento tante altre: solidarietà, direi, perché è un vero giacimento di umanità. Non lasciamola rinsecchire nel “cimitero di parole svuotate, banalizzate e logorate” (A. Riccardi, Corsera). Ricordiamo che di parole si vive.
Specchiarsi, ascoltarsi
Una televisione privata programma due volte al giorno lezioni di ginnastica dolce, cioè – semplificando – esercizi elementari destinati prevalentemente a persone anziane chiuse in casa. E‘ una iniziativa che fa pensare: infatti, esiste anche una ginnastica della mente, addirittura spirituale il cui esercizio può farci soltanto bene. Azzardo due immagini: tenere allenata la mente è come ascoltare il sussurro del nostro corpo: mentre spiamo la vita dalla finestra della nostra anima solinga, possiamo ascoltare l’invisibile e il suo palpitare. E poi: pensarsi/riflettere è come specchiarsi e dunque vedersi veramente, cioè riconoscersi. Il nostro corpo, misteriosa macchina pensante, ha bisogno di entrambe le ginnastiche. Provare per credere.
Oltre la soglia dello stress

Un vuoto doloroso ci invade quando le giornate dell’inquietudine, così monotone fra le mura domestiche, e spavaldamente radiose di sole all’esterno, si chiudono e ci chiudono. Entriamo forzatamente nella dimensione notturna dove non c’è paesaggio: e proprio allora senti il peso dei pensieri arrovellati e freddi come blocchi di ghiaccio. Siamo posseduti dallo stress come un malato invaso dal virus. La fine del giorno, della sua luce, richiederebbe un recupero di esperienza, di energie per contrastare la forza oscura, il buio senza confini in cui stiamo per galleggiare, sganciati dal tedio quotidiano. Attenzione, però: la notte non è vuota, il vuoto vero, semmai, è dentro di noi. Che fare? Il saggio direbbe semplicemente così: “Riempitelo di sogni”!
Citazione citabile
“Allargare la conoscenza – delle leggi, dell’universo, della natura, della psiche – cambiare prospettiva sul ruolo che la nostra specie avrà nel decidere il futuro del pianeta Terra: una sfida bellissima e difficile”. (Stefano Boeri)
Un’analisi interessante