Semper eadem, sempre la stessa. Il motto del Teatro La Fenice è un richiamo ancora forte, a venticinque anni dal rogo doloso che lo distrusse, la notte del 29 gennaio 1996, mettendo a repentaglio l’esistenza dell’intera città. Oggi, un bel libro appena uscito per i tipi di Editoriale Programma, a firma della giornalista Vera Mantengoli, ripercorre le tappe di una vicenda tanto dolorosa quanto incredibile. Memoria tragica per la sensibilità dei veneziani, ma anche incredibile prova di resistenza e di rinascita.
La Fenice un simbolo perduto
Con il ritmo e la scansione della tragedia greca, La Fenice. 29 gennaio 1996. La notte di fuoco: storie, interviste e articoli ricostruisce il sentimento della cittadinanza e la reazione del mondo intero. Si parte da dodici testimonianze (dodici come le voci del coro) a narrare il succedersi dei fatti.
Chi ricorda La Fenice
Per citarne solo alcune, quella di Gilberto Paggiaro, il custode del Teatro, che assistette inerme agli avvenimenti, poi perseguitato da sospetti di connivenze e infine riabilitato. O della violinista Daniela Santi, per cui «La Fenice non era solo un edificio, ma casa». Il racconto del giornalista Alberto Vitucci che, tra i primi, narrò in presa diretta ciò che stava succedendo.
Le altre voci
Ancora, il ricordo del fonico del Teatro Alessandro Ballarin, a Varsavia per una tournée. La riflessione dello scultore Guerrino Lovato, che non avrebbe mai immaginato che, cinque anni dopo, sarebbe stato contattato per realizzare i prototipi in creta dell’ornato e dodici figure scultoree per la nuova Fenice. La chiusa della poetessa Anna Toscano sul colore del cielo la mattina successiva, grigio Fenice.
Le testimonianze di chi ha vissuto la tragedia
Tra tutte, luminosa e significativa resta la storia narrata in prima persona dal pompiere Roberto Tentellini. Volò con l’elicottero a bassissima quota sull’incendio e sugli edifici vicini (nonostante fosse contrario al regolamento) per scaricare centinaia di migliaia di litri d’acqua. Del resto, fu l’intero Corpo dei Vigili del Fuoco a salvare letteralmente il Centro Storico quella notte. Memorabile l’incursione del loro Comandante Alfio Pini nel Teatro già avvolto dalle fiamme, per recuperare e portar fuori le bombole di Gpl utilizzate dalle imprese che stavano lavorando all’interno in quel periodo.
Le interviste
Vera Mantengoli mantiene la barra tra emozione ed inchiesta, conducendo interviste di formidabile chiarezza: da Felice Casson, il magistrato incaricato di coordinare le indagini, a Paolo Costa (il sindaco della ricostruzione) all’attuale Sovrintendente Fortunato Ortombina.
Quando La Fenice perse le ali
Riemergono gli attimi spaventosi di quella notte e tutto ciò che ne seguì: il dibattito su come ricostruire, le perizie sul dolo, i colpi di scena del processo e le tesi dell’accusa, con l’intercettazione che incastrò i due giovani elettricisti – Enrico Carella e Massimiliano Marchetti – rei di aver dato fuoco alla Fenice per non pagare una penale: erano in ritardo con i lavori che stavano svolgendo nel Teatro.
Nella Prefazione Donatella Calabi, docente di Storia delle Città all’Università Iuav di Venezia, parlando dell’accesa discussione intorno alla nuova Fenice, commenta che la sua opzione favorevole al dov’era, com’era faceva capo «assai più a ragioni sentimentali che a una valutazione culturale o a una scelta estetica».
La Fenice e il suo viaggio
Un viaggio a ritroso nel tempo, quello di Mantengoli, supportato anche da un’utile Cronologia e da un’antologia dei pezzi che il suo giornale, “La Nuova di Venezia e Mestre”, ha dedicato a questo argomento. Il processo a Carella e Marchetti durerà dal settembre 1999 al marzo del 2001, con 44 udienze. Seguirà nel 2002 il ricorso in appello, ma la Cassazione nel 2003 confermerà la condanna dei due.
La Fenice risorge dalle sue ceneri
L’autrice dedica spazio alle fasi della ricostruzione, fino alla riapertura del Teatro, il 14 dicembre 2003, attraverso il racconto di Paolo Costa, il sindaco di allora, e le testimonianze dei veneziani. Un percorso a tappe forzate, documentato nel volume anche nella sezione fotografica Dal rogo alla rinascita, con scatti di G. Tagliapietra e M. Crosera.
La testimonianza dell’allora sindaco
Alla domanda sui suoi sentimenti personali rispetto alla nuova Fenice, l’ex sindaco si lascia andare: «Mi sembra sempre di entrare in casa (…) E poi l’orgoglio, professionale, da ex ministro dei Lavori pubblici, di aver concluso l’“appalto perfetto” nei tempi stabiliti, entro il budget assegnato e con risultati di piena soddisfazione. Un “modello Genova”, come si usa dire adesso, ante litteram …».
La nuova Fenice
Il nuovo Teatro La Fenice, nella rielaborazione curata da Aldo Rossi, è anche l’occasione per riflettere sul nostro presente. Per Vera Mantengoli – trevigiana, ma ormai veneziana di fatto da decenni, giornalista e counselor – ricostruire il caso Fenice significa comprendere che la città è un organismo vivo: «In una Venezia teatro di un crescente spopolamento, vittima di una monocultura turistica e segnata dal passaggio della pandemia – scrive – mai come oggi il racconto dell’incendio della Fenice risuona come un grido per ricordarci che i luoghi dove si respira cultura sono una necessità vitale per la città».
Il suo libro, avvincente come un romanzo, convincente prova di cronaca giornalistica, suscita in noi anche inquietanti interrogativi: di tanta coerenza, di tanta pervicacia saremmo ancora capaci?
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