“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”. In questa frase del grande scrittore argentino Jorge Luis Borges c’è l’essenza del gioco del calcio. Nella sua semplicità, nella sua immediatezza , nella sua capacità di abbattere le barriere meglio di qualsiasi arma. Perché non c’è nulla di più naturale per un bambino che prendere a calci un pallone e non c’è nulla di più aggregante di un pallone lanciato in campo in mezzo a un gruppo di ragazzi. Potete mettere insieme in modo casuale uomini e bambini di ogni fascia d’età, di nazioni diverse, ognuno portatore di una lingua differente. Per farli comunicare basterà un pallone, la vera lingua universale del mondo.
C’è stato chi il pallone lo voleva rubare
Durante la settimana appena vissuta, il mondo del calcio si è interrogato su quale potesse essere il suo futuro e se questo, con la nascita della tanto discussa Superlega, potesse essere degno della storia secolare di questo sport.
Facciamo però un passo indietro
Nella notta tra domenica e lunedì, dodici club europei annunciano la fondazione della già citata Superlega, competizione europea di massimo prestigio a cui avrebbero dovuto prendere parte un totale di venti squadre. Il tutto finanziato dalla celebre banca statunitense JP Morgan, nota tristemente alla cronache per essere stata una delle madri della truffa dei maledetti mutui subprime, responsabili della disoccupazione per milioni di persone. La nascita del torneo sconvolgerebbe il calcio, dall’esclusione delle società partecipanti dai campionati nazionali a quella dei giocatori dalle proprie nazionali, con conseguente fine dei vari tornei e di competizioni come mondiali ed europei.
Nessuno può portarci via il pallone
L’Uefa e le federazioni nazionali insorgono e minacciano sanzioni pesanti e i club della Superlega sono costretti a ritirarsi dal torneo. La figuraccia ormai è fatta. Le società inglesi cercano di salvare la faccia e si scusano immediatamente con i tifosi, il Presidente del Liverpool si dichiara unico responsabile dell’accaduto e l’Arsenal, con una lettera pubblicata sul proprio sito, ammette lo sbaglio. Le società italiane, se non il Milan con Maldini mercoledì sera, Barcellona e Real Madrid rimangono però convinti della bontà e della necessità del progetto.
Il pallone non si tocca
Pep Guardiola ci mette la faccia e, pur allenando il ricchissimo Manchester City, club tra i promotori della Superlega, critica apertamente il progetto. In Italia, purtroppo, Andrea Pirlo, tecnico della Juventus, non fa altrettanto, forse per non contraddire il suo presidente. Le sue dichiarazioni sono patetiche, non in linea col suo glorioso passato da calciatore. “E’ uno sviluppo per il mondo del calcio”, sentenzia l’ex regista della nazionale campione del mondo nel 2006.
Perchè la Superlega
La ratio dell’istituzione della Superlega è facilmente intuibile, molte di queste società negli ultimi anni hanno solo aumentato i propri debiti, tanto che se non si chiamassero in quel modo sarebbero con ogni probabilità fallite. Spese folli che superano ogni logica economica (pensiamo a Dembelé e Coutinho che sono costati un totale di 270 mln al Barcellona). Spese che portano i presidenti di queste squadre ad affermare in coro: “Ci sono club che hanno perso centinaia di milioni, nel 2024 saremo (calcisticamente) morti”.
Ricominciare dal pallone dei bambini
Questa eventualità, però, non farebbe che il bene del calcio. Vedere club così prestigiosi obbligati a rinunciare a spese folli e ad iniziare una costruzione dal proprio settore giovanile sarebbe meraviglioso. Ogni imprenditore, anzi ogni comune cittadino, quando ha problemi economici cerca sempre di diminuire le spese, limitando, o addirittura azzerando, gli investimenti che il precedente benessere gli consentiva. Nel calcio, da alcuni anni, non è così. Chi è ricco può indebitarsi quanto gli pare, chi è povero fallisce. Basta pensare all’Inter cinese guidata da Antonio Conte. La società nerazzurra paga gli stipendi con grave ritardo ma non subisce nessuna sanzione a differenze di altre società di serie B e C.
I soldi non si possono tirare come un pallone
Creare un torneo del genere, della quale fai parte solamente se hai soldi o meglio se ti puoi permettere di spendere anche quelli che non hai, non ammazza il calcio, bensì lo sport, di cui la Superlega rappresenta l’esatto contrario. Come si potrebbe definire un campionato che non prevede meriti sportivi e che uccide ogni tipo di competizione? Una riforma del genere, che ad alcuni appassionati può ingenuamente piacere, sputa su oltre un secolo di storia di questo sport. Senza obiettivi, se non quelli economici, viene a mancare l’agonismo, ovvero l’impegno e la dedizione per il conseguimento di una vittoria. Vincere la Superlega, o arrivare il più in alto possibile in questa classifica, porterebbe solo maggiori entrate economiche, né prestigio né soddisfazione sportiva. Non ci sarebbe più spazio per i miracoli sportivi, che, del resto, a livello di competizioni internazionali sono già morti da tempo.
Fifa e tifosi
Quando la FIFA ha giustamente alzato la voce e i tifosi, soprattutto quelli inglesi, sono scesi in campo, la maggior parte delle società firmatarie del progetto (tutte le inglesi) si sono ritirate. Il Real Madrid e la Juventus, le più convinte dell’idea sono così rimaste sole e il povero Andrea Agnelli si è beccato una serie di offese da addetti ai lavori del calcio europeo.
Cosa accadrà?
E ora cosa succederà? Sinceramente, non siamo ottimisti. Il progetto è stato momentaneamente accantonato ma siamo sicuri Real Madrid e Barcellona torneranno alla carica, magari allargando il numero dei partecipanti. Forse anche le tre italiane Juventus, Milan e Inter, tutte indebitate, si riproporranno. Forse Andrea Agnelli non sarà della partita, voci di corridoio lo indicano come prima vittima di una lotta fratricida con il ramo Elkann della famiglia per la guida dei bianconeri.
Date un pallone e un libro di storia della Juventus ad Andrea Agnelli
Qualcuno dia un pallone ad Andrea Agnelli. Ci perdoni il presidente della Juventus, ma forse gli farebbe bene leggere la storia della sua società, nata dalla passione per questo sport da un gruppo di studenti del mitico liceo D’Azeglio di Torino.