In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, si è parlato delle molteplici forme di violenza che le donne subiscono: partendo da quella psicologica, verbale, economica, fino a quella fisica. Molte donne subiscono danni al volto, ricordiamo i casi drammatici di alcune di esse colpite dall’acido e molte altre arrivate al pronto soccorso con tumefazioni al viso, che mettono in evidenza molte volte danni importanti al naso, agli zigomi, alle mandibole ai denti. In questo caso gli specialisti che si occupano di loro sono molto spesso i chirurghi maxillofacciali, che riconoscono immediatamente l’origine del trauma.
Va detto che non esite una forma di violenza più forte e meno pericolosa di un’altra perché tutte lasciano un segno, un segno nell’anima, un segno nella mente e tante volte segni sul corpo, segni che agli occhi degli operatori sanitari, adeguatamente preparati non sfuggono e quando una donna si rivolge ad un pronto soccorso molte volte si trova accompagnata dalla stessa persona che l’ha ferita e non ha il coraggio di parlarne e tantomeno di denunciare.
Il dottor Guido Bissolotti è chirurgo maxillofacciale. Si è laureato al San Raffaele di Milano e si è specializzato presso l’Università di Verona. Ha acquisito il titolo di master universitario di II livello in Chirurgia Plastica del distretto facciale, presso la divisione di Chirurgia Plastica dell’Università Tor Vergata di Roma. Ha lavorato presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, la divisione di Chirurgia Plastica dell’Ospedale Chang Gung Memorial Hospital di Taipei (Taiwan), la divisione di Chirurgia Maxillo Facciale dell’Ospedale di Udine. Attualmente presta servizio presso la UOC di Chirurgia Maxillo Facciale del Policlinico di Padova.
Perché ha scelto questa specializzazione?
“La scelsi dopo gli studi di medicina e chirurgia, avevo un ventaglio ampio di possibilità, anche se in parte, avendo il papà dentista, l’odontoiatria sembrava essere l’ipotesi più vicina, ma poi capii che ero interessato maggiormente al volto. La chirurgia maxillo facciale si occupa della diagnosi, del trattamento e della correzione delle condizioni patologiche, congenite e traumatiche riguardanti lo scheletro facciale e la zona mascellare. Si tratta di una disciplina che richiede una profonda conoscenza dell’anatomia cranio-facciale, di avanzate tecniche chirurgiche e della gestione di eventuali complicazioni durante l’operazione”.
Che cosa fa un chirurgo maxillo facciale?
“Il chirurgo maxillo-facciale ha una vasta conoscenza dell’anatomia facciale e delle strutture ossee e muscolari. Interviene al crocevia tra estetica e funzionalità ed è preparato per affrontare una gamma diversificata di condizioni, come la correzione di malformazioni congenite quali labbro leporino e palatoschisi, volta a restituire ai pazienti sia la funzionalità che l’armonia del sorriso; la riparazione di danni causati da traumi, incluse fratture complesse del viso, al fine di garantire una ricostruzione che mira al pieno recupero estetico e funzionale ;la rimozione di tumori benigni e maligni del viso e della cavità orale, eseguita tramite un approccio che minimizza l’impatto estetico dell’intervento e mantiene la funzione masticatoria e di parola; la gestione di disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare, finalizzata al miglioramento significativo della qualità della vita del paziente attraverso la riduzione del dolore e il ripristino della funzione”.
Quando ricorrere all’intervento dello specialista?
“L’intervento di un chirurgo maxillo-facciale si rende necessario in molteplici scenari, che spaziano dalla correzione di difetti estetici o funzionali a trattamenti più complessi. Tra questi menzioniamo:gli interventi di ortognatodonzia, nei quali la chirurgia si combina al trattamento ortodontico per correggere gravi malocclusioni e disallineamenti delle mascelle ;la ricostruzione facciale post-traumatica o post-oncologica, che ha l’obiettivo di ripristinare il più fedelmente possibile l’aspetto originario del viso; l’implantologia avanzata, per il ripristino di denti mancanti, tramite l’inserimento di impianti in titanio, che richiede una comprensione approfondita della struttura ossea facciale.
La chirurgia oncologica maxillo-facciale si focalizza sul trattamento chirurgico dei tumori del cavo orale e del viso. L’intervento chirurgico attualmente è la prima scelta terapeutica di guarigione laddove risulti praticabile per l’estensione e la tipologia del tumore. L’area anatomica comprende strutture nobili da preservare e altre da sacrificare, quindi operarla risulta molto complesso. È necessario adottare un approccio multidisciplinare e collaborare con specialisti come l’oncologo, il radioterapista, l’otorinolaringoiatra e il logopedista”.
Nel caso di pazienti donne che arrivano in sala operatoria per una forma traumatica come comprende che si può trattare non di una caduta accidentale, ma da un pugno o da un calcio, quindi di una vera propria forma di violenza fisica?
“La prima cosaper capire l’origine del trauma è già parte del personale di prima assistenza a cui le donne si affidano, ma spesso le donne descrivono l’origine del trauma in seguito a cadute o incidentali domestici. Ma noi abbiamo modo di vedere subito l’origine del trauma, se ad esempio arriva una paziente con zigomo o mandibola rotta, è immediato già da una prima osservazione che il trauma deriva da una violenza e non da un incidente, l’equipe provvedere a ricostruire nel miglior modo possibile il volto preservando le caratteristiche originarie del volto. Ci sono segni e deformazioni precise del volto che ci fanno capire che non è stato cadere sul marciapiede, ma un pugno in faccia”.
Quale è stato il caso più difficile a cui si è trovato di fronte?
“Ogni caso ha la sua storia, ogni trauma la sua origine e la sua cura, noi siamo pronti per curare, che non vuol dire sempre salvare. Quello più difficile: una ragazza colpita in piena faccia da un colpo di arma da fuoco sparato dal padre. Non è facile. Curare nell’immediato, cercaredi applicare la chirurgia velocemente per recuperare quanto possibile e preservare le parti fortemente danneggiate”.
Una volta concluso l’intervento, la paziente segue un iter in cui voi continuerete a farne parte?
“Nella maggior parte dei casi le pazienti vengono assegnate a colleghi specializzati nell’ambito della psicologia, che le seguono nella fase post traumatica e post operatoria. Le accompagnano alla nuova accettazione di loro stesse, come accettare una cicatrice o altre ferite, che noi nel percorso successivo attraverso la chirurgia plastica o la medicina estetica abbiamo modo di ripristinare, ovviamente nel rispetto dei tempi di recupero della paziente”.
Qual è la finalità ?
“La finalità è quella di recuperare il più possibile le caratteristiche di origine del volto, poiché il viso è identità, se pensiamo ai documenti , noi siamo riconoscibili attraverso una fotografia che ci rappresenta di fronte al mondo intero per il volto che abbiamo, la nostra vera identità. Ecco che riportare la paziente più possibile alla sua immagine prima del trauma, oltre alla risoluzione dello stesso, è anche donare loro l’identità perduta. La finalità del maltrattante è proprio quella di togliere la bellezza della donna, deformandone i connotati. Con l’intento di farle il dispetto più profondo possibile, colpendola nell’aspetto estetico, per svuotarla oltre della sua identità ed unicità, ma anche e soprattutto ripeto della sua bellezza, magari per rabbia, gelosia, possesso…”
Alcuni dati
Dagli studi sulla prevalenza delle fratture maxillo-facciali associate a violenza domestica, emerge che i traumi alla regione maxillo-facciale da violenza domestica sono solitamente rappresentati nel 38% dei casi da frattura alla mandibola, nel 29% dei casi da frattura dentale, nel 21% dei casi da frattura allo zigomo e nel 12% da frattura nasale. Tra i traumi dentari il 45% erano fratture della corona, il 36% frattura della radice, il 17% sublussazioni e il 2% intrusioni.