Povere le isole abbandonate della laguna. C’è qualche speranza per voi? Vedere Santo Spirito, ricca di storia, lungo il canale di Poveglia, semidistrutta, mi stringe il cuore. Così anche Madonna del Monte vicina a Burano, in pratica scomparsa e ridotta a barena. In ogni isoletta c’è una storia secolare da raccontare. Se percorrete in macchina il ponte della Libertà, noterete la forma circolare, ricca di alberi, di San Secondo, a circa 100 metri dal trasnlagunare. Oggi è appena un ettaro, in pratica sono scomparsi anche i resti della polveriera militare ottocentesca. Fino a due secoli fa era un convento domenicano con tanto di chiesa.
Le Isole abbandonate
E pensare che fino agli anni Quaranta del Novecento è stata abitata da una famiglia che produceva fertilizzanti per l’agricoltura. È la testimonianza diretta di Renzo Gambirasi, già regatante e costruttore di forcole, oggi 79enne. Suo padre Luigi, conosciuto come Gigio El Fitabatele di S.Sofia, era nato in isola nel 1915. E così tutti i suoi fratelli (ben sette) partoriti in isola dalla mamma Teresa Dei Rossi, originaria della Saccagnana a Treporti. Aveva sposato Giosuè Gambirasi, nato nel 1877, originario di Roncade. Nel 1902 si erano stabiliti a San Secondo, proprietà del Demanio militare per fare da custodi alla polveriera da poco abbandonata. Piccolo particolare, mamma Teresa, aveva messo al mondo lì i sette figli e non sapeva nuotare e odiava l’acqua. Quando si dice spirito di adattamento.
Ci si ricorda delle Isole solo per turismo
I Gambirasi andavano su e giù in barca a remi da Roncare perché le acque limpide e minerali del fiume di risorgiva Sile, era particolarmente gradito alle famiglie abbienti veneziane. Le lenzuola fatte bollire con la liscivia (ovvero cenere), praticamente un detersivo prima dei detersivi, rendeva la canapa e il lino, di un bianco splendente, che di più non si può. La pubblicità tv ancora non esisteva. Ecco il lavoro: portare con una caorlina a remi dal Sile a Venezia il bucato pronto. Ma il vecchio Giosuè Gambirasi si stabilì a San Secondo, anche perché poco distante c’era il Macello Comunale a Cannaregio. Con la solita caorlina andava a raccogliere le frattaglie di mucche e maiali, le depositava nella vecchia vigna dell’isola e poi una volta essiccata al sole, le vendeva come concime (sicuramente biologico) per i contadini di Mestre e dintorni. Appuntamento fisso al terminal di San Giuliano. Gigio Gambirasi ha lasciato al figlio alcune testimonianze fotografiche di San Secondo. Oggi l’isola torna di moda perché nel 2018 una società sarda del gruppo New Fari, la Tev (Tecnologie Ecologiche Venezia) ha deciso di avere in concessione l’isola dal Demanio, Per farne un diporto velico. Investimento iniziale di cinque milioni.
Il vecchio Gigio Gambirasi sarebbe contento, in fondo le barche erano la sua passione.
San Giacomo in Paludo
Yta le isole abbanconate, altra notizia riguarda l’isola abbandonata di San Giacomo in Paludo. Lasciata dai militari nel 1961 e utilizzata per poco tempo dalla Biennale di Venezia, nel 1975, per lo spettacolo teatrale di Jerzy Grotowski, “Apocalypsis cum figuris”. Recentemente la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, l’ha rilevata dal Demanio per farne una sede espositiva. I lavori di restauro dovrebbero terminare entro il 2024.
Per il momento, visto che l’accesso all’isola non è possibile, le immagini riprese da un mezzo pubblico, fanno vedere una ristrutturazione abbastanza invasiva che nulla a che fare con i mattoni dei vecchi capannoni militari. L’isola è ovviamente vincolata dalla Soprintendenza, per cui abbiamo fiducia nei controlli urbanistici e ambientali. Attualmente sono state completate le residenze dei proprietari della Fondazione.
Le fotografie comunque lasciano qualche dubbio. I futuri capannoni per le mostre espositive appaiono, a vista, un po’ esagerati. La Fondazione promette una conferenza stampa prima della inaugurazione. Noi ci presenteremo con una vecchia rassegna fotografica degli anni Settanta.