Dal 1979, anno della prima rinascita, puntualmente giornali e tv, tornano alla storia del Carnevale veneziano. Aneddoti, curiosità, dati di partecipazioni. Con i termini: gondola, arsenale, ciao, marionetta, pantalone, carnevale è tra le parole veneziane autoctone più conosciute al mondo. Un bellissimo saggio lo scrisse Carlo Sgorlon, narratore friulano, nel 1980. Scomodando la dea egizia Iside, i carnasciali latini e le quaresime. Il carnevale, quasi sinonimo, della grandezza (e della decadenza) della Serenissima.
Cosa pensano i residenti del Carnevale
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Ora, dopo quasi mezzo secolo dalla rinascita della festa moderna, sarebbe bello fare un censimento su cosa pensano i residenti veneziani, della kermesse in costume. Le maschere – sostengono alcuni arrabbiati – fanno una profonda tristezza, una parata di esibizionisti con abiti sontuosi del ‘700, una grande rompitura di scatole, con molti residenti pronti ad abbandonare momentaneamente la città e andare in vacanza, proprio per evitare il trambusto.
Agli esordi c’era più allegria e coinvolgimento, specie tra le giovani generazioni. Grandi provocazioni, come l’insegnante dell’Accademia, Giorgio Spiller che iniziò a mascherarsi da fallo, poi da sesso femminile, per passare al sedere colorato e alle tette. Per concludere con “cacca dura” e “cacca molla”. Grande spontaneità. La prima volta fu bloccato dalla Polizia, poi tutto filò liscio e iniziarono le imitazioni. Divenne un personaggio mondiale.
Riavvolgendo il nastro della memoria, il Carnevale veneziano moderno, nasce a…Burano
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Negli anni Sessanta fu l’associazione culturale e artistica dell’isola dei merletti, a proporre una festa con carri allegorici e maschere in tema. L’artefice, oggi ultra novantenne, si chiama Emilio D’Este. “Dopo pochi anni – ricorda l’anziano buranello – a ogni martedì grasso l’isola si riempiva all’inverosimile, con giovani che riempivano la piazza fino al mattino per poi tornare a Venezia con il primo vaporetto, quello delle cinque, di solito occupato dai vetrai diretti a Murano. Fu così che nel 1979, il sindaco socialista Mario Rigo, stanco della farina buttata per strada e di atti di vero e proprio teppismo urbano, soprattutto studentesco, pensò di ripetere l’esperienza di Burano direttamente a Piazza San Marco. All’inizio fu deriso dalla politica locale. Il ministro Gianni De Michelis lo rimproverò: “Mario, ma non ti gira altro per la testa”. Il vicesindaco Gianni Pellicani profetizzò: a nessuno interessa il Carnevale, i giovani non li comandi…
Un mio ricordo
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Ricordo personalmente il sindaco Rigo che in pieno Carnevale sospese il Consiglio per andare a vedere le maschere a San Marco. “Ma dove ti va?”, gridarono i denigratori. E lui: a vedere i 20 mila giovani in Piazza e capire come si divertono con Radio Vanessa e le frittelle di Rosa Salva…”. L’anno successivo la genialata di coinvolgere culturalmente la Biennale e affidare le manifestazioni a Maurizio Scaparro, un vero genio teatrale. Bruno Tosi, invece, coinvolgerà la Fenice. La stagione turistica e culturale veneziana, preconizzò Mario Rigo, era così allungata.
E oggi? A parte gli indubbi benefici, per esercenti e commercianti, traspare un senso di stanchezza e di ricambio motivazionale.
La prima domenica di Carnevale, c’era più gente a Piazza Ferretto a Mestre, che a Piazza San Marco…