Una domenica di settembre nel Ghetto veneziano, alla scoperta delle tante meraviglie artistiche e storiche che l’area riserva ai visitatori. Oggi ricorre la ventitreesima Giornata Europea della Cultura Ebraica, e il calendario degli eventi è fittissimo: visite guidate in italiano ed in inglese, per scoprire la storia degli ebrei a Venezia e visitare le due splendide sinagoghe sefardite. Un incredibile colpo d’occhio dall’alto dei matronei, del tutto inusitato, e l’illustrazione del magico Giardino Segreto della Scola Spagnola, un tuffo nelle Scritture bibliche a caccia delle piante e dei frutti che ne hanno contraddistinto la trama. L’invito a ritrovarsi in Ghetto, per una condivisione con la città, tanto desiderata quanto frustrata negli ultimi anni, emerge tutto nel saluto di Michela Zanon, responsabile della gestione dei servizi al pubblico del Museo ebraico: «È bello riscoprirsi, ritrovare l’entusiasmo della conoscenza. Siamo felici di accogliere chi abbia voglia di accostarsi alla cultura ebraica e di venire in visita. Lo aspettiamo a braccia aperte».
Il Ghetto e il rinnovamento

La parola chiave dell’edizione 2022 è perfetta, perché connota i nostri tempi difficili come un auspicio: rinnovamento. Si tratta di una parola importante per l’ebraismo, così legata alla natura e all’alternarsi delle stagioni, ai ritmi della terra, ed importante anche da un punto di vista etico, per tutti: rinnovarsi, migliorare possibilmente, per opporre proposte concrete a derive che appaiono inevitabili, un occhio ai cambiamenti climatici ed uno alla necessità della pace.
Così, nella Giornata Europea veneziana è prevista anche un’attività laboratoriale destinata ai più piccoli sul Capodanno degli Alberi, una festa che simboleggia efficacemente il rinnovarsi della natura ed il suo rapporto con l’umano.
Nel Ghetto si lavora ai restauri

Tuttavia, c’è molto di più: a simboleggiare la volontà di futuro, proprio in campo di Ghetto Novo, proseguono i lavori di restauro e ristrutturazione della sede del MeV, il Museo ebraico di Venezia, destinato a divenire un polo di aggregazione e sperimentazione culturale a livello nazionale ed internazionale. Nelle dichiarazioni della sua direttrice Marcella Ansaldi, l’intenzione è ben definita: «Il Museo rinnovato nelle sue strutture architettoniche dovrà essere morbido, fluido, capace di ridefinirsi nella narrazione, nel rapporto con il pubblico e nell’offerta culturale – sostiene Ansaldi – Dovrà saper essere un non-museo, dove nulla è statico ed immodificabile, così lo immagino e lo desidero. Un luogo dove la vivacità del pensiero e la forza della riflessione si respirino nell’aria». A tal proposito, è anche prevista per questa mattina alle 11:00 in Sala Montefiore (Ghetto Vecchio) una tavola rotonda dal titolo “Dal ghetto alla città, strategie di rinnovamento”, a cui parteciperanno David Landau (Fundraiser per il progetto di restauro del complesso museale), Melissa Conn (Save Venice) e Alessandro Pedron (apml studio di architettura, Direzione lavori).
Il momento di riflessione
Così questa Giornata dalle tante iniziative (tutte le visite e le attività sono gratuite) diviene anche un’occasione insostituibile per riflettere su quanto l’interscambio culturale, la conoscenza reciproca possano contare in una società civile. A giudicare dal successo delle edizioni precedenti, moltissimo. Un altro degli eventi previsti per il pomeriggio di oggi, nella cornice suggestiva del Giardino Segreto, è appunto la presentazione di un volumetto utile, Domande frequenti sul Ghetto di Venezia di Alon Baker, illustrazioni di Michal Meron, Scala Mata edizioni: vademecum semplice per questioni complesse, per contrastare pregiudizi, una valida guida per tutti.
Poi, visto che anche la gola vuole la sua parte, il nuovo ristorante kosher Ba-Ghetto ha approntato per oggi un menu speciale per la Giornata.
Il Ghetto si apre alla musica
A concludere, alle 18:00, avrà luogo in campo di Ghetto Novo (in caso di maltempo in Sala Montefiore, in Ghetto Vecchio) un concerto esclusivo (e anch’esso gratuito, anche se è meglio prenotare all’indirizzo prenotazioni.mev@coopculture.it) del cantautore Michele Gazich, con Marco Lamberti. È prevista la partecipazione di due ospiti d’eccezione: il grande Gualtiero Bertelli, ossia la canzone veneziana fatta persona, e Maurizio Bettelli, musicista e traduttore di tutto Woody Guthrie per Feltrinelli.
Chi è Michele Gazich

Michele Gazich, bresciano di nascita, scrittore di canzoni, come ama definirsi, violinista e cantautore di fama, da oltre trent’anni calca i palcoscenici internazionali, dipanando il proprio messaggio tra poesia, musica ed impegno civile. È stato tra i pochi ad interpretare le proprie canzoni in contesti come Palazzo Marino sede del Comune di Milano o al Senato Spagnolo di Madrid. Sempre innamorato delle radici, le proprie e quelle degli altri; sempre contro la stupidità dilagante, l’idiozia di chi non riconosce che nella differenza sta la ricchezza maggiore. Negli anni scorsi, Michele ha suonato prevalentemente negli Stati Uniti, un’esperienza culminata nell’album Rifles & Rosary Beads, a cui ha lavorato con la songwriter Mary Gauthier, album che ha ottenuto una nomination ai Grammy Awards. Oggi, a Venezia, in una cornice a lui cara, Gazich incontrerà il pubblico con una performance dal titolo Shekinah / Nuove canzoni per tornare ad abitare sé stessi, in cui si alterneranno brani celebri ad altri meno noti, o addirittura inediti.
L’intervista
Lo abbiamo incontrato per enordest.it. La barba più corta, l’aria rilassata di chi si sente a proprio agio, nel posto giusto. L’amato violino nella custodia.
Partiamo dal titolo, che significa?
«Il titolo viene da lontano. Sono da sempre affascinato dal concetto ebraico di Shekinah, che etimologicamente significa “dimora” e sta ad indicare la scintilla del Signore, la luce divina. Il chinarsi paradossale del divino verso l’uomo, anzi, l’abitare del divino nell’umano … così, una decina di anni fa ho scritto una strana canzone, intitolata appunto Shekinah
e poi ho impiegato tutto questo tempo a chiedermi cosa volesse dire. – Michele sorride – Lo sai? Inaspettatamente, è stato uno dei miei brani più ascoltati attraverso il link on line, e ha continuato a parlare a tante persone. Per dieci anni non l’ho più suonata»
E ora, ce la farai risentire?
«Ora torno a quelle tematiche con una misteriosa fedeltà, anzi, ci ho costruito intorno un concerto. Si tratta di un tentativo, in musica e parole, nel mondo complesso di oggi, abbruttito dalle guerre e socialmente sfrangiato dal post-pandemia, di trovare un modo per tornare ad abitare sé stessi.»
Con Shekinah, il programma del concerto prevede l’esecuzione di molti brani tratti dall’album Temuto come grido, atteso come canto. Una storia tutta veneziana, tragica, scritta nell’ottobre 2017 nell’isola di San Servolo, a cui ha partecipato anche Gualtiero Bertelli.
Sa San Servolo al Ghetto

«Quel mese – racconta Gazich – ho vissuto proprio lì, a San Servolo, ospite del progetto Waterlines – residenze artistiche e letterarie a Venezia. L’isola che fu manicomio dal 1725 al 1978. Ogni giorno trascorrevo la mattinata nell’archivio dell’ex-manicomio, e il pomeriggio e la notte a scrivere. Sai, in un altro ottobre non così lontano nel tempo (l’11 ottobre del 1944) dall’isola di San Servolo vennero “ritirati”, questo l’orribile termine burocratico che ho letto sulle cartelle cliniche, gli ebrei presenti nel manicomio, per essere deportati nei campi di sterminio nazisti … Un’onda di commozione mi ha investito: ho guardato i loro visi, ho riletto le loro storie. Nel tentativo di restituire qualcosa di questa vicenda, mi sono dato la missione di raccontarla … ogni canzone narra una di queste persone».
C’è una bella definizione del tuo operare, che ti rappresenta appieno: canzoni come case di memoria
«Mi ci ritrovo, in effetti. Un mattone alla volta, scegliendo di coinvolgere attivamente anche il significante, ossia le parole»
Senza scordare Argon, la tua ultima produzione
«Anche in questo caso, siamo nel posto giusto! Argon è uscito nel 2021, anch’esso legato alle tematiche della memoria. Dal titolo dell’album, alla canzone omonima, è dedicato ad un altro grande testimone, Primo Levi. Ricordi i ventun elementi della tavola periodica a cui Levi dedica i racconti de Il sistema periodico? Di tutti i gas nobili, l’Argon viene definito “inerte e raro”. L’autore, nel racconto Argon, descrive i suoi antenati ebrei piemontesi, il loro vivere ai margini in un atteggiamento di dignitosa astensione, per necessità o per scelta»
Una condizione di diversità che tu hai esteso anche al lavoro dell’artista …
«Se escludiamo rari casi felici, il lavoro dell’artista è spesso segreto, negletto dalla società, considerato in apparenza inutile. Invece è fondamentale per la sopravvivenza del mondo. Come l’altrettanto segreto lavoro delle api e dei lombrichi, nell’alto dei cieli o sottoterra».
Chiudiamo con una chicca, un’anticipazione del concerto in Ghetto. Michele presenterà anche un inedito, Alice nel paese di Chagall, in cui una contemporanea Alice – con i tratti della Sulamita – si perde nella magia chagalliana. E noi con lei, c’è da scommetterci.