Vederla correre è stato sicuramente un piacere, fin da quando poco più che ragazzina vinceva i suoi primi titoli regionali nella categoria allieve. Oggi all’età di quarantacinque anni la grande velocista Manuela Levorato (senza alcun dubbio la più forte d’Italia senza nulla togliere a Giusy Leone e Marisa Masullo), nata a Dolo ha deciso di raccontarsi in un libro (stampato da Grafica Veneta) dal titolo “La corsa, le mie ali” con la collaborazione della psicologa Silvia Miazzo e del giornalista Lino Perini.
Il Libro di Manuela
Nel volume dove non manca la dedica ai figli Giulia, Gabriele, Ginevra e al compagno Luca (l’ex velocista azzurro Luca Simoni n.d.r.) non si parla solo della carriera sportiva di Manuela, ma c’è ampio spazio anche per la sua vita privata al di fuori della pista e senza scarpette chiodate, quelle scarpette che la portarono a stabilire il record italiano dei 100 metri con il crono di 11”14 nel 2002, un tempo che a distanza di ventuno anni è ancora saldamente primato italiano.
La storia di Manuela
Ma veniamo in “sintesi” al libro che offre al lettore anche l’infanzia di Manuela dettata da una grave malattia. All’età di sei anni nel 1983, quando la Riviera del Brenta era funestata da episodi legati alla malavita e tutta la popolazione viveva una sorta di incubo, venne colpita da una brutta forma di tubercolosi che la portò a peregrinare per diversi ospedali e a sottoporsi a una serie di cure molto pesanti da sopportare per una bambina di sei anni.
Il coraggio di Manuela
Con grande forza e coraggio ne venne fuori, lei quarta figlia della famiglia Levorato, mamma Franca, papà Luigi e i tre fratelli Gabriele, Luca e Barbara. Uno “scoglio” superato e la vita continua. All’inizio delle scuole medie inferiori decide di provare con il nuoto e s’iscrive nella piscina di Dolo. Arrivano subito i primi riscontri positivi tant’è che in “vasca” supera tutti i maschietti di pari età. Però questo non basta a convincere gli allenatori dell’epoca che nonostante nuotasse come un “motoscafo” pensarono che il problema legato alla sua precedente malattia potesse in qualche modo pesare sull’attività agonistica e così chiuse con il nuoto.
Prima le arti marziali
Poco male, si orientò sul karate dove in pochissimo tempo ottenne la cintura arancione saltando addirittura il passaggio di quella gialla. Ma si trattò di una breve parentesi perché l’atletica leggera e in particolare la velocità era nell’aria. Con una sua amica, Raffaella Vanzan che si dedicava già al mezzofondo, decise di recarsi a Mira e prendere contatti con la locale società Libertas. Nacque il famoso sodalizio con il prof. Mario Del Giudice, che vide in lei subito le doti per arrivare in alto, molto in alto. Un binomio che durò per tanti anni e portò Manuela a raggiungere traguardi incredibili.
Manuela e l’amore per l’atletica
All’inizio non furono rose e fiori, ma allenamenti durissimi alla quale venne sottoposta da Del Giudice, che però aveva intuito il “motore” e la caparbietà di questa ragazza. Alla prima uscita vince i sessanta metri indoor a Padova (su quella pista ventuno anni dopo disputò la sua ultima gara agonistica) con il crono di 7”6. Si arriva alla fine del 1994 quando vince i primi titoli regionali allieve sui 100 e 200 metri. L’anno successivo il 1995 arriva la prima chiamata per la maglia azzurra (in carriera ne collezionerà ben trentatré) con la squadra juniores.
Parteciperà ai campionati europei di categoria in Ungheria senza brillare in maniera particolare a livello individuale, ma con un finale pazzesco porterà il quartetto 4X100 alla medaglia d’argento. Di seguito parteciperà ai mondiali di Atene nel 1997 e l’anno successivo stabilirà il nuovo primato italiano dei 200 metri con il crono di 22”86. Da notare che il primato precedente lo deteneva Marisa Masullo con 22”88.
I capolavori
Il racconto del libro entra nel vivo con uno dei due “capolavori” di Manuela ovvero quando nel 1999 a Goteborg nei campionati europei under 23 conquista due medaglie d’oro pazzesche sui 100 e 200 metri. Il suo nome ormai rimbalza su tutti i giornali sportivi e non. E’ diventata una star. Nel 2000 ci sono le olimpiadi di Sidney e Manuela parte con le sue belle speranze.
Purtroppo ecco arrivare la sfortuna
La pista d’allenamento di Brisbane appare molto dura e le causa un tremendo dolore al piede destro. Proverà fino allo stremo a gareggiare ma nulla da fare, sarà costretta a ritirarsi con grande delusione da parte sua e di tutto lo staff azzurro. Proverà anche a sottoporsi ad una infiltrazione ma l’esito sarà negativo, addirittura le porterà un notevole gonfiore all’arto. In quell’occasione vennero fuori anche delle cattive illazioni sull’episodio e c’era chi non credeva al suo male effettivo. Per contro Manuela convocò subito una conferenza stampa facendo vedere a tutti i giornalisti le condizioni del suo piede! Nello stesso anno però ebbe il piacere di ricevere i complimenti dall’immenso Pietro Mennea al termine della sua gara disputata nel meeting “La disfida di Barletta” organizzato proprio in onore del grande campione olimpico.
Un’accusa ingiusta
Un altro momento difficile nella carriera di Manuela lo troviamo nel 2005 quando parte per i campionati del mondo di Helsinki, pur non essendo al top della forma per problemi fisici. Decide di partecipare ugualmente e supera i quarti di finale seppur con un tempo mediocre per le sue reali ed affettive possibilità. Subito dopo decide di fare rientro in Italia e lascia i mondiali. Esplode una polemica con le colleghe staffettiste, ma lei dichiara di aver concordato con Silvaggi, all’epoca direttore tecnico della federazione italiana, il suo rientro. Messa sotto accusa, verrà però assolta dalla Commissione giudicante della federazione che non rileverà alcuna violazione del codice di comportamento degli atleti, riconoscendo che il suo caso era stato concordato.
Manuela vanto d’Italia nel Mondo
Tanti momenti importanti e decine e decine di gare vinte in Italia e nel mondo collezionando tra l’altro tredici record italiani tra le varie categorie e diciassette titoli nazionali. C’è spazio anche per il “gossip” e visto che oltre ad essere una grande atleta è anche una bella ragazza, arrivano le proposte per sfilate di moda alle quali non si sottrae, partecipazioni a programmi televisivi e non manca il calendario dal quale è stata tratta la foto di copertina del libro.
Manuela vola anche come “Angelo”
La sua nota spericolatezza e la sua avvenenza, oltre che essere veneziana, la portano anche a ricoprire il ruolo dell’Angelo che apre il Carnevale di Venezia. Avverrà nel 2006 quando riceverà una telefonata da Alessandro Dal Prà, allora produttore e regista del carnevale veneziano. Un’esperienza meravigliosa quella del cosiddetto “Volo della Colombina”, che si porterà dentro quasi come le volate dei suoi 100 e 200 metri. Potremmo scrivere di questo libro ancora “fiumi di parole”, ma l’importante è che abbia scritto lei, Manuela Levorato, e abbia avuto il coraggio di raccontare non solo le gioie ma anche i dolori attraversati senza mai arrendersi. Ora in bocca al lupo per la carriera da dirigente sportivo!