L’emersione di riflessioni “amare” su ciò che la vita pone quotidianamente sotto il nostro sguardo. Rilette attraverso le lenti dell’ironia giocosa di personaggi al limite del fiabesco, per scoprire che invece è proprio il sogno a riportarci la crudezza della realtà.” Il “Circo del gitano”, la personale di Francesco Casati è questo e molto di più. In mostra alla Libreria Minerva di Padova in via del Santo, l’esposizione è indubbiamente un viaggio nell’inconscio di ognuno di noi.
Il male visto da Casati
Casati, classe 1990, veronese di nascita e veneziano d’adozione, ci accompagna con dolcezza e disincanto nei meandri di ciò che è difficile pronunciare: l’abuso, la violenza, la sopraffazione, il male in tutte le sue declinazioni. Lo fa con l’arma dell’ironia, della satira quasi bambinesca. Il risultato, però, è ancora più deflagrante. L’artista ci mette di fronte i personaggi di un “bestiario” che parla il linguaggio dell’abisso, un abisso noto a ciascuno e che indossa di volta in volta la maschera più benevola e disorientante.
Una guerra alla fine del mondo
Come racconta nel suo testo critico Roberto Nardi, giornalista e curatore della mostra, il titolo della personale di Casati, straordinariamente bello, è tratto dal romanzo di Mario Vargas Llosa “La guerra della fine del mondo” edito da Einaudi. Nel circo del gitano, i personaggi dalla Donna Barbuta al Nano, sono metafore, archetipi delle nostre emozioni, paure, ossessioni. Che Francesco Casati attraverso un lavoro di condivisione con il curatore ha portato su tela e pannelli di legno, gran parte delle opere esposte sono totalmente inedite e realizzate appositamente per il ciclo del Gitano.
Il lavoro di Casati
Casati, che per queste opere ha lavorato con acrilico e olio, ha spiegato la necessità di avere creato due formati differenti uno 30×25 cm per le tavole in legno e formati più grandi 140×168 per le tele.
“Sono stati realizzati due formati differenti – racconta mentre visito con lui la bellissima mostra alla Libreria Minerva di Padova – quelli piccoli sono tavolette di legno che mi permettono di trovare una pelle del quadro, non solo aggiungendo materia ma anche sottraendola. Inizio sempre creando una trama del quadro all’interno delle quali vado ad inserire o a scoprire le immagini, il legno mi consente di operare in questo modo.”. L’ispirazione che Casati accoglie sembra provenire da un mondo fiabesco, anche se l’incanto è la chiave che nasconde verità più crude e spesso crudeli. Come in “Raptus” in cui vediamo una coppia che sembra accennare un passo di danza, ma che in realtà richiamano un atto di sopraffazione e violenza.
Un artista giovanissimo
“E’ difficile trovare un punto di raccolta dell’ispirazione – sottolinea l’artista veronese che è diplomato di primo livello all’Accademia di Belle Arti di Venezia – un aspetto è sicuramente l’osservazione di ciò che accade attorno, quindi cose non sempre piacevoli o affascinanti o tenere. La fiaba rappresenta un mezzo per raccontare e rendere magico qualcosa che di fatto non lo è e che va a ripetersi senza cambiare. Nelle mie opere inserisco anche elementi che richiamano una certa crudezza, in cui scelgo, però, la modalità per renderle dolci, posso scegliere se farle bruciare o meno.
L’altro aspetto che emerge credo sia legato alla mia infanzia, alle storie o semplicemente a quando ti estranei dal mondo per perderti in qualcosa che vedi solamente tu. Nel mio lavoro sviluppo il processo di incontro tra l’immaginazione e la spiritualità nostalgica dell’infanzia”.
L’ironia secondo Casati
Anche gli oggetti sono richiami a una realtà nascosta che sa celarsi nelle apparenze giocose che diventano a loro volta mistero, o sconvolgenti “trastulli del beato turbamento”.
I sette trastulli sono scatole di latta con figure di carta che proiettano ombre sul muro e hanno un rapporto con lo spazio e la luce che rimandano, ancora una volta, la rielaborazione dei ricordi dell’infanzia, e ciò che emerge è spesso “amaro”.
La riflessione di Casati non lascia indifferenti
“Parto dai tabù, cose di cui è meglio parlare a bassa voce, vado ad analizzarle aggiungendo il gioco, diventano dei carillon. Il carillon è qualcosa che ti porta a toccarlo e ad interagire che diventa un’altra cosa quando io vi inserisco un ingranaggio. Quindi lavoro manualmente per creare un movimento e poi scelgo cosa mostrare. Per me il tabù è questo. Il sesso ad esempio, è uno degli elementi di cui parlano le scatole, la sessualità e anche la volgarità sono qualcosa che o ti fa subito sorridere o ti crea imbarazzo. O comunque spingono a una reazione. Il gioco del carillon per me è un messaggio: avvicinati, scoprilo. La lettura di ognuno poi può essere differente”.
I progetti futuri
Rivelare un tabù o qualcosa che è difficile esprimere o guardare attraverso un oggetto apparentemente innocuo contiene un’ambiguità di fondo.
“Vedere quale può essere la tua reazione è quello che mi interessa, il carillon diventa come una maschera”, argomenta Casati.
Nei progetti di Francesco Casati c’è la mostra itinerante ideata da Luca Massimo Barbero, “Venice time case”.
“Ci sarà la continuazione di questo progetto che ha fatto già due tappe, si dovrà scoprire quali saranno le prossime mete. Queste opere finora sono state presentate a Milano, a Parigi e adesso andranno in altre sedi in Europa”.
Venice Time Case è un progetto itinerante e senza fini di lucro ideato da Luca Massimo Barbero
Cinque valigie Fly Case trasporteranno cinquanta opere realizzate per questa occasione da altrettanti artisti contemporanei emergenti di area veneziana. Le valigie e le opere viaggeranno attraverso l’Europa. Verso le successive tappe di un’esposizione che culminerà con la loro acquisizione da parte di un museo d’arte contemporanea. Gli artisti coinvolti in Venice Time Case sono tutti attivi in area veneziana, spesso legati all’Accademia di Belle Arti di Venezia. L’obiettivo è mostra la vivacità creativa di uno spazio come Venezia che può essere considerato ai margini. Ma che invece dimostra una forte vitalità con la presenza di artisti emergenti che operano con caratteristiche diverse e che presentano uno spettro di proposte ampie.
La ricerca di Casati
Roberto Nardi, giornalista e curatore della mostra “Il Circo del gitano”, ha spiegato l’intento della ricerca artistica di Casati. Ossia “la capacità di offrire, attraverso opere che al primo sguardo possono sembrare oniriche e sognanti nel modo di presentarsi. Quasi destinato a dissolversi, una visione più approfondita che si gioca sulla dimensione di tematiche molto amare.
La libertà
Per Nardi che ha realizzato anche il testo critico della mostra il progetto portato avanti con Francesco Casati “nasce da un’idea condivisa tra artista e curatore. Che non è quella di andare nello studio scegliere dei pezzi e metterli in mostra, bensì di un processo di condivisione di visioni. Ho chiesto all’artista di realizzare, in assoluta libertà espressiva, un ciclo specifico di opere per l’occasione. Il 95% delle opere presenti alla Libreria Minerva sono completamente inedite. Inoltre, lo spazio della Libreria Minerva di Padova non è casuale. E’ anche questo un luogo meditato in cui i titolari Davide e Cristiano hanno sposato una filosofia di fondo. Che è quella di portare e mostrare le nuove tendenze nel campo della pittura in un luogo che la cultura la propone quotidianamente”.