Le opere di Riccardo Muratori hanno a che fare con le eclissi, con una deriva di cielo. A prima vista, tramontano verso una notte che appare interminabile. Sono ritratti intimi, ma solo apparentemente. Nell’area di Spazio Lamierini, presso Spazio Thetis, è in mostra fino al 7 aprile Per Ignotius, selezione di circa trenta lavori, tra quadri e sculture, che ripercorre gli ultimi dieci anni di lavoro dell’artista. Per Muratori, quarantun anni, riminese di nascita, ma veneziano d’adozione, è la prima personale.
Muratori e lo spazio
In scena quello che Rilke chiama spazio interiore del mondo: figure ritratte in posture che appaiono consuete, ma – ad uno sguardo appena più attento – sollecitano un’inquietudine fonda e straniante; una violenza inconfessabile in quei corpi di donna esili e belli, intuita sotto un velo di quotidianità, persino di grazia. Una magia crudele, sanguigna, coniugata in variazioni di ocra e terre di Siena, per lo più ad olio: la tela è una soglia, appunto per ignotius, da mistero a mistero, quel «nulla / Di inesauribile segreto» che Ungaretti evoca ne Il porto sepolto.
Lo spazio come viaggio
Il viaggio di Riccardo, l’oltrepassare la soglia, la scoperta del perturbante che si cela in ciascuno è, prima di tutto, rapporto simbolico con l’oscura sorgente dell’immagine. L’artista dichiara, a ragione, di non voler spiegare le proprie opere. A farlo, indirettamente, ma con un’efficacia espositiva che è assieme formale e contenutistica, ha pensato la curatrice Milena Mastrangeli, squadernando immagini sconvolgenti con un gusto alchemico senza pari, scavando nell’inconscio dell’artista (e dello spettatore) senza compromessi.
Il risultato è avvincente, racconta di soprusi indicibili, di pensieri inconfessati. Non eccede la misura, ma il non detto sconvolge, ponendoci di fronte al limite, criticando le convenzioni sociali.
Queste immagini narrano quello che non si vorrebbe fosse rivelato
Tra tendaggi e porte socchiuse, da cui filtra appena la luce, o in interni sontuosi e claustrofobici, sono i gesti, gli spasmi, le cinghie tenute tra i denti a turbarci. Oppure case divorate dalle fiamme, come avviene solo negli incubi; volti straniati, o assenza di volto, in torsi dalla tensione acuita. Giovani che si spogliano, con una pudicizia antica e sapiente; corpi disperatamente posseduti da un maleficio lontano.
Muratori e il suo sguardo che scruta
L’anima di Riccardo si fa simile all’occhio quando cala la sera: vede altrimenti, coglie dettagli che il giorno ignora. Sembra dirci che l’essere, sostanzialmente invisibile nella notte, non può manifestarsi se non in modo nascosto, diverso. All’artista non resta che trovare un transito nel buio, sperimentando così un vero assoluto, senza filtri.
L’esistenza allora sfugge ad ogni ordine concettuale, contrappone una strutturale ignoranza alla costruzione del pensiero. Ed è sempre il pensiero, per usare un’espressione di Edmund Jabès, «a dar man forte all’abisso».
Muratori e le metamorfosi
Muratori, nell’iterazione degli scenari, nei suoi impercettibili gesti di scarto, nella densità atomica di una stretta violenta, di una costrizione servile, opera metamorfosi di senso. Per segni frammentari – uno sguardo ambiguo, le spalle al portone che divide, la pausa gelata di una carezza, una fatica enorme – ci racconta che l’uomo è una compagine di tenebre.
Mastrangeli
«L’opera di Riccardo rende visibile una storia che conosciamo bene perché è la nostra, – commenta Milena Mastrangeli – davanti alle tele proviamo attrazione e, forse, imbarazzo a vederci così spogliati di difese … ci destabilizza il nostro stesso essere, così nudo e deprecabile, così umano».
I ritratti femminili e maschili dell’artista sono costruiti in un figurativo solido e ricco di particolari
Nei dettagli, nell’assurdità sottile di un tempo sospeso, ricordano le narrazioni di Henry James (penso a quel gioiello gotico che è Il giro di vite) o gli orrori di Shirley Jackson. Spettri di giovani inquiete si sublimano in mutazioni animali di folle bellezza: «Spesso canta il lupo nel mio sangue», recitano i versi di Mariella Mehr, poeta di ceppo Jenische vittima di persecuzioni, che condivide con Muratori la medesima, incandescente cognizione del dolore.
Mehr e Muratori
La necessità di un segno: «Mi seduce l’idea del presagio e mi piace lavorare con la pittura come se stessi operando a un incantamento. – sostiene l’artista – Suggestionarsi in questa direzione fa parte del processo creativo. Le opere d’arte conservano un aspetto totemico e quella suggestione che proviamo nei confronti delle grandi tensioni dell’esistenza, tutte le dicotomie: il rapporto dell’uomo con l’animale e con Dio, tra il vivente e ciò che non lo è più, la polarità sessuale».
Muratori e il suo percorso
Riccardo considera la sua produzione pittorica come naturale prosecuzione del percorso di ricerca filosofica intrapreso durante gli studi presso l’Università Ca’ Foscari. Anche se Per Ignotius è la sua prima personale, Muratori ha già al suo attivo una partecipazione nel 2011 alla 54°Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia e, nel 2017, alla Biennale di Karachi in Pakistan.
È stato anche docente di Disegno e Illustrazione all’Università IUAV – Dipartimento di Design della Moda, Arti Visive. Tuttavia, al di là dell’indubbia esperienza dell’artista, i suoi quadri deflagrano con tale sincerità da meravigliare, in un mondo che sembra aver scordato lo stupore. In bilico, nonostante tutto, illuminati per incantamento.
Per Ignotius di Riccardo Muratori
a cura di Milena Mastrangeli
fino al 7 aprile 2022
SPAZIO THETIS, Castello – Arsenale Nord – Officina Lamierini, Venezia
Dalle 10.00 alle 18.00 su prenotazione (348 0171569/ 3315265149)
Info: info@fg-comunicazione.it