Un messaggio d’auguri nei trascorsi giorni di festa si concludeva malinconicamente così: “Caro Anonimo, oggi mi sento come quei vecchi mulini ad acqua, silenziosi cioè inerti anche se il loro meccanismo è salvo. Sono lì, sani e puliti, ma non producono più le farine di una volta… Non sono morti e non sono del tutto vivi… Io mi sento così, più o meno. Che mi succede?”
Difficile rispondere pubblicamente a questa preziosa amica; magari servirebbe la scienza di uno psicologo. Però il suo sfogo fa partire una riflessione: volendo accettare il paragone (cioè la somiglianza di una persona con una macchina…) viene da dire subito questo: i mulini storici, che sono come oasi nelle nostre campagne, sono vivi, bloccati nell’inerzia di una animazione sospesa; e potrebbero essere risvegliati.
So di uno che è attivo, nel senso che produce farine a Illegio in Carnia, altri macinano soltanto aria in contesti diversi quando li avviano per la meraviglia di bambini: per esempio, uno stretto fra i condomini nel centro storico di Treviso, uno nella vasta campagna del Polesine, un altro nelle colline del prosecco (penso al tragico Molinetto della Croda) così come quello dalla ruota gigante nella periferia di Fiera di Primiero. Li ho fotografati, convinto di raccogliere le immagini di questi autentici prodotti della civiltà (non solo contadina), che costituiscono un patrimonio storico culturale e li penso come le “Macchine celibi” (Duchamp 1915 e Biennale di Venezia 1975). Oggi sono fra noi, simili a noi secondo la lettrice di cui sopra, e “macinano il tempo” come dice il poeta che probabilmente pensava al suo mulino interiore.
Scene di vita scomparsa
Forse non badiamo più di tanto alle scene che passano nelle nostre giornate, eppure non è difficile: magari ci vuole allenamento. Pensiamo alle azioni vicine, quelle legate ai giorni e alle notti: pensiamole come sequenze di un film. Se facciamo così, allora ci sorprenderà che certe scene – anche in politica, per dire – le abbiamo già viste, nel senso anche di vissute. E com’è possibile questo? Buona domanda. Se accade con i fatti più vicini tanto meglio avviene con il passato lontano.
La vita, nella sua vastità verticale e orizzontale, dal biologico al minerale – penso ai cristalli – si manifesta senza curarsi del nostro intervento, e si avvolge su un misterioso nastro che chiamiamo destino o fato. Ma noi non siamo estranei a questi processi.
Troviamo scritto: “Ci sono scene fuggitive nell’universo delle galassie come nello spazio microscopico. Fuggono lontano dalla vostra consapevolezza, e diventano ricordi e i ricordi svaniscono: del resto è nella loro natura.
Dimenticando, troviamo come nuove le cose già vissute. Non è una condanna decretata da una divinità, è piuttosto un vizio umano, il lasciarsi sfuggire particelle di realtà.”
La letteratura viene in aiuto. Penso a un poetico-tragico racconto di Ray Bradbury sul diluvio nucleare: un vecchio parla agli altri sopravvissuti che vagano scioccati nel deserto atomico e ricorda appassionatamente un rosario di parole della loro vita quotidiana ormai sepolte nelle cenere radioattiva. Lui non solo ricorda, ma ci insegna che i ricordi vanno raccontati, ridando così la vita a qualcosa che sta in quelle parole.
I “miracoli” della scienza
Ci sono certe persone, non solo fra i novaxiani fanatizzati all’ennesima potenza, che credono più nei miracoli che nella scienza, pronti ad affidare il loro destino al santuario di Medjugorie piuttosto che alla Clinica universitaria di una grande città o, semplicemente, affidandosi al proprio medico di famiglia. Il vaccino, oggi, è il nemico di tutti, anche dei miracolisti, e non c’è da crederla una novità: la storia di questo atteggiamento fideistico o magico è una costante, c’è sempre stata. Quello che non c’è sempre stato è il progresso scientifico-tecnologico, che dovrebbe averci svezzati e liberati dall’analfabetismo conoscitivo.
Si dirà: la religione è un valore inalienabile per gli uomini (chiamati anche “animali che pregano…”). Infatti. Ma c’è un abisso fra i riti che una fede religiosa comporta e le pratiche della superstizione, un fossato esistenziale tra fede illuminata e cieca credulità. Quello che non dovrebbe accadere è percepire i vaccini come i miracoli della scienza moderna.
Ogni giorno che passa
(poesia)
Ogni giorno che passa
fiorisce un usignolo
di bel canto sul ramo,
che fa qualche richiamo
modesto richiamo
alla povera vita,
usignolo che canta
di povertà infinita.
Ogni giorno che passa
alza questo sipario
di perpetua baldanza
ed ecco il calendario
della vita che passa.
Ogni giorno è una zolla
che rimuove la terra
ma piantarvi il tuo seme
che fatica superba!
Alda Merini (Vuoto d’amore 2014)
La mia famiglia ha conservato un vecchio mulino. Manca la ruota esterna forse rubata. Il resto c’è tutto. Interessante questa riflessione.
Anch’io mi sento un po’ così…non produco più farina. Buona giornata