Valeria Arzenton, 47 anni, padovana di Abano, di professione organizzatrice di grandi spettacoli dal vivo, ci crede: “Non mi piace lamentarmi. L’emergenza sanitaria sovrasta ogni problema, ma dobbiamo stare bene per stare bene. Muoio dalla voglia di tornare a lavorare a tempo pieno, occorrono, però, condizioni certe. Riempiremo di nuovo i teatri”. Tra la Zed e il PalaGeox la voglia di non fermarsi mai e di abbattere ogni ostacolo. E per ripartire niente di meglio che trasformare i sogni in realtà.
Riempiremo di nuovo i teatri. Il sogno Benigni per la forza

“E’ molto più di un sogno: vorrei ripartire alla grande con un evento per la collettività, anche con un tributo a medici, paramedici, a tutti coloro che hanno sostenuto turni massacranti per consentirci di superare le difficoltà. Bisogna ripartire dalla consapevolezza, nessuno pensi che basterà accendere l’interruttore per ripartire come prima, come se niente fosse. Mi piace molto pensare a Roberto Benigni e alla gioia che sa trasmettere. Ecco, Benigni può rappresentare al meglio la voglia di rimetterci in marcia con un sorriso, con una speranza. La speranza è dentro di noi, solo facendoci promotori di futuro e di prospettive, ma anche di sicurezza per il settore dello spettacolo, lo faremo tornare vivo in mezzo a noi”.
Riempiremo di nuovo i teatri con un musical sulla Carrà per la leggerezza che serve in tempi così
E c’è un’altra grande idea che è pronta a diventare realtà: un musical su Raffaella Carrà. “E’ l’antidoto giusto nei momenti bui della pandemia, i colori, le canzoni, la leggerezza, ma anche la storia di successo e di emancipazione di una donna che sfidava pregiudizi e mediocrità. Una storia che spiega il giusto e il gusto della vita che ci meritiamo”.
Valeria e la “sua” Zed

La sua società, la “Zed” – creata con due soci storici, Diego Zabeo e Daniele Cristofoli – da un anno è bloccata e non riceve nemmeno ristori perché i teatri privati sono esclusi dagli interventi statali. Una macchina che in tempi normali macina 200 spettacoli all’anno, vende oltre mezzo milione di biglietti e col gruppo fattura 25 milioni di euro. Un’impresa che si era appena allargata uscendo dal Veneto, acquisendo teatri e palazzetti a Brescia e a Mantova dove aveva appena aperto la Grana Padano Arena. Valeria, Diego e Daniele lavorano assieme dagli anni del liceo a Padova.
Come è nata la vostra società?
“Ci siamo incontrati ai tempi della scuola, loro collaboravano a radio e tv locali: Daniele si occupava di regia, Diego presentava, io scrivevo i testi. Insieme da appassionati di musica abbiamo incominciato a pensare a creare eventi per il pubblico. Abbiamo iniziato col format di Capodanno ad Abano, poi in estate siamo arrivati al Parco Acquatico di Padova Land dove, nel giugno 1996, ci siamo inventati una festa di fine scuola con Raz Degan che allora era popolarissimo come testimonial in tv per un amaro. Avevamo fatto una prevendita di 5 mila biglietti, si sono presentate quasi in 15 mila al botteghino e c’è voluta la Polizia per contenere la gente. E’ stato allora che ci siamo convertiti all’idea dei grandi eventi. Non è che avessimo una grandissima esperienza, loro erano da poco all’università, io avevo appena fatto gli esami di maturità”.
E’ stato difficile convincere la famiglia che quello era il suo lavoro?
“Mamma Helga, austriaca, è una donna molto solida, mi ha trasmesso l’idea che si deve sempre lottare per le cose, mi ha anche insegnato ad essere indipendente sin da bambina. Sono nata nella provincia padovana e avevamo vicino l’altra dimensione, quella dell’Austria, dove c’era nonna Matilde. Poi per una bambina fa bene sentire più lingue, assorbi tutto come una spugna. Mamma Helga diceva che non bisogna piangersi addosso e che se devi fare una cosa falla subito ed è una lezione che ho sempre applicato. Papà Adriano era un commerciante, è mancato nel 2016 dopo una lunga straziante malattia, aveva l’Alzheimer. Lui mi ha insegnato tutti i colori della vita e, da grande viaggiatore, la voglia di non fermarsi mai; poi ho imparato cos’è la malattia e cosa significa stare vicino a chi è malato. Al liceo mi perdevo con la musica, lui mi rimproverava: “Ma cosa credi di fare con le canzonette, pensi di lavorare con quelle?”. Che poi quello è diventato davvero il mio lavoro, ma è difficile per un genitore riconoscerlo”.
Quando siete diventati “Zed” e avete aperto il PalaGeox?

“Se posso mettere una pietra miliare è il concerto di Ligabue il 9 settembre del 2000 allo stadio Euganeo. Per la prima volta lo stadio era aperto agli eventi musicali e fu un successo inatteso anche per lo stesso cantante. E’ stato il nostro primo grande exploit, ne sono fortunatamente seguiti tanti altri. Abbiamo aperto la Zoppas Arena a Conegliano nel 2008, ristrutturando il palazzetto, col concerto di Antonello Venditti. Non c’era nella regione un luogo dedicato allo spettacolo dal vivo, così ci venne l’idea di prendere lo spunto dal teatro tenda col quale Gianni Morandi stava girando l’Italia nel 2009. Quando venne a Padova piazzò le tende dove oggi sorge il Gran Teatro Geox. E’ stata la nostra grande scommessa inaugurata pochi mesi dopo con i Simple Minds e il pubblico ha risposto con entusiasmo. Sono venuti tutti in questi anni, Dario Fo ha fatto qui il suo ultimo spettacolo, Gigi Proietti ha fatto il pienone, poi Sting, Baglioni, Elisa, De Gregori, i Simply Red. Bruce Springsteen ha riempito lo stadio, Bob Dylan ha riempito Villa Pisani sotto il diluvio”.
Riempiremo di nuovo i teatri. Quindi dove guardate dopo il Covid?
“Può essere l’anno zero dal quale riprendere forza. Abbiamo sempre cercato di gestire tutto il processo produttivo di uno spettacolo dal vivo, non ci avvaliamo di contributi pubblici, questa crisi è ancora più devastante per noi. E’ stato un errore considerare lo spettacolo dal vivo un bene superfluo: siamo tutti più poveri senza relazioni sociali, senza emozioni condivise, non siamo isole. Sono vicepresidente dell’Associazione Italiana Teatri Privati, era come se vivessimo nell’ombra, finalmente la politica ha incominciato ad ascoltarci”.
Com’è questa fase di ripresa?

“Complicata, la paura del contagio è dilagante, le ferite inferte dalla pandemia sono profonde. Il pubblico ha paura e non capisce i continui aggiornamenti di legge. È chiaro che non sarà tutto come prima, ma da parte nostra l’entusiasmo non finirà mai, e credo in un Rinascimento vero e con le donne in prima linea, non penso al genere, penso alla meritocrazia. Ho vissuto questa discriminazione sulla mia pelle, sono convinta che chi porta addosso un esempio positivo, io le chiamo cicatrici di percorso, deve essere amplificatore della voce delle altre donne. Ho uno staff bellissimo, in prevalenza donne che con me sfidano il quotidiano. Alberta, Silvia, Giorgia, Jessica, Clara, Valeria, Serena ma non da meno Lorenzo, Pietro, Blendi, Luca e tutti gli altri. Soprattutto noi operatori del live saremo fondamentali per il benessere collettivo post pandemico, i nostri spettacoli saranno medicine per l’anima”.
Riempiremo di nuovo i teatri. Ne è convinta! Ma questa storia del musical “Ballo Ballo” legato a Raffaella Carrà?

“Sono convinta che ci sia un filo conduttore impercettibile nelle azioni che compiamo. Era giusto un anno fa, a gennaio, e vidi la promozione di un film spagnolo “Explota Explota” che si ispirava alle canzoni di Raffaella Carrà. Incuriosita lo guardai e ne rimasi folgorata: era l’antidoto giusto nei momenti bui della pandemia. E così contattai la produttrice spagnola che mi cedette i diritti internazionali del film per la riduzione teatrale in musical pochi giorni prima della scomparsa di Raffaella. Non sapevo che fosse malata e fu uno choc. Nel film c’è anche la sua ultima apparizione cinematografica e sento questa responsabilità e felicità di essere titolare di un’opera che voglio portare sui palcoscenici di tutto il mondo. Debutto 2023. Mi sento una donna fortunata, mia mamma mi dice che chi nasce di domenica nasce con la camicia, forse si è vero, però la mia più grande fortuna, partendo dai miei genitori e dalla loro scuola etica ed umana, è stata aver incontrato persone speciali che hanno creduto in me, dandomi le ali per fare quello che sentivo dentro, a cominciare dal socio di sempre Diego Zabeo, che mi ha dato fiducia totale, per proseguire con Mario Moretti Polegato – patron di Geox e che mi è stato vicino nei momenti cruciali di crescita per arrivare a Daniele Bei, che oltre alle ali mi ha dato anche la direzione del mondo”.