Sto parecchi giorni all’anno a Vodo di Cadore, dove ho casa. Sarà per via dell’affetto che porto per Giampietro Talamini, il fondatore del Gazzettino nel 1887, la cui dimora natale è a poche decine di metri dalla mia, sarà perché ho cominciato a fare il giornalista alla cronaca di Venezia del giornale stesso, sarà perché sono diventato professionista grazie all’omonimo Gianni Crovato, direttore del Gazzettino, alla fine degli anni Settanta. Fatto sta che Vodo di Cadore, paesino di 250 anime, comune bellunese di 800 residenti con le frazioni di Peaio e Vinigo, mi sta a cuore.
L’amore per Vodo

Ormai conosco quasi tutti. I vecchi dell’unico bar esistente, mi raccontano di un paese che oltre un secolo fa aveva il quadruplo degli abitanti, delle quattro chiese, della grande emigrazione del dopoguerra, soprattutto in Germania e in Olanda, a fare i gelatai, che hanno trasformato Vodo di Cadore in un paesino di emigranti. Mi riferiscono oggi di una comunità che nel vecchio 2021 ha fatto registrare solo due nascite. Una miseria.
Il richiamo di Papa Francesco sull’inverno demografico e sul fatto che preferiamo cani e gatti ai figli, mi rende più sensibile sull’argomento.
Il paesino è il paradigma dell’Italia
La scuola elementare di Vodo di Cadore è un grande edificio monumentale fascista voluto dal sindaco Talamini negli anni Trenta. A pensarci bene è oggi fuori misura per l’esiguo numero di scolari. Un monumento inutile della fertilità, ovvero alla prosperità futura.
Ragionando su Vodo, il pensiero si estende a tutta la realtà montana veneta in progressivo abbandono, al decremento demografico nazionale, alla decadenza numerica europea. Un secolo fa eravamo un quarto degli abitanti del pianeta, ora siamo un ventesimo.
A Vodo ho per fortuna due certezze inossidabili
L’Antelao e il monte Pelmo che mi stanno davanti e mi danno sicurezza con gli oltre tremila metri di altezza e la neve permanente. Due cime dolomitiche che rasserenano anche gli insicuri. A Vodo di Cadore ci sono pochi imprenditori. C’è Oscar Colussi che produce uova biologiche, c’è Elena Franzin che ha un vivaio di fiori e piante, c’è l’azienda agricola Talamini de la Tela con prodotti biologici a chilometro zero. Hanno una stalla con molte mucche, un allevamento di maiali, un agriturismo dove vengono a mangiar bene anche da Cortina, un ristorante stellato “Al Capriolo”, un altro ristorante “all’Alpino”, dove si mangia un baccalà alla vicentina di altri tempi (e infatti lo prepara la vecchia nonna…) e un allevatore di asini che si è messo a produrre carni e salami equini.
Paolo Rossa, questo il nome, è un giovane imprenditore di 38 anni

Abbandonato il lavoro di panettiere e poi di barista, con due figli piccoli, ha deciso di investire tutto il futuro nel suo paese. Grazie alla Regione Veneto è riuscito ad ottenere un finanziamento europeo, un modesto aiuto dalle banche e via. Ora fa l’imprenditore a chilometro zero con l’obiettivo di creare posti di lavoro locale e di avviare un agriturismo dove si possono degustare le prelibatezze, da lui stesso prodotte. Ha investito parecchio nella nuova costruzione.
Ecco, è questo trentenne che lavora sempre, che mi rende ottimista

In Italia, primato negativo europeo, ci sono 2,5 milioni di Neet, un orribile acronimo inglese che sta per “Neither in Employement or in Education ore Training” oppure, scegliete voi, “Not in Education, Employement or Training”, in breve, giovani nullafacenti. Spesso sono mantenuti dalle pensioni dei loro vecchi, sono senza studio e senza lavoro. Vanno dai 16 ai 38 anni. Un libro inchiesta del sociologo Alessandro Rosina, analizza con lucidità quella che definisce “una generazione perduta”. Le cause sono molte: la scuola e la mancata formazione, la famiglia, il sistema produttivo, i mass media e i social che creano assurde realtà virtuali.
Vodo e i giovani imprenditori
Ecco, il giovane imprenditore e allevatore di asini, mi dà molta energia e lo vado spesso a trovare.
L’altro giorno era molto arrabbiato con un branco di lupi. Avevano messo a rischio la vita degli asini del suo allevamento. Questo rischio millenario, questa incertezza quotidiana con la natura avversa, che lo rendono simile ad un personaggio dei Malavoglia, mi fa del giovane imprenditore vodese, un eroe dei nostri tempi.