Sembra quasi paradossale come ad un aumento del benessere della popolazione, grazie al progresso tecnologico e scientifico con importante riduzione della mortalità, vi sia parallelamente un diffuso e progressivo calo demografico. Che ha addirittura, secondo l’ultimo dato ufficiale pubblicato dall’Istat, portato, tra il 1° gennaio 2014 e il 1° gennaio 2021, ad una riduzione della popolazione residente in Italia di oltre 1 milione di unità. Circa 384 mila solo nell’ultimo anno. Una spiegazione, soprattutto del calo di questi ultimi due anni, la propone il presidente dell’Istat. “È legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate ad occupazione e reddito) generate dai recenti avvenimenti abbiano avuto e continuino ad avere un’influenza negativa sulle scelte di fecondità delle coppie italiane”.
Dopo il boom 1 milione in meno
Dopo il fenomeno dei Baby Boomer, ossia ad un importante aumento demografico avvenuto dal dopoguerra sino ai primi anni Sessanta, si è assistito ad una continua riduzione delle nascite. Sino addirittura all’inversione di tendenza nel bilanciamento tra decessi e nascite che dal 2015 ha subito una importante inversione di marcia. In realtà i flussi migratori avevano ben compensato questo gap. Ma la diminuzione anche di questi e la emigrazione di molti giovani verso l’estero, ha comportato un divario quasi incolmabile e una grave emergenza per il paese sino ai livelli drammatici di oggi. L’emigrazione, più importante nei paesi del sud Italia, ha comportato inoltre un ulteriore divario tra le varie regioni italiane.
Altri motivi
Un altro fattore sono gli aspetti sociali. Soprattutto quelli legati all’importante fattore disoccupazione. O il lavoro a tempo determinato. O ancora l’insicurezza economica che comporta una instabilità famigliare. E di conseguenza un aumento dell’età in cui una coppia decide di procreare. Questo spostamento in avanti dell’età, in cui si sceglie di avere un figlio, è legato a complessi fenomeni. Il cui tratto saliente è la tendenza a ritardare tutte le tappe della transizione verso la vita adulta. Dall’uscita dalla casa genitoriale, all’ingresso nel mondo del lavoro (spesso per i più giovani non solo tardi ma anche con elevati livelli di precarietà almeno nelle fasi iniziali) fino alla formazione di una coppia stabile ed alla scelta di avere un figlio. Da un punto di vista fisiologico, poi, c’è da considerare la diminuita fertilità legata alla ricerca di un figlio in età più avanzata. E all’aumento della sterilità, soprattutto maschile, legata all’eccessivo inquinamento e allo stress della vita quotidiana.
1 milione in meno, ma pesa la pandemia
Come ultima aggravante la pandemia che ha amplificato di molto la instabilità sia delle coppie che dei fattori economici legati alla diminuita richiesta di lavoro. Nella statistica nazionale c’è però un fatto da considerare. Nella provincia autonoma di Bolzano e Trento il trend è migliore rispetto al resto del nostro paese. Evidentemente per la possibilità di decidere autonomamente la fruizione delle tasse locali, in quanto l’amministrazione ha deciso di predisporre degli ingenti fondi per la gestione delle nascite e una politica economica fortemente diretta ad aiutare le famiglie nella gestione dei figli con incentivi pecuniari importanti e possibilità di asili nido gratuiti o a prezzi molto bassi, consentendo ai genitori la possibilità di autogestirsi nel lavoro. Sarebbe pertanto auspicabile, che nei prossimi anni, il nostro governo assuma provvedimenti in questo senso. Per far sentire le coppie meno sole e in grado di accudire i figli al meglio. Perché, in caso contrario, nel giro di pochi anni l’Italia diventerà un paese di soli anziani…