“Da ragazzo sognavo già in italiano”. Ora però è lui che fa sognare l’Italia che corre. Eyob Faniel, l’atleta che dopo 24 anni ha riportato il tricolore sul podio della maratona di New York, è stato il protagonista del Prodeco Day per lo sport, l’evento che a Castelfranco Veneto (Treviso) ha riunito una platea di sportivi e appassionati, arrivati nella sede di Prodeco Pharma per conoscere da vicino l’atleta italiano del momento. L’occasione era ghiotta: al fianco di Eyob Faniel c’era anche gran parte del suo staff, la fisioterapista Mara Mezzalira, il nutrizionista Luca Simoni e, in collegamento dal Kenya, dove vive da 18 anni, il nuovo allenatore Claudio Berardelli che, dopo l’Olimpiade, ha preso il posto di Ruggero Pertile.
Faniel ha ripercorso le tappe fondamentali della sua vita: l’infanzia ad Asmara
“Abitavamo a 2400 metri di quota, a volte la gente del quartiere si spostava a piedi verso il mare. Il ritorno era sempre una gara, tutti a correre in salita, spesso vincevo io”. L’ammirazione per i genitori che hanno combattuto come partigiani nella guerra per l’indipendenza dell’Eritrea.
“Un appassionato, Vittorio Fasolo, mi notò in una gara scolastica: non vinsi, ma lui rimase colpito dal mio stile di corsa. Giocavo a calcio, difensore centrale: non mi interessava altro. Un giorno mi feci male alle caviglie, provai l’atletica e ringrazio ancora quella scelta perché come calciatore non avrei avuto un futuro”.
“Un grande orgoglio, non vedevo l’ora”, il debutto nella maratona l’anno successivo con il terzo posto di Firenze, la vittoria a Venezia. I successi che si moltiplicano. Senza dimenticare il supporto del Venicemarathon Club e l’approdo al professionismo vero e proprio con l’ingresso nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro.
Un momento da ricordare?
“Il record italiano della maratona, sottratto all’olimpionico Stefano Baldini nell’ultima gara prima dell’arrivo della pandemia. Dovevo gareggiare a Lake Biwa, in Giappone, ma decisi di anticipare l’impegno e andare a Siviglia. Sono stato fortunato. A Lake Biwa non si è mai corso e io mi sono goduto la prima parte del lockdown da fresco primatista italiano. Il difficile è stato dopo, quando l’attività non riprendeva e anche a me sono mancati gli obiettivi”.
Faniel, e a New York?
“Coraggio o incoscienza? Coraggio. Volevo vincere e quello era l’unico modo per farlo. Avessi corso per arrivare terzo, avrei trovato altre soluzioni. Ma sapevo di stare bene, gli allenamenti erano ottimi: ho provato a raggiungere il massimo: sono contento di averlo fatto, non ho recriminazioni”.
“E’ stato quasi più faticoso il viaggio della maratona” e una bandiera tricolore tirata giù da un pennone perché gli organizzatori non avevano previsto che un italiano potesse salire sul podio. “E’ stata la mia rivincita. Dal risultato negativo della gara olimpica, è nato il terzo posto di New York. E chissà cosa sarebbe successo se al 26° km non fosse comparso quel dolorino al piede che mi ha consigliato prudenza. Sono sempre lo stesso Eyob, ma con più determinazione. Per questo, dico a tutti: credete sempre in voi stessi”.
Faniel, l’incontro con Prodeco Pharma?
“Ci siamo conosciuti qualche mese prima dell’Olimpiade e in azienda mi sono subito sentito come a casa. Ho pensato che questa collaborazione avrebbe potuto aiutarmi, e così è stato. Ho capito l’importanza di una corretta integrazione per favorire il recupero dalla fatica, un aspetto che spesso noi atleti trascuriamo”. “Io penso alle tabelle d’allenamento, ma non basta – ha aggiunto Berardelli -. Per atleti di questo livello serve un approccio più ampio. Da qui il coinvolgimento di Mara Mezzalira e Luca Simoni. Siamo una bella squadra. Anche se chi guida la macchina è sempre Eyob, noi siamo soltanto seduti al suo fianco”.
C’è poi un altro elemento fondamentale nella vita del numero uno della maratona italiana: risponde al nome di Ilaria, Wintana e Liya, la compagna e le figliolette. “Con loro è cambiato tutto”, ha detto Faniel, accarezzando la medaglia vinta a New York. Scommettiamo? La corsa di Eyob è appena iniziata”.