Qualcuno di voi, cari amici, sarà colto dalla seria preoccupazione che la vile pandemia che ci sta perseguitando quasi da due anni abbia colpito anche il vostro cronista musicale. L’assenza prolungata da queste pagine potrebbe anche giustificare tale preoccupazione. In realtà no. Non è così, sto circa bene e non ho avuto problemi di salute, ma solo di lavoro. Avete letto bene: di lavoro, nel senso che con l’arrivo dell’estate, la somministrazione dei vaccini e la parziale riapertura alla vita si è verificata una ripresa di attività sociali e culturali di una certa vivacità, le persone avevano voglia di uscire di casa e di partecipare alle diverse iniziative che si tenevano prevalentemente all’aperto, le associazioni hanno lustrato i loro gagliardetti, qualche amministrazione ha grattato il fondo del barile, insomma un po’ di vita sociale, una timida ripresina ha fatto capolino in piazze, giardini pubblici, spazi un tempo dedicati al passeggio ed all’incontro, oggi almeno in parte riconquistati.
Una speranza
Fa male, un vero e proprio colpo al cuore, pensare che potrebbe trattarsi di una piccola pausa, una specie di partita di calcio natalizia come quella che si giocò tra le trincee anglo-tedesche in terra francese nel 1914. È già accaduto un anno fa. Voglio credere che questa volta non si tratterà di una falsa partenza, che porteremo l’impresa a compimento, che la vita tornerà a scorrere per tutti al meglio delle nostre possibilità. Ho ripreso a lavorare, ma soprattutto sto cercando di ritrovare la voglia, l’energia per farlo.
Il mio lavoro

Da molti anni buona parte del mio lavoro di ricerca e di composizione consiste in particolare nel dare vita, con scrittori e giornalisti di grande valore, a produzioni di “teatro-canzone” centrate prevalentemente su temi storici e sociali di attualità e d’interesse nazionale e internazionale. Con la collaborazione strettissima, in formazioni diversificate a seconda dei temi, di eccellenti e disponibili cantantie di musicisti capaci e versatili mi sono cimentato in temi a volte talmente ricchi di documenti sonori da rendere difficile la scelta.
Il sodalizio con Stella

Un esempio su tutti: il primo lavoro che abbiamo affrontato con Gian Antonio Stella. Aveva appena dato alle stampe un libro che fece il suo giusto scalpore, “L’orda. Quando gli Albanesi eravamo noi”, e con un gruppo di tre donne e il pianista Paolo Favorido partecipai alla presentazione del lavoro nel teatro di Mira. Gian Antonio raccontava pagine del suo libro e noi intervenivamo ad un punto convenuto con un canto dell’emigrazione italiana. Ne avevamo preparato sette in tutto. In quel momento non ne conoscevamo altri. L’esperimento ebbe il gradimento del pubblico e di Gian Antonio e così si decise (e perché (no?!) di rifarlo ad Asiago, paese Natale di Stella nonché terra di grande emigrazione.
E poi perché non ripeterlo che è così apprezzato!

Morale della faccenda: il gruppo si è ingrandito con un chitarrista (Simone) e un’ulteriore voce (Cecilia), le richieste si rincorrevano, le canzoni uscivano da libri, dischi, memorie personali una di seguito all’altra e quindi perché non fare un CD? Perché non far fronte a tante richieste, visto che il problema dei migranti diventa sempre più pressante? Gian Antonio fa i salti mortali in giro per l’Italia, noi pure perché tutti abbiamo un lavoro, ma ora abbiamo anche un nome. Siamo la “Compagnia delle acque”, abbiamo un disco e organizzato uno spettacolo con canti e proiezioni che in quattro anni ha fatto circa 500 repliche in tutta Italia, ma anche in Venezuela, in Canada, negli USA, in Germania, in Francia e in Svizzera. Ha preso il via un’avventura che solo la pandemia ha potuto rallentare ma, come vi sto per raccontare, non è riuscita ancora a fermare.
Il teatro-canzone
Con Stella in questi anni abbiamo messo in scena sette rappresentazioni di “teatro-canzone”, ciascuna delle quali legata alla pubblicazione di un suo libro. Il gruppo ha avuto diverse formazioni, affrontando temi e repertori diversi. Qualcuno di voi si chiederà cos’è questo “teatro-canzone” più volte citato. Il termine è stato coniato dalla premiata ditta Gaber-Luporini per indicare la loro particolare, e straordinaria, forma di rappresentazione che coniugava lunghi monologhi e canzoni composte ad hoc, il tutto presentato con irraggiungibile ironia e bravura dal grande attore-cantante-musicista milanese.
Giorgio Gaber e Sandro Luporini

Non è ancora un “genere” ufficialmente riconosciuto, anche se dal 2003 è depositata in commissione cultura alla Camera dei Deputati una proposta di legge tendente “a far riconoscere da parte dello stato il genere espressivo “teatro-canzone” come bene culturale.
In attesa

Nell’attesa che ciò avvenga noi abbiamo continuato a produrre interventi di teatro-canzone con altre penne di primissimo piano. Con Fabrizio Gatti, giornalista d’inchiesta dell’Espresso spesso in prima linea, abbiamo prodotto “Bilal”. Il racconto del viaggio che il giornalista ha condotto dall’Africa profonda fino a Lampedusa con gruppi di migranti. Nel percorso narrativo abbiamo inserito le immagini scattate dallo stesso Fabrizio e numerosi canti e musiche di varia origine. Dalla popolare africana alla popolare italiana, composti per l’occasione da me e da Rachele Colombo.
Quando ti cimenti con “L’Inferno”
Un’altra esperienza di tutt’altra natura è stata la trasformazione in opera di teatro-canzone del poema “l’Inferno” del giornalista oggi deputato della Repubblica Tommaso Cerno. Riprendendo in modo credibile la struttura linguistica, l’intenzione politica e il colore della lingua dantesca, Cerno ha riportato ai giorni nostri nuovi gironi danteschi. Li ha conficcati sotto Montecitorio, aggrappandosi ad un solido “Virgilio” provvidenzialmente deceduto di recente, il quasi eterno Andreotti. E avviando un suo personale percorso tra gli endecasillabi e i personaggi di una nostra tragicomica contemporaneità.
L’aiuto di Paolo Favorido

Ci sono tratti in cui la penna fluida di Tommaso scivola con dolcezza, altri in cui infligge frustate degne delle pene più atroci. Musicare quei testi non è stato semplice. Ogni terzina, ogni verso richiedeva una sua propria attenzione, persino un specifica voglia di trasgressione ritmica o sonora. Le musiche le abbiamo scritte Rachele ed io con l’apporto fondamentale di Paolo Favorido, il nostro controllo-qualità.
(I-Continua)
Nb: Le voci che si sono alternate in circa vent’anni di attività teatrale e discografica della Compagnia delle Acque sono state quelle di Giuseppina Casarin, Sandra Mangini, Rachele Colombo, anche ottima percussionista e chitarrista, Elena Biasibetti, Rosanna Zucaro, Cecilia Bertelli. I musicisti che hanno collaborato nelle diverse formazioni sono: Paolo Favorido pianoforte, Simone Nogarin chitarre, Maurizio Camardi saxofoni e fiati, Danilo Gallo contrabbasso e chitarra, Domenico Santaniello contrabbasso e violoncello, Stefano Olivan violino e nichelharp, Michele Troncon batteria e xilofono