L’Africa sembra un continente che non ha mai un momento di pace e serenità. In quasi tutti gli Stati del continente (Ciad, Mali, Guinea…) qualche miccia di scontri interni o di colpi di stato è ormai all’ordine del giorno. È quello che è accaduto nel Sudan, protagonista ancora una volta di un golpe manu militari.
Sudan diviso

Il premier Abdalla Hamdok, ormai consapevole che la sua fine di capo del governo era giunto alla fine, ha tentato sino al suo arresto di aizzare il popolo a respingere l’invasione di campo dell’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah Burhan. Quest’ultimo ha dichiarato lo stato d’emergenza, prendendo sotto controllo l’intero Paese.
La condanna internazionale
La comunità internazionale immediatamente ha condannato il fatto che le forze militari abbiano defenestrato il governo eletto dai cittadini sudanesi. Condanne sono arrivati dagli Stati Uniti, da Stati europei, ma anche da organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, l’UE e l’Unione africana.
Il Sudan e il pericolo di un passo indietro

Il colpo di mano militare può considerarsi come una reazione che cela forti paure rispetto allo sviluppo di una fetta civile sudanese ormai sempre più strutturata, organizzata. La partecipazione dei cittadini sudanesi al cambiamento, dopo la lunga era di Omar al-Bashir, su cui pende il mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale, ha contribuito a voltare pagina verso il principio di trasparenza, in particolar modo, e l’affidamento della gestione del Paese ad una leadership sana e non corrotta. Questa tendenza ha fortemente allarmato i vertici delle forze armate sudanesi, preoccupati che il potere finisca nelle mani dei civili.
Il Sudan e le speranze

Il golpe ha smorzato le speranze di transizione sulle quali poggiava l’attesa del popolo sudanese. Alla radice vi sono state anche in un passato recente delle battute d’arresto a causa delle incomprensioni fra istituzioni civili e militari.
I motivi
Il colpo di stato ha la sua origine nell’esasperazione della popolazione davanti a un’economia al collasso e al costo della vita sempre più elevato. Il blocco causato dallo stato d’emergenza va a battere un duro colpo all’economia informale che priva una grossa fetta dei cittadini di propri mezzi di sussistenza, come pure l’accesso dei servizi necessari e l’assistenza umanitaria.
Il Sudan attende tra paura e timore

I timori di una guerra civile sono legati a un filo pronto a spezzarsi; per ora nessun attore desidera lo scontro aperto: c’è la possibilità, ma richiede enorme pazienza, della ripresa di dialogo costruttivo fra le forze armate e la popolazione civile. Su questo è necessario che la comunità internazionale intervenga come mediatrice, portando militari e civili al tavolo delle trattative. Necessita un nuovo accordo di transizione che costituirà senza alcun dubbio una ottima formula per tutte le parti coinvolte. Il ruolo della comunità internazionale è fondamentale per smorzare la miccia di una eventuale e nuova guerra civile sudanese.