Continua la serie di articoli del quotidiano “Domani” contro il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Se il primo servizio poteva definirsi la cronaca di un conflitto di interessi, al sesto pezzo di fila, con occhiello “Le mani su Venezia”, indiretto richiamo a “Le mani sulla città”, film del regista Rosi del 1963 sulla Napoli corrotta, oggi sembra più una presa di posizione, un accanimento, contro il sindaco “campagnolo” e la sua giunta. Brugnaro si difende dicendo “male non fare, paura non avere”. La vicenda merita un approfondimento. Se non finirà in Tribunale.
Il Domani
Il 6 settembre il quotidiano “Domani”, proprietà di Carlo De Benedetti, già capofila del Gruppo Espresso, comincia una serie di articoli contro il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, da poche settimane fondatore di Coraggio Italia, gruppo politico di centro- destra che in Parlamento può contare su 31 tra deputati e senatori. “Domani”, quotidiano diretto dal bravo Stefano Feltri era partito con l’obiettivo di fare concorrenza a Repubblica-Corriere-Stampa, obiettivo per ora molto distante.
Brugnaro sotto attacco
Brugnaro era da pochi giorni reduce dalla sua prima campagna elettorale in Calabria, a Soverato, giunto con il suo yacht, dove sostiene il candidato di Forza Italia, Roberto Occhiuto. Nelle immagini diffuse dai media, appare in evidenza nella campagna elettorale il direttore generale del Comune di Venezia, Morris Ceron. Nella polemica susseguita, il dirigente, già dipendente di una delle società dello stesso sindaco di Venezia, si difende dicendo che delle sue ferie può fare ciò che vuole. Apriti cielo.
Domani sottolinea le difficoltà a discapito di Venezia
Brugnaro non si rende conto che fare il sindaco è una cosa, il leader nazionale di un partito, un’altra. Ai suoi amici veneziani e sostenitori mestrini, dà però una sensazione sgradevole. Ovvero che si prepari a fare il nuovo Berlusconi abbandonando Venezia. Ciao Venezia, ciao ciao ciao, come una vecchia canzone di Umberto Dapreda.
Domani svela l’inghippo
Per l’amor di Dio, ambizione super legittima. A nessuno dei suoi collaboratori, ovvero assessori municipali, aveva detto che si assentava tre giorni alla settimana, martedì, mercoledì, giovedì, per prendere un volo privato dall’Aeroporto internazionale Marco Polo di Tessera, per incontri top secret a Milano, Genova, Roma, Firenze, Napoli, con leader politici locali, per far nascere Coraggio Italia. Silvio Berlusconi, da Arcore, sentiva già odore di bruciato. E infatti si arrabbia quando quello che aveva definito il suo erede naturale, lo tradirà, fondando un partito ex novo. Il 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia, verrà presentato a Roma, il nuovo fantolino che si colloca al centro del centro, strizza l’occhio a sinistra a Renzi, a destra a Salvini, al centro a tutti. Insomma, un vecchio sguardo democristiano. Obiettivi immediati: le prossime amministrative a ottobre nelle principali città, poi le elezioni presidenziali a gennaio 2022, dove si conta di essere determinanti, poco più in là le politiche previste nel 2023.
Chi è Brugnaro
Luigi Brugnaro, imprenditore veneto milionario nato dal nulla ha lo sguardo lungo di un falco. Nel 2015, si era presentato alle elezioni amministrative a Venezia da neofita dato perdente. Il senatore Felice Casson, famoso magistrato di sinistra, già sconfitto nel 2005 contro Cacciari, si era presentato, con tanto di primarie del Pd, con il 70% dei consensi in una città, metà operaia (Marghera e Mestre) e metà radical chic, con comunisti-bottegai nel ricco centro storico (Venezia). Brugnaro si presenta con una lista civica (i Fucsia: né destra, né sinistra, questo lo slogan principale) e supera un gap abissale di oltre 10 punti, al secondo turno, il serafico e troppo sicuro di sé magistrato chioggiotto Casson.
Domani e il “borgataro”
Viene subito battezzato dai veneziani snob come il sindaco “campagnolo”, ovvero della Terraferma. Mamma mia che insolenza borghese. Dimenticando però che i sindaci del passato, quelli bravi, non erano del centro storico fatto di commercianti, taxisti e gondolieri. Per esempio, Mario Rigo, socialista, (sindaco dal 1975 al 1985) era di Noale, ma nessuno osò etichettarlo come “campagnolo”. Ma tra destra e sinistra, si sa, a volte le unità di misura cambiano. Brugnaro sindaco, parte in quarta. È un caterpillar naturale. Sistema il bilancio e sicumera fino alla noia, che lui lavora gratis per la città 16 ore al giorno. In realtà riesce a non fare depositare in tribunale, come successe a Catania, al sinistrato comune lagunare carico di debiti, i libri contabili. 800 milioni in rosso!, gridò al primo consiglio comunale. Il principale partito di opposizione, il Pd, subito lo derise. Boom! Cala Trinchetto. E infatti la Corte dei conti, poco dopo, stabilì che i debiti lasciati da Cacciari and friend, erano di 799 milioni. Ma bilancio delle municipalizzate escluse, ringhiò subito Brugnaro, che in fatto di antipatia a volte non è secondo a nessuno, anche per via dell’accento spiccato veneziano che a Roma verrebbe definito “borgataro”.
I conflitti di interesse
Fatto sta che sempre durante il primo Consiglio comunale, nel 2015, Gigio Brugnaro sostenne, solennemente, che non avrebbe messo becco ai Pili. Terreno di 43 ettari strategici di proprietà della sua consociata “Porta di Venezia”. Qui è doverosa una grande, grande, parentesi. Nel 2006 Brugnaro, allora semplice imprenditore veneto, viene sollecitato dal sindaco Massimo Cacciari, a corto di bilancio, ad aggiudicarsi quell’area strategica messa all’asta dal Demanio e dove il Comune aveva il sacrosanto diritto di prelazione. Il bilancio del Comune è in crisi. Il ponte di Calatrava era costato 12 milioni, sui 6 previsti. Inaugurato nel 2008, con strascichi giudiziari sempre della Corte dei Conti, durati fino al 2014…
Fatto sta, Cacciari chiede in primis ai fratelli Benetton, di aggiudicarsi l’area. A Venezia avevano fatto fior di affari a cominciare dall’hotel Monaco e al vecchio teatro Ridotto (primo casinò al mondo, anno 1753…ridotto poi a hall dell’albergo) al Fondaco dei Tedeschi (il più grande edificio cinquecentesco in Canal Grande, poi affittato ad una finanziaria di Honk Kong, dopo un discutibile restauro con terrazza finta, edificio trasformato in outlet di lusso per cinesi…). Brugnaro ubbidisce e avverte Cacciari: guarda che questa è…è la porta di Venezia! E vuoi che non lo sappia!, replica Cacciari. Si presenta al bando a Roma, e si aggiudica i 43 ettari inquinati dall’Eni, proprio nel periodo che il Parlamento stabilisce che chi ha inquinato in passato deve disinquinare in futuro. Brugnaro con 5 milioni e 13 mila euro (il sindaco è cabalista, il suo numero magico è il 13…) diventa proprietario con la società “Porta di Venezia”. Il cambio di destinazione d’uso da agricolo a verde attrezzato, era stato deciso dallo stesso Cacciari. Poi Brugnaro nel Piano Mobilità Sostenibile 2030, lo inserirà del progetto per dirottare i flussi turistici. Ovvero centinaia di bus al giorno per migliaia di turisti.
Domani continua l’attacco
Il 6 settembre il quotidiano “Domani” titola in prima pagina: “Il Comune è tutto un affare. Brugnaro si prende Venezia”. E rincara: le mani sulla laguna di Venezia. Due giorni dopo ci pensa il famoso scrittore Tiziano Scarpa, autore di “Venezia è un pesce” a fare il ricamo. “Fermiamo Brugnaro e la sua visione folle di Venezia”. Il giorno dopo, puntuale come un treno svizzero, l’interrogazione parlamentare pentastellata, quelli degli ex vaffa, che chiede lumi al ministro Giovannini. Due giorni dopo, sempre con l’occhiello “Le mani su Venezia”, puntuale una nuova bombardata. “Il sindaco Brugnaro, quei terreni agricoli acquistati dalla sua Reyer e la variante che li rende edificabili approvata 10 giorni dopo”. Il sindaco ci avrebbe guadagnato 3 milioni.
La replica
Brugnaro, sui giornali locali replica duro: “Pagina vergognosa di giornalismo meschino, ridicolo, offensivo, che prova a intimidire un potenziale avversario politico nazionale. Forse è il prezzo che una persona onesta deve pagare per provare a cambiare il Paese. Male non fare, paura non avere”. Insomma: una macchina del fango. E qui la letteratura è ricchissima, da Tortora al presidente Leone costretto alle dimissioni dalla giornalista Camilla Cederna, poi condannata per diffamazione a presidente rottamato. Oppure per arrivare ai nostri giorni al Metodo Boffo, a Telekom Serbia, e via al fango dei giornaloni.
Il 14 settembre il quotidiano milanese “Domani” non molla
Mettono in mezzo Alice Campello, mestrina, moglie di Alvaro Morata, influencer (e questo è un reato sicuro…) rea di fare pubblicità indiretta al sindaco perché suo padre è sponsor della pallacanestro Reyer. Società che per merito di Brugnaro ha vinto due scudetti negli ultimi anni, strappando il monopolio a Milano e a Bologna.
Siamo ai titoli di coda
Brugnaro non ha bisogno di consigli ed è altamente permaloso. Scusa Gigio, oggi sei milionario, fai il beau geste. Regala al Comune i Pili. Passerai alla storia e cancelli il sospetto di conflitto di interessi. Sic et simpliciter. Da blind trust a miracolo visibile.