L’artista Andrea Tagliapietra, al suo modo lacerante, si esprime per principio d’amore. Amore per l’essere umano, per la sua essenza carnale, troppo spesso umiliata e fraintesa. Non c’è nulla di approssimativo, o d’incerto, nella sua visione: anche la sintesi, l’inciso gridano all’ingiustizia. L’idea è limpida: «Abbi cura di te – sostiene – di quello che rimane del tuo io, del tuo corpo, della tua persona». Ora che la tua identità è stata calpestata, messa in pericolo. Ora che i morti sono divenuti numeri di una lista infernale. Abbi cura di te, come uscissi alla luce, dopo aver attraversato l’ombra; dopo l’incubo dell’incertezza, nella mancanza di abbracci.
Abbi cura di te. Parola di Andrea
L’esposizione di Andrea, inaugurata il 5 giugno presso la Galleria VISIONI ALTRE, in campo di Ghetto Novo a Venezia, a cura di Adolfina de Stefani, propone opere realizzate durante la clausura pandemica: alcune tele di grandi dimensioni ed altre più contenute, ma tutte di notevole impatto emotivo. Senza filtri è la denuncia, così come l’espressione; i nudi di Tagliapietra odorano di verità e rivelano le ipocrisie ricorrenti: «Quello che voglio fare – l’affermazione è di Francis Bacon, ma si attaglia perfettamente a questa mostra – è distorcere le cose ben oltre l’apparenza ma, nella distorsione, restituire quell’apparenza come documento, come traccia-bugia».
Tagliapietra ci ha abituati da anni ad una cifra di estremo realismo trasfigurato; una mano, la sua, che conosce per affinità i grandi corpi tizianeschi, ma rilegge la realtà alla Soutine, richiama la brutalità suprema dei suoi quarti di bue. È carne vera, è sangue, dramma che si attua davanti agli occhi di chi guarda, sensuale e spietato. Nei lumi di quella pelle, in quelle ferite, s’intravvede però un moto di condivisione, di tenerezza che non troveremmo in Lucian Freud o negli incubi di Bacon.
Abbi cura di te senza paura
Più che «stupire, disturbare o sedurre», motto caro agli artisti della Scuola di Londra, Andrea condivide e svela: il gioco del padrone che convince i lavoratori di Amazon ad urinare in una bottiglia, per non fermare la catena delle consegne; la tenerezza negata in volti senza volto, il sesso banalizzato, anzi, la stessa identità messa a repentaglio. «L’artista – scrive la curatrice – avvalora l’idea di come il corpo sia sostanzialmente il risultato di pratiche discorsive che agiscono sulla sua superficie …».
Opere difficili
Ecco la difficoltà che queste opere esprimono con spiazzante sincerità: siamo materia in transito, ci dicono, soggetta alle deviazioni del percorso esistenziale, alla cultura, agli avvenimenti esterni. Alla dimensione esibita dei suoi corpi crudi, Andrea somma un profumo neopop: la bottiglia a tratto, una per troppe, sul nudo latteo, il viso come un palloncino senza tinte; il profilo schiacciato sul pavimento in un ultimo sguardo, Love me tender. Un gregge di pecore alla deriva, dove i musi si replicano in una catena infinita di specchi e lo spazio è graffiato di rosso. Siamo noi? Siamo quello che potremmo diventare, se non ci prendessimo a cuore la verità dei nostri corpi imperfetti e luminosi? A ricordarci, per antinomia, tutta la bellezza dell’esistere puro e semplice, è sufficiente lo splendido video in galleria, dove la performer Mariarosa Vio esercita una magistrale elasticità, piegando le giunture agli angoli del mondo, in gesti assieme liberatori e definitivi.
Andrea Tagliapietra
Nato a Venezia nel 1976, Andrea Tagliapietra vive e lavora ancora nella sua Burano. Si è formato presso la Scuola Internazionale di Grafica e ha frequentato, in seguito, per approfondire il suo interesse per l’anatomia, i corsi di nudo di Studio 13. È forse una delle figure più interessanti ed originali della sua generazione: per la schiettezza, talvolta provocatoria, ma sempre connotante; per la bellezza del reale che regala al proprio pubblico.
Abbi cura di te. Come essere senziente, con i tuoi errori e i tuoi orrori
Torna alla mente Spinoza, quando afferma: «Qui non parlo della bellezza, e delle altre “perfezioni” che gli uomini hanno voluto chiamare perfezioni per superstizione e ignoranza, ma intendo per perfezione solo l’essere». Solo l’essere, appunto; una realtà non graziosa, anzi poco rassicurante. Forte, non esteticamente leggera. Rivelata in questa mostra con urgenza, come una necessità.
Se a qualcuno la verità non piacesse, se qualcuno si sentisse offeso dalla crudezza del messaggio, basta guardare altrove, l’arte ipocrita dilaga. Per gli altri, un brivido della coscienza, e gratitudine.
una chiara lettura critica intorno alle complesse opere dell’artista.