Intravedo la sua sagoma i cui confini sono offuscati dal fumo di un sigaro toscano. E’ seduto a un tavolino, davanti a sé l’inseparabile Olivetti lettera 22, alla sua destra una bottiglia di vino, alla destra un bicchiere. Avvicinandomi rallento per l’emozione, poi lui scioglie il mio imbarazzo: “Prego, si accomodi. La stavo aspettando”. Mi esce un impacciato “Buongiorno, dottor Brera”. Vorrei dirgli maestro, ma so che non amava essere chiamato così. Forse sarebbe meglio Direttore, piacerebbe di più anche a lui che a soli 30 anni si ritrovò a occupare la poltrona più importante della Gazzetta dello Sport.
la mia intervista con Brera
Mi siedo davanti a lui che, cortesemente, m’invita a bere un bicchiere di vino insieme. La bottiglia sul tavolo è una Bonarda dell’Oltrepò Pavese. Un ottimo vino, uno dei preferiti da Gianni Brera, il più grande giornalista sportivo italiano di sempre, anche se la definizione è riduttiva. Brera è stato molto di più. Ha creato un modo di fare giornalismo, inventando un vocabolario calcistico: libero, centrocampista, goleador, contropiede, catenaccio, melina. Tutti termini che usiamo ancora oggi ma che uscirono dalla macchina per scrivere del grande giornalista pavese per definire un ruolo o un modulo di gioco. Oppure soprannomi affibbiati a giocatori, allenatori che sono rimasti appiccicati a loro per tutta la vita: Rombo di tuono per Gigi Riva, Puliciclone per Paolino Pulici, Abatino dedicato poco simpaticamente a Rivera. Ma il genio di Brera toccò più campi. Su tutti il “cavaliere” dedicato a Silvio Berlusconi, che da quel momento diventò per sempre tale. Fu sempre Brera poi ad inventare il termine “Padania” che anticipò la nascita della Lega Nord.
Con Brera https://www.enordest.it apre la serie delle sue interviste impossibili. L’incontro non è causale, sono iniziati gli Europei di calcio e vogliamo il suo qualificato parere sul torneo e sui cambiamenti che stanno toccando il calcio.
Buongiorno Direttore Brera, sappiamo che lei non si è mai tirato indietro davanti a un pronostico, chi vincerà l’Europeo?
“Buongiorno a lei e a tutti i lettori, quanto mi mancate! Come amavo scrivere: i pronostici li sbaglia solo chi non li fa. Io ne ho fatti e sbagliati tanti. I più clamorosi nel 1970 col Brasile, non mi sembravano così forti prima del Mondiale messicano, e nel 1982 con l’Italia, definii il nostro un centrocampo di broccacci. Chiedo venia. Però, anche oggi non mi tiro indietro. La prima doverosa constatazione è che non essendoci un paese ospitante bensì tanti paesi ospitanti, una favorita d’obbligo non ci può essere”.
Mi scusi, perché?
“Le vengo a spiegare, perché l’ospitare un torneo genera tutta una serie di condizioni che condizionano, scusi il gioco di parole, gli avversari e gli arbitri e gasano gli ospitanti. In più è un torneo anomalo. Questo maledetto virus ha cancellato il pubblico che ora, è vero, è tornato ma solo in minima parte. Il calciatore in quanto uomo è un animale e caricato dal ruggito degli spalti può cambiare il suo impegno in campo. Così come l’avversario, soprattutto quelli più “abatini” essere intimoriti dal tifo avverso”.
Certo, ma una favorita c’è?
“Le favorite sono più di una. Dico: Germania e Francia. Lascio da parte Belgio e Inghilterra. I primi non hanno mai vinto niente e non vinceranno mai niente. I secondi hanno inventato il football – di questo gliene saremo sempre grati – ma su questo si sono crogiolati, non hanno però vinto nulla. O meglio un Mondiale nel 1966 ma grazie, come sostenevo poc’anzi, all’averlo giocato in casa con condizionamenti del pubblico su giocatori e arbitri”.
Direttore Brera, e l’Italia?
“Non mi convince questa voglia di dichiarare al mondo che giochiamo un calcio d’attacco, rinnegando la nostra tradizione. Abbiamo sempre vinto con grandi difese: nel 1934, nel 1938, nel 1968, nel 1982 e nel 2006. Oggi non vedo una grande difesa tra i pedatori nazionali. Tra un po’ arriveranno squadre con attaccanti veri. Lì vedremo di che pasta sono fatti i nostri azzurri”.
Non crede che il calcio sia cambiato?
“E’ cambiato ma al tempo stesso è lo stesso. Come io cambiai, senza volerlo mi creda, il vocabolario, così hanno fatto altri dopo. Dire contropiede è una parolaccia. Ma il Chelsea di quel giovane tedesco, il biondino…..
Direttore Brera, parla di Tuchel?
“Sì, bravo. Tuchel fa molto bene difesa e contropiede ma dirlo sembra una bestemmia. Quel pirla di Guardiola è stato uccellato così. Lui, Guardiola, pensa di aver inventato il football ma non ha inventato nulla. Quella roba lì, il tiki-taka, lo facevano i brasiliani, io la chiamavo, melina, decenni fa. A modo suo la faceva anche un grande del calcio: Liedholm”.
Quindi il contropiede esiste ancora?
“Sì. E’ vivo e gode di ottima salute. I più grandi giocatori del mondo sono contropiedisti. Il francesino Mbappé passerà alla storia come uno dei migliori contropiedisti di sempre. Deschamps, che fesso non è, ha un’ottima difesa, un centrocampo sontuoso dove Kanté sa fare tutto e protegge la difesa meglio di chiunque altro al mondo e giocano tutti per lanciare Mbappè”.
Che ne pensa del rischio di un campionato spezzatino?
“Lo spezzatino è uno dei miei secondi piatti preferiti, abbinato a questa Bonarda sarebbe perfetto. A parte gli scherzi, il calcio, da quando è diventato popolare, va dietro ai soldi. Molti mi criticavano perché riuscivo a strappare contratti vantaggiosi, ma i colleghi poi mi ringraziavano perché ho nobilitato una categoria. Lo scriba di sport veniva visto come un giornalista si serie B. Con me, a ruota, in molti iniziarono a pretendere quello che gli spettava per meriti e competenza. Posso dire, non ho timore di smentite, di essere stato il primo opinionista. Ora di opinionisti ce ne sono un po’ troppi ma il problema non è il numero. Il problema è la scarsa competenza, Ora snocciolano dati e statistiche, una noia mortale. In pochi parlano del gesto tecnico. Tornando allo spezzatino, se servono i soldi alle società, in crisi per il virus, arriverà e tutti ce ne faremo una ragione”.
Direttore Brera, vogliamo chiudere con il ricordo di uno sei suoi giocatori preferiti, venuto a mancare da poco: Burgnich
“Il mio caro Tarcisio, non vedo l’ora di riabbracciarlo. L’altro giorno ne parlavo con Armando Picchi. La difesa della grande Inter si sta ricomponendo in cielo. Lo voglio ricordare con la pagella che scrissi su di lui dopo Italia-Germania 4-3 ai Mondiali di Messico 1970 sulla Gazzetta: eroe della giornata: non per il gol, e neanche per aver scoraggiato Lohr e poi Grabowski, ma per aver tenuto l’area su Muller da grandissimo gladiatore. Voto: 9 più, come minimo”.