C’era una volta Jan Amos Komensky, detto Comenio. Il personaggio non è così noto, se non ad un pubblico di specialisti, eppure gli si deve moltissimo: teologo e pedagogista, grammatico, scrittore, educatore, poligrafo e per giunta pacifista, il ceco Comenio – vissuto a cavallo tra sedicesimo e diciassettesimo secolo – sosteneva una grande verità, cioè che si può insegnare tutto a tutti. Suo è l’Orbis sensualium pictus, il primo sussidiario illustrato (da lui stesso) per l’infanzia, pubblicato nel 1658. La sua pedagogia rivoluzionaria, ricca di possibili sviluppi didattici, trova una perfetta collocazione nell’ambito della cultura europea del tempo: l’epoca in cui la stampa e la polvere da sparo hanno cambiato il mondo, assieme alla definizione del cosiddetto metodo scientifico. È così che l’iconologia si fa anche studio delle figure finalizzate all’educazione.
L’abbecedario è termine un po’ in disuso, fa tornare alla mente i sacrifici di Geppetto che si vende la giubba per comprarlo a Pinocchio, ma le sue tracce rimandano a tempi molto lontani: è la vicenda della progressiva legittimazione delle figure da parte della Chiesa nel Medioevo, più che altro per farne strumento di catechesi.
Racconto di dipinti e bassorilievi nelle cattedrali, la rivoluzione giottesca nella definizione dei personaggi. Lo sa bene il critico tedesco Hans Belting, specializzato in imagologia, che ha paragonato la storia dell’arte ad una storia del corpo. Immagini sacre e abbecedari, repertori a stampa, fino all’illustrazione moderna farebbero tutti parte, secondo Belting, di una vera e propria antropologia dell’immagine.
Figure, storia e immagini

Quando poi, al fattore divulgativo in senso stretto, viene a collegarsi quella che lo storico Philippe Ariès ha definito per primo la «scoperta dell’infanzia», la questione diviene basilare e trainante: è il filo che dall’Orbis sensualium pictus di Comenio, innovativo e preveggente, porta all’Émile di Rousseau, pubblicato circa un secolo dopo, nel 1762. Finalmente i bambini si avviano ad essere riconosciuti come soggetti sociali degni di nota, al centro di una specifica produzione culturale; una realtà – come aveva preannunciato Komensky – fatta d’immagini.
Dai giochi alla parola
Dai giochi ai libri illustrati, fino alle figurine da collezione, la sinergia parola-immagine attraversa i diversi strumenti didattici (specie con la nascita del concetto moderno di scuola pubblica, che afferma il diritto di tutti all’istruzione). Per l’Italia, a dir il vero, soprattutto fino ad una cinquantina di anni fa, le resistenze verso la pedagogia dell’immagine sono state piuttosto forti; gli alfabeti figurati erano accettati con una certa difficoltà, mentre si preferiva utilizzare strategie mnemoniche pure. Tuttavia, l’impiego dell’immagine nell’apprendimento si è sviluppato ugualmente: si pensi al geniale procedimento modulare che, già nell’Ottocento, aveva predisposto Friedrich Fröbel, influenzando artisti come Klee e Kandinskij, e la stessa Maria Montessori; oppure si potrebbe citare il brasiliano Paulo Freire e la sua «pratica della libertà».

Alfabeto e ostracismo
Tra ostracismi, polemiche e controversie pedagogiche, la strada tracciata da Comenio arriva fino a noi, anche in campo editoriale. Ultimo nato, appena uscito per la collana Biesse Arte Junior, da un’idea di Franco Battanoli e Maria Galati, con la consulenza della psicoterapeuta Anna Giudici, è un prezioso libretto ad uso didattico, Impara l’alfabeto colorando gli animali. Ventidue disegni della stessa Galati, molto ben identificabili, con il loro nome e l’esempio colorato a fianco.
La semplicità delle figure
La semplicità della scelta non è affatto casuale. Chissà se qualcuno si ricorda di quel gruppo di educatori emiliani che, una trentina di anni fa, si permisero di togliere al più tradizionale dei modelli, il gioco dell’oca, la sua varietà esemplificativa, per sostituirlo con un rigido schema astratto … Fu un totale insuccesso. Ecco perché, in questo album, un gatto è un gatto e una renna assomiglia proprio alle renne. Lo stesso Battanoli, eclettica figura di artista, editore, divulgatore d’immagini, ci tiene a ribadirlo: «Nessun fraintendimento, nessun dubbio, solo semplicità e chiarezza».
Non è un ritorno al passato

Pare un ritorno al passato, ma in fondo è molto altro. È tecnica lungimirante di mimesi. Una volta che si sa distinguere il gatto – vale soprattutto per i bimbi più piccoli – si può comprendere che di gatti ce ne sono molti, e diversi tra loro. Forse vale anche per gli umani, o almeno lo si spera.
Una bellissima idea!! Io ricordo nei primi tre anni di elementari l’inserimento di questo tipo di insegnamento definito insiemistica…. l’insegnante Irene ..davvero bei ricordi!! Vedrò di acquistarne copie!!!
Per quanto letto di scritture e memorie ,nella semplificazione delle letture assocciate alle figure, è stato molto interesante.nel periodo di quel tempo ma,aggiungo,credo sia utile tuttoggi
Metterlo in pratica per tantissime persone nonostante la tecnologia avanzata del nostro tempo.
sono Maria Galati ringrazio la giornalista Francesca Brandes per il giudizio positivo nei confronti di Franco Battanoli e miei riguardo il lavoro’ svolto” impara l’alfabeto colorando gli animali”.grazie e saluti
E’ la prima volta che vedo questo giornale online e mi ritrovo da protagonista, grazie alla ricerca e analisi fatta da Francesca Brandes, che ringrazio infinitamente per l’articolo scritto