Nel XXXIII canto del Purgatorio, Beatrice, parlando a Dante, prima che quest’ultimo raggiunga il fiume Eunoè e venga al suo interno immerso da Matelda affinché diventi puro e disposto a salire nel Paradiso, gli si rivolge annunciando profezie ed ordinando di prendere nota delle sue parole e manifestarle ai vivi. Proprio esortando Dante ad eseguire questi ultimi passaggi, Beatrice commenta: “segna a’ vivi del viver ch’è un correre a la morte”. Beatrice sussurra al Sommo Poeta che la vita è umana ed è quindi mortale. La vera vita, infatti, è quella eterna, quella in cui si vive per sempre.
La morte e la scomparsa di Astori
Dante descrive con la sua inconfondibile sensibilità il concetto di morte. Una corsa, una gara che non sappiamo quanto possa durare ma che è sempre destinata ad avere un traguardo. D’altronde la morte è l’unico futuro certo che ci è concesso ipotizzare. Lo stesso valeva per Davide Astori, calciatore ma prima di tutto uomo che a soli 31 anni ha dovuto prematuramente lasciare una moglie ed una figlia di appena due anni.
Chi era Astori
Davide nella sua ultima stagione era diventato il capitano di una Fiorentina che puntava a rinnovarsi e che aveva visto i suoi giocatori più carismatici, come Gonzalo Rodriguez e Borja Valero (rispettivamente capitano e vice nella stagione precedente), andare via. La squadra era pronta ad una nuova era. Acquistati giovani provenienti da più campionati europei e Pioli, allenatore di quella Fiorentina, scelse come capitano e punto di riferimento proprio Davide. Milan Badelj, il compagno che ne ereditò la fascia, in una lettera scritta e letta in una Basilica di Santa Croce colorata di viola ed emotivamente distrutta disse di Davide che parlava la lingua universale del cuore. E che bisogno c’è di sapere le lingue se si riesce a comunicare con i propri compagni senza parlare nella stessa lingua. I rapporti umani vanno oltre questa astratta barriera. Pioli vide proprio questo in Davide, un comunicatore, un motivatore, non un semplice giocatore.
Davide e quella morte assurda
Astori era anche un bel difensore. Non era certamente un fuoriclasse ma se arrivi a disputare quasi 300 partite in Serie A e ad essere nel giro della Nazionale italiana sei sicuramente valido. Davide lo era e da ragazzo, dopo le giovanili di squadre locali della sua Bergamo, acquistato dal Milan che in lui intravedeva grandi doti. Per essere un difensore aveva infatti un educato sinistro ed altre qualità che a soli 21 anni lo portarono a debuttare in Serie A, con la maglia del Cagliari. Squadra che lo acquistò in comproprietà dal Milan. In Sardegna arrivarono le prime convocazioni in azzurro e le prime lusinghe dei top club italiani. Dopo sei anni in rossoblù scelse così prima Roma e poi Firenze, la città che gli regalò Vittoria, sua figlia.
Ad una tale crudeltà, capace di strappare ad una figlia di appena due anni e ad una giovane moglie con ancora tutta la vita davanti una figura così importante e di riferimento, non ci sono risposte. Sono gli eventi che ci fanno pensare se sia veramente giusto credere in una divinità, l’eterna domanda che non troverà mai una risposta unanime, essendo una questione tremendamente soggettiva.
La Fiorentina non se ne capacita
Una delle immagini più forti che rappresenta il dolore della scomparsa di Davide vede i giocatori della Fiorentina distrutti, in lacrime e a terra dopo la fine della partita contro il Benevento, la prima senza il loro capitano. A fare da contorno c’è lo stadio pieno di tifosi ed un campo inzuppato di pioggia. Munch nel suo diario personale scrisse di non saper descrivere a parole il malessere da lui avvertivo, ma che era invece capace di dipingere. Come un quadro, quell’immagine più di ogni dichiarazione rappresenta lo stato vissuto dai giocatori della Fiorentina. Costretti a giocare da una Lega che decise di non rinviare una partita di pallone dopo che più di venti ragazzi si ritrovarono a vivere la settimana più dura e assurda della loro vita.
Hugo risponde alla Lega in nome di Astori
La partita fu comunque piena di significati. Il posto di Davide venne preso da Vitor Hugo. Centrale brasiliano che siglò la rete decisiva con uno stacco imperioso che lo vide volare molto più in alto di tanti illustri ed esaltati campioni del nostro campionato. L’elevazione del difensore fu impressionante, come se fosse stato sollevato da qualcosa, anzi da qualcuno. Alla rete seguì la celebrazione, con saluto al capitano portando la mano destra sulla testa. Una cerimonia che divenne prassi dopo ogni partita sotto la curva e che instaurò un fortissimo legame tra squadra, tifosi e Firenze.
Ciao Davide
Il 4 marzo di tre anni fa Davide Astori scomparve nel sonno per una aritmia ventricolare maligna. Il capitano della Fiorentina questa settimana è stato ricordato sui campi delle squadre di Serie A, impegnate nel turno infrasettimanale della venticinquesima giornata di campionato. Tutte le squadre hanno fermato il gioco al minuto 13. Il suo numero. E un lungo applauso che tramanda ancora di più in eterno la storia di Davide e il dolore per lui vissuto.