Continuano le passeggiate alla scoperta dei luoghi meno conosciuti dei Colli Euganei, con le loro chiesette simbolo di una spiritualità diffusa sul territorio e molto sentita. Salendo dal paese di Torreglia, dopo alcuni ripidi tornanti si giunge a Torreglia Alta, un minuscolo borgo dove svetta la piccola chiesa di San Sabino, da cui si domina il paesaggio dei colli tutto intorno.

La torre campanaria di San Sabino
Già esistente nel Milleduecento, anch’essa alle dipendenze dell’antica pieve di Luvigliano, sul piccolo colle della Mira, possiede una possente torre campanaria, sorta probabilmente sui resti di un antichissimo fortilizio, di cui rimane traccia nel toponimo (‘Turricula’, da cui ‘Torreglia’). Si accede da una grande scalinata in trachite che con le due ali abbraccia il colle e salendo i gradini si scopre poco a poco il portale barocco, da cui si affaccia la statua di S. Sabino, con la cornice e la lunetta in pietra di Nanto, estratta dai vicini Colli Berici di Vicenza.
San Sabino (o Savino) era un martire del IV secolo, vescovo di Assisi e Spoleto: gli vennero amputate le mani e fu ucciso a bastonate durante le persecuzioni dei cristiani di Diocleziano per aver ridato la vista a un cieco. Secondo la leggenda era cittadino monselicense: è infatti patrono di Monselice, dove sono conservate in Duomo nuovo le sue reliquie ‒ un tempo custodite dalla famiglia Cumani e poi dai conti Miari di Padova ‒, meta di pellegrinaggio fino all’Ottocento il giorno a lui dedicato, il 7 dicembre.
San Sabino
Della chiesa antica resta ben poco. L’assetto attuale è settecentesco. Dovuto ai restauri ultimati nel 1765 eseguiti grazie ai finanziamenti del sacerdote e letterato Iacopo Facciolati, al secolo Giacomo Fasolato, nativo di Torreglia. La sua casa natale si trovava all’inizio dell’attuale via Mondonego. Esattamente davanti alla Chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Una lapide commemorativa in latino dice: Salve, augusta casa, al tuo splendore si inchinino le regge sostenute da greche colonne.
Facciolati e San Sabino
Al Facciolati, profondo conoscitore di latino e greco, professore di filosofia nel Seminario vescovile di Padova e di logica nel 1723 nell’Università di Padova, dobbiamo il famoso dizionario di latino, il ‘Lexicon totius latinitatis’ (redatto con l’aiuto del suo discepolo Egidio Forcellini). Il famoso ‘Calepino’, dizionario latino in sette lingue (ampliato dal dizionario di Ambrogio Calepio) e anche una grammatica greca ristampata fino al 1819. Facciolati donò agli abitanti di Torreglia, detti Tauriliensi, anche la statua della Madonna con bambino. Probabilmente opera di Francesco Rizzi, secondo fonti parrocchiali proveniente dall’eremo olivetano del Monte Venda. Soppresso dalla Repubblica Veneta nel 1767 e ospitata oggi nel capitello di via Mirabello.
Il culto

Anche nella chiesa di San Sabino a Torreglia Alta, come a Tramonte, c’è il culto per i santi Rocco e Sebastiano, protettori dalla peste. Dopo la grande peste del 1630 fu portata qui in una nicchia la celebre statua barocca della Madonna del Carmine. Che viene portata in una solenne processione al santuario di Monteortone ogni lunedì di Pasquetta ancora oggi circa dalla metà del Seicento. Sulla parete nord della navata il monumento funebre di Giuseppe Barbieri, opera di Pietro Selvatico. Barbieri fu insegnante di retorica all’abbazia di Praglia e di filologia greca e latina all’Università di Padova nel 1808. Poeta e autore delle ‘Veglie tauriliane’ dedicate ai Colli Euganei e a Torreglia, di cui scriveva: Né piccolo pregio è quell’altro, che in luogo elevato e montuoso, com’è Torreglia, possiate usare comodamente di strade rotatili, e insuinuarvi per entro alle falde ombrose di que’ monticelli, cangiando scena, che men vi attendete, ad ogni mover di passo. E dirò inoltre che ci abbiamo a dovizia e seni riposti, e sentieruzzi romiti, e cantoni di vario gusto, dove più gai, dove più malinconici, e linee serpeggianti [….]

Tommaseo
Una lapide sulla parete destra della chiesa ricorda che qui fu ospite dell’abate Giuseppe Barbieri il letterato e linguista Niccolò Tommaseo. Socio dell’Accademia della Crusca, fautore dell’idioma toscano e autore del Dizionario della lingua italiana (noto come Tommaseo-Bellini). Compose una poesia in latino di 87 versi dedicata proprio a Torreglia: […]Cantiamo Torreglia. Poeta che vivi nella amata ombra, prestami la cetra che raccontò gli amori dei fiori, l’euganea terra, l’alternarsi delle stagioni e il grande Meronte. Non lontano dall’euganea urbe vi è un luogo bellissimo: era mare; ma da tempo, per l’esplodere delle fiamme, le onde si ritirarono: i colli balzano fuori, si piegano ad arco, verdeggiano rigogliosi di ogni bene […]