Stavo rileggendo i libri di memorie o meglio romanzi scritti dalla famosa scrittrice di moda Luciana Crovato Boccardi, pubblicati nel 2021 l’anno prima di morire, quasi novantenne, nel 2022. Narrazione di una infanzia complessa e vita professionale di successo. Da dattilografa sedicenne ultra-veloce alla Biennale a firma prestigiosa del Gazzettino. Con “La signorina Crovato” e “Dentro la vita” un racconto appassionato sulla Venezia dagli anni Trenta (e fascista) in su. Nel primo libro si parla spesso di Raoul Crovato, il suo mitico papà. Professore di musica, comunista messo in carcere, costretto a lavorare all’estero e infine staffetta partigiana. Totalmente cieco per un incidente che lo colpì appena 39enne. Girava con il bastone per riconoscere i luoghi e le calli, portava messaggi, organizzava incontri clandestini di anti-fascisti, ascoltava radio Londra di Ruggiero Orlando. Nessun fascista, nazista o repubblichino sospettava di lui, tanto era un povero e innocuo cieco. Compì anche un gesto eroico nel 1944, quando seppe che le squadracce volevano ammazzare Mario Ronfini, attivista repubblicano che viveva in campo San Zan Degolà a Venezia. Di notte, nonostante il coprifuoco, partì da S.Agostin dove abitava per avvisare l’amico Mario chiamato “Mato” dai partigiani.
Essere partigiani senza elogiarsi a fine guerra
In fondamenta avevano appena strappato le ringhiere di ferro, perché la Patria in guerra ne aveva bisogno. Fu così che Raoul, partigiano comunista, cadde in acqua e rischiò di annegare. Se ne accorse un bambino di nove anni, tale Gigi che viveva con sua madre Tina Lazzarini in casa di Mario Ronfini.
Quei partigiani che ancora portano con sé la memoria
Come faccio a sapere tutti questi particolari? Perché Gigi è oggi un signore di 89 anni, diventato fotografo famoso, con mostra personale alla Fondazione Querini Stampalia. Si chiama Luigi Ferrigno e ha passato l’infanzia come vicino di casa di Luciana Crovato. Lo chiamo e gli racconto i ricordi infantili riportati dai libri e la vicenda del partigiano Raoul. “Ebbene sì – dice commosso – quel bambino ero io. Mia madre Celestina, detta Tina, separata legalmente, una novità per l’epoca, era la compagna di Mario che mi trattava come un figlio”.
Ricordi del regime, lei che è nato nel 1935?
“Dovevamo vivere in semi-clandestinità, perché tutti conoscevano le idee repubblicane e anti-fasciste di Mario. Addirittura siamo stati un periodo chiusi in un giardino con un magazzino nascosto perché lo stavano cercando. Quante paure! Mia mamma era molto amica di Marcella, la mamma di Luciana Boccardi. Erano due donne bellissime. Sia Raoul che Mario erano partigiani militanti. Abbiamo anche dovuto rifugiarci in campagna. Per mangiare, Mario andava a caccia. Una volta mi disse: imbraccia il fucile (che era enorme) e prendi quel coniglio. Io sparai a caso e purtroppo uccisi quel povero animale. Rimasi talmente male che da quella volta non toccai più un’arma e…non mangiai più coniglio”.
Magari il prossimo 25 aprile, giusto ottant’anni dopo, ricordiamoci di Raoul e Mario.