Un patto storico a 2130 metri sul livello del mare. Mille metri di ascesa in escursione per stringersi la mano. Così si è chiusa la 21a edizione di Chies e le sue montagne. La rassegna itinerante dedicata al “mondo verticale e i suoi cavalieri” ha voluto accompagnare la consueta messa, celebrata ogni anno su una cima o una forcella differente, con un importante momento simbolico. Più di ottanta le persone che si sono ritrovate sul passo Valbona, lungo il tracciato dell’Alta Via n. 7, con le rappresentanze di sei amministrazioni comunali. Su quel confine che marca il passaggio tra la Regione del Veneto, con i comuni di Chies d’Alpago, Alpago e Tambre, e la Regione Friuli Venezia Giulia, con i Comuni di Erto e Casso, Valcellina e Claut.
Un gemellaggio di amicizia
Per il sindaco di Chies, Gianluca Dal Borgo: “E’ stato un gemellaggio storico di amicizia. Sicuramente il passo Valbona era sempre stato visto come una barriera montana che ci separava, perché noi abitiamo qui, nella conca, e loro abitano al di là delle nostre montagne. Adesso però il passo Valbona è diventato una soglia per riunirsi tra vallate, quindi un momento per conoscersi, per stringere un’alleanza, ma anche per ricevere stimoli per poi migliorare una volta ritornati a valle dalle nostre comunità, nei nostri territori”.
Poco sopra, a guardarli, maestoso il Col Nudo, la montagna più alta delle prealpi dolomitiche, dai suoi 2471 metri. Così come per secoli ha vigilato su quel passo, mentre le genti lo usavano per scambiarsi beni evitando dazi e tasse di transito imposte sulle vie di comunicazione normali. O concordare la dote per un matrimonio. Perché tante sono le storie che si potrebbero raccontare. Vicissitudini, a volte vere e proprie imprese, che accomunano queste genti delle terre alte, al di qua e al di là della cresta.
Il patto suggellato dalla messa
E con l’omelia di don Rinaldo Ottone, è stata anche un’occasione, sottolineano gli organizzatori, per ricordare “tutti gli amici e conoscenti che la montagna, meraviglia del creato, ha voluto con sé”. Infine il momento conviviale alla locanda della frazione di San Martino, con lo scambio di doni tra le sei amministrazioni coinvolte.
Testimonial del patto il campione Valbusa
La settimana che ha portato a questo evento finale è stata indubbiamente intensa e interessante. Dal martedì nella sala polivalente di Lamosano con la presentazione del libro “Randagio”, edito nel 2021 dalla Fandango Libri. Presenti gli autori; la scrittrice di successo Serene Marchi, e il protagonista di questo romanzo autobiografico, il veronese Fulvio “Bubo” Valbusa, con i suoi vent’anni da atleta della Nazionale italiana nello sci di fondo con il Corpo Forestale dello Stato. Numerose le sue vittorie ai campionati mondiali, ma più di tutte saranno ricordate le medaglie olimpiche come l’argento di Nagano 1988 e l’indimenticabile oro nella staffetta 4×100 a Torino 2006 con i connazionali Zorzi, Di Centa e Piller Cottrer.
Ma a catturare il pubblico, più che la vita dello sportivo, è stato l’uomo Valbusa
Due i momenti che hanno segnato profondamente la sua vita e il suo carattere. Da giovane, la perdita a 15 anni del fratello gemello Silvio. Di recente, l’arrivo di due lupi in Lessinia a cui si è interessato per lavoro essendo rientrato come effettivo nei Carabinieri Forestali.
Un patto ad altissima quota
Venerdì 28 ottobre, nella struttura coperta di San Martino, è stata la volta di Silvio “Gnaro” Mondinelli, nato nel 1958 a Gardone Valtrompia e trasferitosi poi ai piedi del Monte Rosa, ad Alagna Valsesia nel Vercellese. Diventato famoso per essere il secondo italiano ad aver salito tutte le 14 vette più alte della Terra, sopra gli 8.000 metri, senza l’aiuto delle bombole di ossigeno. Come prima di lui aveva fatto Reinhold Messner. Un centinaio le persone che hanno potuto capire quanta preparazione sia necessaria per un’impresa così estrema. Un allenamento, fisico e mentale, una dieta rigorosa, raccontati dettagliatamente attraverso un docufilm. Una carriera sportiva che culmina nel 2007 col Makalu, sull’imponente catena himalayana, tra Nepal e Tibet. Oggi Gnaro continua ancora a salire le vette, accompagnando altri alpinisti. E raccogliendo fondi per donare una scuola a quelle popolazioni più bisognose incontrate lungo il suo peregrinare.