Anche quest’anno Mirano si mette in vetrina con l’oca. E il pennuto è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista per questa ricorrenza, con una fiera da decine di migliaia di visitatori, hotel e ristoranti da tutto esaurito, occasioni di svago e riscoperta di antiche tradizioni locali, comprese quelle legate alla buona tavola e al cibo. Oca da guardare, oca da mangiare, oca per divertire.
Mirano e l’oca
Mirano, 27 mila abitanti in provincia di Venezia, nel weekend di San Martino, cambia volto per due giorni: il centro storico si trasforma in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento. A farla da padrona sono gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Anche i moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca.
L’appuntamento con il salto indietro nel tempo quest’anno èil 12 e 13 novembre: ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo, l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta. Protagonista il pennuto più famoso di queste zone, in linea con il detto popolare “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”, ovvero chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino.
È sempre stata usanza, dalle parti di Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, mangiando l’oca. Questo perché in quel periodo dell’anno la carne del pennuto è così grassa e tenera da sciogliersi in bocca, ma soprattutto all’epoca i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale.
L’Oca simbolo di Mirano
Roberto Gallorini, patron della Pro Loco, e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze: un modo per far innamorare i miranesi delle proprie radici. Un’altra grande intuizione fu quella di chiedere al pittore Carlo Preti, di ideare e creare “El Zogo de l’oca deMiran”, edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. Preti si prodigò ridisegnando il percorso a spirale del gioco, illustrando le 63 caselle con aneddoti, proverbi, luoghi e fatti della storia della città. Nel 1998 Gallorini prese il disegno di Preti e lo sovrappose alla piazza di Mirano, che guarda caso ha forma ovale. La piazza del paese diventava così un grande gioco di società. Si realizzarono 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti e soprattutto si inventò improbabili prove di abilità che a molti ricordano i popolari “Giochi senza frontiera” di qualche decennio fa.
La sfida
A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano: così il Zogo è diventato anche una sorta di palio tra contrade, dove si misura la sana rivalità tra i campanili del comune. A darsi battaglia gli arancioni di Scaltenigo, i blu di Vetrego, i gialli di Campocroce, i rossi di Ballò, i verdi di Zianigo e gli azzurri di Mirano capoluogo. Tra i campanili miranesi è sfida vera: le squadre si preparano con largo anticipo, provano i giochi, preparano costumi e tecniche per arrivare per primi alla casella 63. Il pubblico incita, lancia sfottò, si lascia rapire dalla sana rivalità del gioco. Chi vince ha solo l’obbligo di devolvere il premio in denaro a una realtà associativa o benefica del proprio paese ed è ciò che riporta la sfida alla dimensione di gioco.
Il gioco dell’Oca
Attorno al Zogo, per due giorni, la Mirano è quella di un secolo e più fa. Passeggiando il sabato pomeriggio per le vie del centro sembra di essere tornati indietro di cent’anni per la cura riservata ai particolari e soprattutto alle circostanze: i baracconi, il vecchio luna park, i mercanti, tutti in costumi d’epoca fedelmente riprodotti dagli originali. Sempre in cerca di novità, la Pro Loco, qualche anno fa, hanno deciso di esportare la Fiera de l’Oca fuori città. Il viaggio non poteva che portare in Francia, patria dell’oca e del foie gras, che guarda caso, dal 1700, celebra il pennuto proprio nel fine settimana di San Martino. La leggenda, infatti, narra che furono schiamazzi d’oca a svelare ai messi papali il nascondiglio di Martino, intimorito dalla possibilità di essere nominato vescovo di Tours.
Mirano, l’oca e la manifestazione
È una manifestazione che porta a Mirano migliaia di persone da tutta Italia e anche dall’estero, un avvenimento che sicuramente dà lustro alla cittadina veneta. Nei giorni della festa viene consigliato, anche, un percorso particolare, quasi un pellegrinaggio, breve ma intenso, alla scoperta dell’Oca in “tutte le salse”. Si inizia dall’Osteria dell’Oca, una ricostruzione in legno di una vecchia osteria, posta davanti alla fontana del leone, dove assaggiare subito un piattino di affettati misti d’oca (un delizioso prosciutto cotto e un superbo salame). Se si desidera qualcosa di più sostanzioso per lo stomaco, si consiglia un panino con salsiccia d’oca calda.
Enogastronomia
Qui, dalle 12.00 alle 14.00 potrete degustare anche il famoso risotto con salsiccia d’oca di Germano, “il cuoco dell’oca”; inoltre, qui si trova anche un buon bicchiere di vin broulè bollente al profumo di cannella e chiodi di garofano. Dall’Osteria dell’Oca si passa al “Bacareto de l’Oca”; anche questo è la ricostruzione di un locale tipico veneziano dove, con “un’ombra” di vino in mano, degustare “i cicheti”, cose semplici ma sfiziose. Vivamente consigliato il musetto d’oca con polenta ai ferri che è una specialità tipica del territorio.
Non sono da meno, però, il panino con la salsiccia calda e il piatto di ochette: ravioli freschi fatti a forma di ochetta e ripieni di oca (fatti per l’occasione da un bravissimo pastaio di Mortara) saltati nel burro e salvia. Tra un passaggio e l’altro tappa anche all’Osteria del Fritto per gustare e abbandonarsi alla peccaminosa goduria di una mozzarella in carrozza calda e ripiena di prosciutto cotto d’oca.
Denso di particolari interessanti! Piacevole lettura!