“Ora io vi sfido. Mi farò vendetta con la pittura, dipingerò quadri potenti come nemmeno ho visto fare a Caravaggio”. Artemisia Gentileschi seppe mantenere questo impegno con la forza e il talento che pervade ogni sua tela. In lei vediamo tutta la potenza di Caravaggio, l’uso sapiente del chiaroscuro simile a narrazione cinematografica. Entra nell’universo contemporaneo, trafigge la mente e il cuore. Grande pittrice? Grande sicuramente, pittrice come termine non esisteva ancora nel Seicento, una artista donna veniva chiamata pittora.
Chi era Artemisia
Nasce a Roma l’8 luglio 1593, primogenita di un pittore molto affermato Orazio Lomi Gentileschi, amico di Caravaggio. Nella bottega del padre apprende i segreti dell’arte sviluppando un senso della composizione, della luce e del colore ineguagliabili. Basti pensare che a soli 17 anni dipinge “Susanna e i vecchioni” che si trova nell’imponente castello di Weiẞenstein in Germania.
La prima donna all’Accademia del disegno
Nel 1616 a Firenze, è la prima artista ad essere ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno di cui è membro anche Galileo Galilei. In questo ambiente colto e intellettualmente stimolante impara anche a suonare ii liuto.
Artemisia e il coraggio
Come è noto la vita di Artemisia è segnata da un fatto drammatico, la violenza sessuale subita che lei con coraggio denuncia, affrontando un processo estenuante e pericoloso. Ecco cosa scrive: “Sulla tela vendicherò il mio stupro, datemi un campo di battaglia e sentirete lo schianto della mia forza. A 21 anni possiedo armi ben forgiate, spade da affondare nella lussuria di principi e cardinali in forma di Cleopatre, Lucrezie, Veneri e Susanne”. Nel 2017 ho visto a Roma la splendida mostra “Artemisia Gentileschi e il suo tempo”. A Palazzo Braschi erano riunite le sue opere più celebri da “Autoritratto come suonatrice di liuto” a “Giuditta che taglia la testa ad Oloferne”, conservate in prestigiosi musei internazionali.
Da qualche giorno il suo spirito di donna libera è approdato a Venezia
L’occasione è imperdibile. La Fondazione Musei Civici ospita a Palazzo Ducale un suo capolavoro: “Maria Maddalena in estasi”. Proveniente da una collezione privata, inaugura la rassegna “Ospiti a Palazzo”. Dall’11 giugno possiamo ammirarla nella Sala Quarantia Civil Vecchia.
L’opera è arrivata a Palazzo Ducale dopo la fortunata esposizione Her Hand: Artemisia Gentileschi and Women Artists in Italy 1500–1800 nel Detroit Institute of Arts, uno dei più importanti musei degli Stati Uniti.
La Maria Maddalena di Artemisia non è penitente, ma in estasi
La testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi in un mistico rapimento. La fonte luminosa proveniente dal basso aumenta l’intima drammaticità della scena. Si profila un nuovo concetto di rappresentazione. La santa peccatrice non è solo icona penitente che abbandona la vita mondana e si converte, ma svela tutta la voluttuosa bellezza e magnificenza. Colpisce e sorprende i collezionisti dell’epoca per la sensualità e l’intensità espressiva, motivo di pregio ineguagliabile proprio perché dipinto da una donna. Fascino senza tempo che conquista anche lo spettatore contemporaneo.
In una mostra rivive Artemisia donna
Sensazionale dipinto e perfetta collocazione: Palazzo Ducale, Sala Quarantia Civil Vecchia. Quasi una metafora del processo vissuto da Artemisia e che tanto condizionerà la sua vita. Questa stanza di Palazzo Ducale rappresenta infatti l’amministrazione della Giustizia. La Quarantia, creata dal Maggior Consiglio, era il massimo organo di appello dello Stato veneziano. In origine era un organismo unico formato da quaranta membri dotati di ampi poteri politici e legislativi. Successivamente, le quarantie diventano tre, suddivise in cause penali e civili applicate tra territorio veneziano e terraferma.
Palazzo Ducale è un vero viaggio nel tempo, racchiude l’intera storia di una città universale e straordinaria come Venezia. Nella Sala Quarantia Civil Vecchia, che ospita tele del Seicento, è ancora visibile un frammento di affresco, parte dell’antica decorazione prima del restauro del XVII secolo.
Ritorno a Venezia
Quello di Artemisia è un magico ritorno nella città lagunare, la pittrice si fermò in città per circa tre anni, tra il 1626 e il 1629 entrando in contatto con i massimi esponenti della cultura accademica e letteraria dell’epoca. La sua presenza non passò inosservata, affascinati dal suo temperamento artistico molti poeti le dedicarono versi ispirati e lettere. In un opuscolo dato alle stampe nel 1627 dall’editore veneziano Andrea Muschio, si menzionano tre dipinti di quella che viene definita “pittrice romana in Venetia”. A quell’epoca Artemisia aveva già dipinto la sua Maddalena, la critica concorda per una datazione alla prima metà degli anni Venti quando l’artista risiedeva a Roma ed era molto ricercata da committenti blasonati come principi e cardinali.
Il video dell’arrivo di Artemisia
I Musei Civici hanno messo a disposizione un video molto suggestivo, l’arrivo dell’opera in laguna, con l’incipit: “Venezia accoglie Artemisia, il sorprendente ritorno di una illustre artista”. Possiamo seguire l’approdo in Bacino San Marco e il percorso dalla Basilica sino al Museo Correr dove è stata accolta prima di giungere a Palazzo Ducale. Il trasporto lungo lo scalone monumentale del Museo tra esperti e tecnici sotto lo sguardo vigile di Mariacristina Gribaudi Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia e il Direttore Gabriella Belli.
Il processo
Le cronache dell’epoca descrivono Artemisia come una donna molto affascinante, formosa, con una fluente chioma riccia castano rossa, la fronte alta, la bocca piccola e ben disegnata. Ma il percorso professionale sarà drammatico e segnerà la sua vita. Nel 1611 subisce una violenza nell’ambiente di lavoro da un amico di famiglia il pittore paesaggista Agostino Tassi, “un bell’uomo volgare e violento”.
Dal racconto di Artemisia: “È entrato da me con l’inganno e mi ha preso con la forza. Aveva mille mani per tenermi ferma e tutte di ferro. Ho gridato, scalciato, ma è stato inutile. Appena ho potuto ho preso un coltello e gliel’ho tirato…”
Ecco come si difende Agostino Tassi: “Non ho mai pensato a lei, ho già una moglie in Maremma e un’altra donna a Roma”. Inoltre, la definisce una puttana bugiarda che si offre a tutti.
Da donna aggredita, Artemisia dovrà quindi difendersi dall’accusa di essere una bugiarda. Il processo dura per mesi, le chiedono di ritrattare le accuse anche con la tortura. Viene sottoposta al supplizio delle sibille (cordicelle di seta attorcigliate alle dita sino a gonfiarle) con grave rischio per l’integrità delle mani, il suo prezioso strumento di lavoro. Lei coraggiosamente conferma lo stupro e vince il processo, ma dovrà lasciare la città.
Artemisia che precorre i tempi
Quando raggiunge la Toscana si sposa con un pittore fiorentino. Matrimonio atipico, è lei che guadagna e porta i soldi a casa per mantenere la famiglia e i numerosi figli. Diventa persino agente di se stessa, promuove le sue opere e spesso si lamenta perché viene pagata meno di un uomo. Affascina tutte le corti d’Europa con lavori di grande pregio e tecnica raffinata.
Lei che da ragazzina osservava Caravaggio mentre dipingeva nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, viene da sempre celebrata come femminista ante litteram. Carattere ribelle e fiero, unica donna in un mondo di uomini. Avrà anche un lungo rapporto epistolare con Galileo Galilei.
Artemisia e Venezia
Durante il soggiorno veneziano Artemisia trae ispirazione dallo stile dei grandi veneti come Giorgione, Veronese, Tiziano, Tintoretto. È molto probabile che abbia iniziato a Venezia l’opera “Ester e Assuero”, che si trova al Metropolitan Museum di New York. Il soggetto biblico era già stato dipinto da Tintoretto e dalla bottega del Veronese.
Un successo di breve durata
Il clamoroso successo professionale legato al suo talento e alle sue committenze in tutta Europa purtroppo sarà effimero. Artemisia negli ultimi anni della vita conosce la povertà, non riesce a pagare i debiti ed è costretta a svendere i suoi dipinti. Si spegne a Napoli dimenticata e sola. Non ci sono certezze sull’anno, forse il 1653. Altre fonti optano per il 1656, si presume infatti che sia morta durante la devastante epidemia di peste che colpì la città.
Il pensiero di Roberto Longhi
In un articolo del 1916 il critico d’arte Roberto Longhi scrisse della Gentileschi: “L’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura e colore, e impasto, e simili essenzialità”.
Al visitatore del terzo millennio, affascinato e colpito emotivamente dalla sua biografia, resta un messaggio artistico straordinario e il desiderio di contemplare le opere di Artemisia così moderne e travolgenti.
L’entrata nella collezione MUVE
“Maria Maddalena in estasi” entra nella collezione MUVE come prestito a lungo termine, opportunità per una visita a Palazzo Ducale che in questo periodo ci accoglie con un altro grande maestro: Anselm Kiefer. Una mostra potente e piena di suggestioni che vi racconterò molto presto.
ARTEMISIA GENTILESCHI
Maria Maddalena in Estasi
PALAZZO DUCALE
Sala Quarantia Civil Vecchia
Dott.ssa Elisabetta, grazie per averci proposto questo straordinario evento artistico veneziano e aver ricordato la figura della straordinaria artista Artemisia Gentileschi. Ho apprezzato molto la sua osservazione sulla collocazione dell’opera Maria Maddalena in estasi nel Palazzo Ducale, Sala Quarantia Civil Vecchia, una sorta di Nemesi, dopo oltre quattro secoli, una giustizia che, di fatto, Artemisia non ha ricevuto nella sua gioventù. Anzi, ancora oggi, insieme alla grande artista, ricordiamo il coraggio avuto nel denunciare la violenza, di esporsi, di subire una giustizia umiliante che avrebbe scoraggiato qualunque donna, è in parte così ancora oggi, purtroppo. Oggi Artemisia ha il riconoscimento artistico che le è dovuto, tutti la conoscono e i più grandi musei del mondo si contendono le sue opere. La sua arte, prodotta dal genere femminile, è anche la dimostrazione che la donna è stata esclusa, nei secoli, da ogni attività che non fosse domestica o materna, ma chissà quante altre donne avrebbero potuto contribuire allo sviluppo della scienza e dell’arte se non fossero state recluse dal punto di vista maschile più becero. Per questo la Maddalena è anche un monito al rispetto della donna e un simbolo alla proposta del genere femminile in tutti i campi. Però anche le donne devono fare di più, in tutti i campi, a partire dalla politica e dai luoghi dove si pongono le regole. Bellissimo il suo articolo Dott.ssa Elisabetta, corredato da foto magnifiche che ci fanno apprezzare il rispetto artistico che la Città di Venezia ha voluto offrire ad una ex sua cittadina.