Si raccontano storie, in certe notti d’autunno. Storie in pericolo, storie di riscatto, quando la laguna si gonfia per lo scirocco. L’artista Marco Agostinelli lo sa, la realtà è un buco nero che ci avvolge. Quale l’azione che salva, quale il rito che ci può assolvere o rendere consci? Ognuno usa le armi che immagina e un umbro, ostaggio felice di Venezia, perso nelle calli come Marco ha compreso bene l’assoluta necessità della domanda. È la funzione del divino nel cuore dell’uomo: non colta per ascesi, ma attraverso la fatica fisica, con dolore; con rabbia e speranza. Ognuno usa le armi che affila, e l’artista diviene la propria stessa lama: la chiama Birdman, fatta degli otto legni diversi che compongono una gondola.
Birdman per volare

Lacerti inservibili che l’artista assembla, ormai da sette anni, nel suo Magazen dell’Arte di fronte allo Squero di San Trovaso, dove ormai è di casa. Il lavoro va per aggiunte progressive, cresce, germina con il montare dell’onda. La creatura può volare nei sogni, è un umanoide o un uccello gigantesco. Raggiunge i tre metri di altezza.
Birman, l’uomo uccello che vale molto di più
È monito, ricorda – come spiega la curatrice Annamaria Orsini – «la figura dell’Uomo Uccello (Tangata Manu): il leggendario guerriero dell’Isola di Pasqua» che si sottopone a prove sovrumane. Tuttavia, è anche l’opera di Marco Agostinelli, il che significa ancor di più.
Chi è

Videomaker di fama internazionale, pittore, scultore, con un’attenzione fondamentale al mondo e grande intelligenza emotiva, Agostinelli ha sviluppato nei decenni una condizione di arte militante; uno dei primi ad esplorare le potenzialità dei media tecnologici, avvertendone anche tutti i rischi. Legato alla concezione rivoluzionaria di Joseph Beuys, convinto per spirito ecologista e visione filosofica che la realtà sia spettro fenomenologico delle possibilità umane, Marco porta avanti un progetto specifico attraverso Birdman. Crede nel potere della storia, nella forza dei legami, nella precisa integrità di corpo ed anima. Ci crede con una convinzione felicemente eversiva.
Quando Birdman spicca il volo da Venezia

Vita ed arte devono dare all’essere umano la facoltà di scegliere, e d’intervenire. Il fatto che la sua lotta di Tangata Manu parta da Venezia e si libri in volo sul mondo non è casuale. Birdman prende la misura che serve, emerge dai flutti come una polena sull’Acqua Granda, si ritira a Castello, in fondamenta Sant’Isepo, a due passi dai Giardini della Biennale.
Il suo “tesoro”
Qui Marco ha raccolto ciò che serve: ancora sculture assemblate in legno di gondola e resina gocciata, come tracce dal fondale; segni tecnologici postmoderni, avviluppati in sconsolate radici, intermittenze da video. Pare un accumulo poco consono ad una galleria d’arte, e Agostinelli mi spiega che, infatti, si tratta di tutt’altro. Dichiarazione d’intenti, più che esposizione; progetto New Generation, a partire dai suoi disegni ossessivi, automatici, vello di argonauti perduti nell’etere.
Birdman tra umano e divino

Poco oltre, sulla medesima fondamenta, Birdman si mostra in tutta la sua possanza: divino-umano, segno di un futuro che non possiamo contenere, fortezza assediata. Intorno, nello spazio minimale, quattro libri d’artista poggiati su leggio: racconto di un mito perso nella notte dei tempi; quattro come i Vangeli, stracciati, segnati di calce, anch’essi recuperati. Sempre Annamaria Orsini, acuta, poetica li ha definiti «esperienziali e sapienziali». O semplicemente, come ogni lavoro di Agostinelli, vicini al cuore delle cose, presi da quel battito vitale che freme con il piumaggio di Birdman.
Musica e scultura
Da poco, in questa sede, è stata inaugurata Passages, a cura della stessa Orsini, in cui la grande scultura dialoga con le musiche di Emanuel Dimas De Melo Pimenta. Agostinelli e Pimenta hanno già collaborato nell’ambito del progetto Difesa della Natura di Joseph Beuys.
Emanuel Dimas De Melo Pimenta e Birdman

Per Birdman, il musicista ha composto un brano fatto di suoni robotici, di liriche create da poeti provenienti da trenta Paesi diversi, di suoni di uccelli da tutto il mondo, su una partitura basata sul più antico spartito esistente (circa quattromila anni), che appartiene al collezionista Martin Schøyen. Passages, perché Birdman è sempre di passaggio: l’hanno visto in molti, nel 2019, a Friends, la splendida mostra allestita nel parco di Spazio Thetis, all’Arsenale di Venezia; già aveva fatto la sua prima uscita pubblica alla Biennale del 2015.
Ora è in partenza per Roma, destinazione Castel Sant’Angelo
Visibile, ma intangibile; inesorabile, percorso da cicatrici di naufragi, ma «forse domani egli sarà / un guerriero dagli occhi di fuoco, nuvola / fulminante …». Sono versi di un poeta caro a Marco Agostinelli, che gli ha anche dedicato un omaggio in memoria nella mostra Di pianto eloquente, a cura di Roberta Semeraro, a Palazzo Zenobio, nel 2008: quel Daniel Varujan, scomparso nel genocidio armeno, che celebra con forza l’orrore per la violenza, l’insensatezza umana e, allo stesso tempo, canta il valore altissimo dei sentimenti.
Marco come Birdman

Marco gli assomiglia, perché un uomo, un artista che non s’indigna, che non reagisce con le armi che ha – siano un relitto, una lirica vergata o un documento video, – non è degno neppure della propria ombra. «Sfuggo lo stile», mi racconta l’artista. Lo sfugge perché non lo deve cercare, penso, è già stile la sua competenza, la sua aderenza al mondo. La New Generation del suo progetto ideale, siamo proprio noi: feriti, lacerati o portatori di sventura, capaci d’intuire o, per lo più, inconsapevoli. «Ci vuole qualcosa di solido, come Birdman – aggiunge – e, al contempo, così impermanente». Liberato, Marco Agostinelli sorride.
Ph: Maurizio Rossi